La scultura declinata nelle sue forme minimali, in cui la materia, con tutta la sua forza ed espressione, diventa soggetto, linguaggio e narrazione. Irrompe e implode nell’ambiente integrandosi o spezzando gli equilibri, in dialogo tra caos apparente e stabilità, precarietà e perfetta armonia. Il vocabolario artistico di Bernar Venet è costituito da Ligne, Ligne indéterminée, Lignes droite, Angles, Arcs, Arcs penchés, Arcs verticaux, Effondrements, Surfaces indéterminée, sculture immense in acier Cor-ten. Radicale la scelta estetica che si concretizza in pulizia formale, sobrietà e razionalità attraverso l’uso dell’acciaio, sottomesso e trasformato sfidando le leggi della fisica e della matematica. La presenza si fa monumentale, la percezione spaziale muta inevitabilmente, creando nuovi rapporti e proporzioni.
È il 1965 quando il filosofo inglese Richard Wolheim consacra la Minimal art sulla rivista Arts Magazines, parlando di riduzione minimale del contenuto artistico, di elementi primari delle forme, riferendosi a volumi geometrici organizzati in strutture e sequenze o semplicemente ricollocati in altri contesti diversi dalla loro origine. Gli esponenti di questa pratica sono Robert Morris, Dan Flavin, Donald Judd, Carl Andre, Richard Serra, Sol Le Witt.
Bernar Venet, classe 1941, francese di nascita ma newyorkese di adozione, scultore e raffinato collezionista di arte concettuale e minimalista, soprattutto americana, si colloca in questa stagione. Pioniere di quelle correnti che hanno attraversato gli anni Sessanta, amico di Arman e degli artisti della Minimal Art. Venet attraversa i confini dello spazio bidimensionale della pittura per approdare a nuove dimensioni dell’arte con lavori che non sono “né astratti né figurativi”, come li definisce. Le sue opere sono state esposte in musei, manifestazioni come Kassel e Venezia, in luoghi pubblici di tutto il globo, in dialogo con architetture nuove e passate come nel 2011, per il Castello di Versailles, dove gli elementi creavano simmetrie perfette tra gruppi di Arcs che incorniciano la statua di Luigi XIV e gli altri ambienti del giardino.

La Fondation Venet nasce ufficialmente nel 2014, un progetto voluto con la moglie Diane. Il fiume Nartuby scorre tra i quattro ettari di terreno in una proprietà sorta sulle tracce di un vecchio mulino, a Le Muy, un piccolo comune a pochi passi da Saint Tropez. Si respira quell’aria tipica francese lontana dai rumori della costa, dalla mondanità, dalle icone di vecchi e nuovi miti. Immersa in uno scenario naturale, nascosta da una fitta vegetazione quasi tropicale, si apre un luogo straordinario, affascinante e visionario. Il rigore geometrico della residenza razionalista come quello della piscina, quest’ultima realizzata da François Morellet, scultore della luce al neon e precursore del minimalismo europeo, fanno da contrappunto alla verticalità della vegetazione e delle sue opere, collocate all’interno della residenza. Un luogo che vuole essere memoria artistica di cinquanta anni di carriera dello scultore attraverso un padiglione dedicato, l’Usine, una Galerie per ospitare mostre temporanee, il Moulin e un Parc des scultures della Minimal Art.
Lo spazio principale, l’Usine, è suddiviso tra la residenza privata e la galleria, dove troviamo Effondrement d’arcs, 200 tonnellate di tubi angolari di acciaio appoggiati uno sull’altro, una monumentale massa che pare priva di peso specifico, gli Arcs, strutture di metallo a forma di arco rovesciato, le Surfaces indéterminée, lastre di acciaio ritagliate con la fiamma ossidrica e i disegni da cui nascono i progetti. La Galerie, in un’area del parco, è il luogo deputato a ospitare mostre temporanee. In questo spazio Fred Sandback (1943-2003), artista minimalista americano, ha presentato Pedestrian Space, un “espace piétonnier” dove fili metallici o di acrilico interrompono il passaggio dello spettatore e James Turrell (classe 1943), ha realizzato Prana, luogo ermeticamente chiuso e buio in cui appare un rettangolo rosso che pare replicarsi all’infinito, mettendo in gioco la natura ingannevole della percezione. Il Moulin conserva opere di Carl Andre, César e Venet. Al Parc des scultures della Minimal Art si accede attraverso un ponte di acciaio progettato dallo stesso artista che divide in due la proprietà. La Chapelle Stella di Frank Stella è un luogo laico di riflessione con sei enormi rilievi scultorei, chiusa alla sommità da un occhio in fibra di carbonio mentre Elliptic, Ecliptic di James Turrell, si rivela una costruzione ellittica dentro la quale osservare il ritaglio di cielo nei diversi momenti della giornata.

Moduli e strutture si ripetono nell’armatura in acciaio di Robert Morris, Labyrinth (2012), nei lavori di Sol LeWitt, in Horizontal Progression (1991) di Carl Andre, realizzata con blocchi di cemento posti in simmetrica progressione, in Fourth Piece of Nine (1983) e in Slant (1996) di Philip King. In Something Green (2017) di Larry Bell, i cubi, attraverso cui investigare le riflessioni della luce, sono di vetro verde. Di acciaio scuro, invece, per Xral (1972) di Olle Baertling e in Seed (1968) di Tony Smit. La materia grezza diventa soggetto in Bush Stone Line (1994) di Richard Long, una linea di 18 metri di pietre bianche, e nel blocco di granito di Ulrich Rückriem Ursprung, (2016). La scultura si fa indefinita, distorta o eccessiva in Déchainés (1991) di Arman, un blocco di acciaio con enormi catene, nel bozzolo di materia di bronzo Digital skin (2006) di Tony Cragg e in Catal huyuk (Level II) realizzata nel 1999 da Frank Stella. La Fondation Venet è una Marfa, più piccola e più verde, nel cuore dell’Europa. Si ispira, per ammissione dello stesso Venet, al modello voluto da Donald Judd nel Texas. È fuori dal centro della città e lontano dal circuito del sistema dell’arte eppure è perfettamente centrata verso una pratica monumentale, custode di una cultura visiva di importanza storica. Un piccolo gioiello segreto da scoprire, un prezioso esempio di opera d’arte totale.
Elena Solito
VENET FOUNDATION
Chemin du Moulin des Serres, 53 – Le Muy – Francia
Immagine di copertina: Bernar Venet – Effondrement of Arcs: 200 Tons, 2016 – courtesy Archives Bernar Venet, New York – © Xinyi Hu, Paris