Una terra di grandi castelli solitari, fra le nebbie atmosferiche e quelle della storia. Dalla nobiltà del Conte Dracula alla Casa del Popolo di Nicolae Ceaușescu, edificio fra i più grandi al mondo, ideato come evidente simbolo del potere, sorge oggi su una piccola collinetta, isolato nel bianco sporco del marmo della Transilvania. Un simbolo grigio, austero, che racconta un recente passato complesso, fatto di soprusi e forti e raffinate spinte culturali.
UNA, in collaborazione con la galleria Sabot di Cluj-Napoca, porta in Italia One more into the grey, mostra collettiva di soli artisti rumeni che presenta opere esclusivamente (o quasi) in bianco e nero. Il gioco intellettuale è sottile e si genera su molti livelli, ogni lavoro propone una lettura e stimoli per possibili sviluppi futuri.
All’indomani della Revoluția Română (1989) in Romania esplode un nuovo movimento artistico, una pittura pura che porterà al nascere di quella che è stata definita Scuola di Cluj. Importanti artisti come Ioan Sbârciu fuggono dai grigiori del potere dittatoriale facendo esplodere il colore, espressioni sincere e non controllabili dominano le tele, il soggetto cede il passo, quasi del tutto, al sentimento.
In questa ritrovata e forse apparente libertà si sviluppa la proposta estetica degli artisti presenti a Piacenza. Nei più grandi è ben presente un ritorno, quasi una “fuga tecnologica”, verso la ricerca analitica; un fare completamente inserito nell’estetica di questi nostri anni dove materiali e superfici ben evidenziano le esigenze tattili ed emotive di un’epoca sovra illuminata.
In Impromptu for 7 Irregular shades Radu Comșa (Sibiu, 1975) utilizza i collant rendendoli puri strumenti concettuali. La trama del tessuto e le cuciture si fanno linee e velature di colore, le venature del supporto in legno evidenzano le sue linee strutturali, quasi architettoniche.
In maniera differente, ritroviamo esigenze analitiche anche nella giovane Camilia Filipov (1990). Paint-spread (moving along the canvas’ tension lines) appare come una tela grezza con alcune linee scure. A prima vista potrebbe sembrare un lavoro che si lega all’interessante e recente stile PaintBrush; conoscendone la genesi si comprende subito come l’attualissima resa grafica abbia origini ben differenti. L’opera nasce per contatto, ha natura indicale, le linee scure si generano durante la fase di intelaiatura della tela e seguono le linee di forza su di essa generate. Il procedimento si ritrova in due opere scultoree dell’artista presenti in mostra. I due Assemblage evidenziano il contrapporsi di materiali diversi che “trovano” un loro equilibrio, simbolico ma anche reale. Queste opere si aprono a mille sovra letture, ed è proprio il meccanismo concettuale a essere la sua componetene più interessante.
Vlad Nancă (Bucharest, 1979) lavora sul concetto classico di scultura scomponendolo e aprendolo a nuovi media utilizzati in chiave analitica. Due le opere esposte a Piacenza: Sculpture of to-day presenta, in forma fotografica, la copertina dell’omonima pubblicazione di Stanley Casson invertendo i colori. La scritta nera diviene ora bianca e si perde in un cielo stellato che in origine era la chiara testure di un materiale lapideo.
Rotating è composta da una sagoma in ferro che ruota su se stessa. La forma antropomorfa non deriva dall’universo di Hans Arp ma è l’astrazione di uno degli omini utilizzati nei plastici architettonici per renderli più colorati e per far meglio comprendere le dimensioni dell’edificio progettato. Elementi secondari, esplodono in grandezza e prendono il centro della scena divenendo sculture autonome.
Nona Inescu (1991) realizza una grande installazione – Lodger (Hypothetical Ancestral Mollusc) – dove oggetti e materiali dialogano per creare un dispositivo figurativo e simbolico. Un gigantesco mollusco del passato ci dona la sua perla (riflettente sfera di metallo), evidenziandone la preziosità attraverso un chiavistello per porte, ideale strumento di chiusura dell’animale lucente. Opera in bilico fra mondo meccanico e mondo biologico ben evidenzia il fare di una delle artiste più interessanti della sua generazione, racconta un mondo cristallino, regno di sottili nuove sensibilità, dove non esiste più differenza fra organico e inorganico.
Alex Mirutziu (Sibiu, 1981) è forse il più conosciuto fra gli autori in mostra. Il suo fare è eclettico e onnicomprensivo, spazia da fotografie colte, dove la dinamica di potere e di discriminazione si fonde a una resa quasi sacra del soggetto (The colour of my middleclass), a testi, performance e riuscitissime opere scultoree come TAH 29 (The Artist and Himself at 29) dove l’artista si fonde con i suoi maestri, dove la maschera mortuaria nera prende nuova vita e comunicabilità grazie alla sovrapposizione di una bocca bianca pronta alla comunicazione.
In un continuo moto oscillatorio, dal fare concettuale a quello fisico, può essere inserito il lavoro di Răzvan Botiș (1984). Diogene, celebre filosofo “cinico”, ritrova il suo viso e il suo sorriso su un longboard. La critica a una società artificiale e ipocrita si sposta dal mondo greco antico al mondo odierno in maniera palese, con il riferimento al pensatore, e in maniera sottile attraverso il materiale ceramico con cui è realizzata la testa/ruota (durante il regime di Ceaușescu era moda, fra le famiglie ricche, collezionare ceramiche).
Terminati i festeggiamenti, realtà personali e collettive sono raccontate in una mostra elegante, che pone gli artisti davanti a un tema solo all’apparenza banale, che si fa metafora del mondo attuale, che da la possibilità di comprendere la reazione di diverse generazioni agli orrori del passato e alla staticità grigia del presente. Chi era piccolo all’epoca dei fatti, ricorda e ha l’esigenza di ripartire e capire; chi più giovane, conosce il passato attraverso i genitori ed è già pronto a creare un mondo nuovo sulle macerie.
Marco Roberto Marelli
Răzvan Botiș, Radu Comșa, Camilia Filipov, Nona Inescu, Alex Mirutziu, Vlad Nancă
ONCE MORE INTO THE GREY
UNA – via Sant’Antonino, 33 – Piacenza
mostra realizzata in collaborazione con Sabot
27 ottobre – 29 dicembre 2018
Caption
Once more into the grey – Installation view @ UNA, Piacenza – Ph Marco Fava