Il confine tra realtà e finzione delle immagini è sottile, a volte impercettibile. Da un lato ha il potere di documentare l’autentico, dall’altro quello di rivelarne anche l’illusione e il suo mascheramento. Espressione di un tradimento delle immagini magrittiano, con riferimento a La Trahison des images (1928-29), opera pittorica che metteva in discussione la dicotomia tra il linguaggio visivo e verbale. Lo strumento fotografico è forse ancora più equivoco perché in esso è insito il presupposto di verità del mezzo, la sua condizione specchiante ma prospettica e il suo potenziale ambivalente per cui ciò che si guarda sta in una fase liminale tra il vero e il falso, producendo uno slittamento di significato. L’eccesso che caratterizza la surmodernità teorizzata dall’antropologo Marc Augé (intesa come eccesso di spazio, tempo e ego tipico delle società evolute), impoverisce l’immaginazione e forse il lavoro di Teresa Giannico(Bari, 1985), può essere considerato in un’ottica contraria che funzioni da sollecitazione delle capacità percettive.
Kaleidos è la sua prima mostra personale allestita negli spazi di VIASATERNA, visitabile fino all’8 marzo. La fotografia è solo il risultato di un procedere tra linguaggi come disegno, scultura, scenografia e archivio da cui hanno origine i suoi lavori, enigmi da risolvere come lo è il gioco da tavolo a cui fa riferimento il titolo. Scopo del gioco è trovare, su tavole illustrate, più oggetti possibili che inizino con la lettera selezionata dal partecipante; per l’artista è solo un espediente utile a evidenziare il carattere archivistico dell’uomo. Lay Out (2015) e Ricerca8 (2018) sono i due progetti a cui il pubblico accede come in un labirintico rompicapo in cui districarsi. Che cosa sto guardando? Quale il confine tra il reale e la mistificazione?
Giannico raccoglie e cataloga immagini di oggetti che utilizza per costruire delle maquette imperfette e fragili nella loro consistenza come lo sono quelle del mondo che conserva. Scenografie destinate alla distruzione perché l’atto conclusivo è lo scatto. L’artista ci spiega che: «Sono composte con materiali poveri, che con il tempo si rovinerebbero e, soprattutto, non sono interessata alla loro conservazione. Sono solo un mezzo per giungere al fine: l’immagine totale. Talvolta alcune di quelle già utilizzate le mantengo per altri lavori, in mostra ne ho portate alcune per far vedere come procedo.»
I suoi soggetti sono stanze inanimate dove l’assenza della presenza umana rappresenta la conclusione di un percorso che l’ha condotta alla sottrazione della stessa. Una scelta stilistica ed estetica che caratterizza la sua produzione: «Ho eliminato la figura umana quando ho iniziato a utilizzare la fotografia. Fino ai tempi dell’Accademia seguivo corsi di anatomia e morfologia e realizzavo opere figurative. Successivamente ho sentito la necessità di razionalizzare questo pensiero e ho scelto di parlarne attraverso il suo ambiente e gli oggetti diventano indizi utili per giungere a lui. Speravo, in questo modo, fosse un linguaggio più forte.»
In Lay out (2015) ricrea fedelmente ambienti con oggetti ripresi dalla rete, ci racconta che: «Nasce dal prelievo di immagini di appartamenti messi in affitto da privati che ho ricostruito attraverso i modellini per fotografarli tali e quali. Il progetto è del 2015, quando è iniziata la mia collaborazione con Irene Crocco e la galleria.» Ricerca8 (2018) è invece frutto di un procedere tra formazioni di fantasia e incursioni iconografiche nella pittura metafisica e surrealista. «È più recente e pensato già per la mostra. Ho un archivio immenso, suddiviso per categorie di oggetti e ho deciso che potevano essere utili per costruire scenografie immaginarie, per dare origine a nuove opere. »
L’ambiguità che ne deriva è data dalla visione delle mise en place collocate in un tempo e in uno spazio indefinito, una condizione straniante in cui: «Tutto nasce per il puro piacere. Il medium è uno strumento per parlare delle immagini come linguaggio e come oggetto. Sono stata anche io sopraffatta da questa abbondanza visiva ma oggi si percepisce un’esigenza di ecologia, non solo nell’arte e nel design ma in ogni campo. Per quelli della mia generazione è un sentimento normale, l’era del consumismo crea già cose, oggetti e immagini: perché non attingere da lì? ».
Con questo approccio il lavoro di Teresa Giannico si pone in assoluta convergenza con i tempi, coerente con quell’attitudine etica, volta al riciclo della moltitudine di simulacri che la contemporaneità produce e consuma e che l’artista restituisce come un elemento che acquista un’altra identità.
Elena Solito
Teresa Giannico
KALEIDOS
22 gennaio – 8 marzo 2019
Viasaterna – Via Leopardi, 32 – Milano
Instagram: viasaterna
Caption
Teresa Giannico, Kaleidos – Courtesy Teresa Giannico, ph Viasaterna
Teresa Giannico, Kaleidos, disegni – Courtesy Teresa Giannico, ph Viasaterna
Teresa Giannico, Kaleidos, Interno n°3 dalla serie Ricerca 8, 2018 – Inkjet print, cm 86×130 – Courtesy Teresa Giannico, ph Viasaterna