Il confine tra abitazione e spazio condiviso come opportunità per sviluppare e declinare pratiche è il focus su cui si è basato il ciclo di incontri Performance di parola tra gesto e architettura, realizzato a Lecce a cura di studioconcreto. Le pratiche susseguitesi per tre giorni in forma di laboratori partecipati, ideati da collettivi curatoriali e artistici, hanno tematizzato questioni fondanti non solo per la pratica di discipline visive ma anche per una consapevole e corretta lettura del reale, che ne indaga i margini.
Abitare e coesistere, insieme ad altri elementi fondanti una società o un ecosistema ibridato, abitare come atto politico, è il metodo sensibile con cui studio concreto, abitazione e spazio curatoriale artistico fondato da Laura Perrone e Luca Coclite all’interno dell’agglomerato case INA di Lecce, porta avanti il suo operato già dal 2018. Con l’approccio della “pedagogia radicale”, la rassegna si è aperta con I- We- Yes, mostra personale di Claire Fontaine sviluppata attraverso un intervento site specific, tre serigrafie e una scultura. Il trittico ha portato la riflessione dell’artista riguardo i linguaggi digitali, indagato la rappresentabilità attraverso loghi facilmente individuabili e il loro ricondurre a un valore politico-collettivo, di cui sono inevitabilmente carichi. La precarietà come fattore sempre più emergente di una società globale è stata oggettivata dal supporto scelto, la carta da giornale, usata per rappresentare le tre serigrafie ispirate ad alcuni manifesti sessantottini dell’ABA francese e per rivestire tutto il suolo dello spazio espositivo. Risultava apparentemente positivo, oltre che inaspettato, il messaggio predittivo, che si trova automaticamente componibile sulle tastiere degli smartphone inglesi e che dava titolo alla mostra. Nella sua assertività, “i-we-yes” risulta un gruppo di brevi parole in grado di evidenziare i legami di potere tra logiche collettive o individuali, entrambe alienanti, e di soggiogazione del pensiero. È il superamento del conflitto tra privato e pubblico il mezzo con cui oltrepassare questi limiti, così un simulacro apotropaico, sotto forma di chiavi e utensili appesi lungo un filo, costituiva parte della scultura “passepartout”.
Analoghi i temi su cui si è svolta la lecture nello spazio antistante studioconcreto, tra le case dell’agglomerato INA. I brani proposti, tratti da Undercommons di S. Harney e F. Moten, hanno continuato a volgere l’attenzione su temi sociali odierni, discutendo di esperienze dirette e rappresentazione, del ruolo politico esercitato dalla condivisione di spazi in compresenza di corpi, del senso del lavoro, della dignità da recuperare con lo sciopero “umano”. La lecture ha posto in essere la potenzialità della strada come suolo pubblico, recuperato da un’idea di marginalità periferica, rivitalizzato come luogo dove far accadere condivisioni di pratiche comunitarie, base di quelle artistiche e visive. Ne è emersa la necessità, più che urgente, di un tessuto politico da generare proprio in questa che sembra essere la fase più aspra del neoliberismo; mentre degenerano su scala mondiale fenomeni come razzismo, povertà, cambiamenti climatici, la risposta è creare nuove comunità.
Bisogna ridefinire l’ambiente e lo si può fare analizzando quanto da esso dipendano le azioni quotidiane. È ciò che la curatrice Roberta Mansueto (takecare) e la performer e danzatrice Marta Olivieri hanno messo al centro della loro indagine nellaboratorio corpo-testo biotico ed eco-componibile. La pratica proposta ha evidenziato come sollecitare l’immaginario dei partecipanti attraverso letture e semplici esercizi corporei, utilizzando il paesaggio urbano e cementizio dei cortili tra i condomini delle abitazioni INA, connotato anche da grandi e verdissimi eucalipti. Brani tratti da Donna Haraway, J.L. Nancy, S. Griffin, intervallati a suggerimenti di set corporei, hanno sperimentato la riattivazione di percezione spaziale sollecitando l’immaginario attraverso un’esperienza comunitaria. “Responso-abilità” è stato l’obiettivo che restituisse al corpo, privato nei mesi precedenti dall’assenza esasperata di contatto, la co-presenza e il ritorno a esperire.
Insieme al corpo, la parola resasi materia è stata oggettivata nelle immagini. Con questi strumenti lo storico dell’arte Pietro Gaglianò ha riempito lo spazio pubblico, offrendo una lettura sulla relazione tra tempo e concetto di lavoro, attraverso immagini di opere d’arte. In questa formula le sue “lezioni popolari” hanno intersecato nello spazio, i valori del tempo. La riflessione ha prodotto il declinare di attributi associabili al tempo quali: il tempo perduto, quello sottratto dalle logiche produttive, il tempo delle ingiustizie e delle rivolte, il tempo dell’immagine e dell’immaginazione che rappresenta realtà da creare, come nelle prime attività alla Womanhouse, propulsore dei primi movimenti femministi.
Dai primi movimenti a oggi le questioni femministe sono diventate intersezionali, disambiguando linee di confine riguardanti il genere e coinvolgendo nella questione tutte le marginalità. La relazione, il dialogo, la conversazione, armi semplici e caduche che però fungono da ponte per strade da ampliare. Così, a margine dei tre giorni della rassegna, si è svolto Appunti per un nuovo femminismo a cura della scrittrice Simona Cleopazzo. Un format che prevede conversazioni a domicilio, proprio come per le dimostrazioni dei robot da cucina o di elettrodomestici, che in questo caso non trattano l’utilità consumistica di attrezzature ma che si concentrano sulle questioni femminili e di genere,veicolando pensiero di autodeterminazione ed esercizio di relazione, attraverso la lettura di brani selezionati.
Il ciclo di incontri ha portato anche alla costruzione di paesaggi effimeri, a cura di Post Disaster – piattaforma curatoriale composta da un collettivo di progettisti e artisti che indagano lo scenario urbano attraverso le criticità generate dalla produttività socio- economica occidentale, a partire da Taranto, simbolo di contraddizioni e gravi paradossi. Rooftop Landingè stato il blitz sul tetto dell’edificio INA, dove sono stati proposti e svolti esercizi “online/onsite”. L’idea sperimentata negli anni dal collettivo è quella di creare modifiche e interventisul paesaggio “allestendolo” con la temporaneità di cui solo i corpi sono capaci. Il lastrico solare, definizione con cui l’architettura designa il tetto come luogo non abitabile, diventa l’area dove esercitarsi a visualizzare il possibile inespresso, perché marginale. Spazio, materia e il corpo come unico mezzo di costruzione, abile a far scorrere la vista, il pensiero e lunghi rotoli di alluminio che da un punto all’altro, passando di braccia in braccia, hanno creato nuovi scenari. All’interno di questo paesaggio temporaneo, totem di ferro sventolano messaggi su pvc tratti da: Il conflitto democratico di Chantal Mouffe.
Il paesaggio urbano, negli anni delle ricostruzioni, è stato scolpito anche dai piani di edilizia popolare, che, oltre a edificare, hanno corredato gli stabili di piccoli interventi tra il funzionale e il decorativo, come le formelle recanti la sigla INA. In questa direzione Casa a Mare ha elaborato la formella policroma apposta, in una cerimonia inaugurale, sul retro di uno stabile, con la dicitura significativa: “Prima Casa”. Al centro della riflessione l’atto dell’abitare, rappresentato dalla raffigurazione di un albero posto al centro e ai cui piedi vi sono collocate due panche, simbolo di comunità, suggestione ricavata da una foto di Ettore Sottsass. È proprio l’espansione e la collocazione nel paesaggio delle case al mare – ritenute seconde case nella cultura popolare – l’oggetto su cui il collettivo sofferma la sua indagine transdisciplinare, avendo, in questo caso, considerato il senso di quella che è detta “prima casa” ma che in molti casi è anche l’unica.
Il ciclo si è concluso con la restituzione delle pubblicazioni intorno alle attività svolte. Sono state realizzate tirature limitate in risograph, in collaborazione con Pigment Workroom, e un’edizione d’arte di Prima Casa, edita da Libri Tasso. Ogni prodotto editoriale, attraverso testi e immagini, ripercorre e raccoglie la ricerca avviata in questa ampia riflessione sui linguaggi, sulle pratiche artistiche e le pratiche comunitarie, con il fine di saper “abitare” consapevolmente il proprio tempo e gli spazi; una necessità come l’aria che si respira, elemento che ha fatto da profonda sottotraccia alla ricerca e che trova una sua compiuta formulazione negli espositori delle suddette pubblicazioni. Unauthorized Reproduction for Functional Purposes sono i due dispositivi realizzati dal duo PLSTCT con lastre metalliche assemblate nell’infinita possibilità di questi moduli, ispirati al lavoro di Charlotte Posenenske e alle componenti per impianti di ventilazione. Non sculture ma oggetti funzionali, replicabili per qualsivoglia impiego e necessità. Nel caso di specie, i dispositivi, divenuti “ display “, si svincolano dal valore di scultura e pur riproducendo la forma, rinnovano la loro funzione all’interno di uno spazio domestico, di supporto per altro da sé.
Lara Gigante
Performance di parola tra gesto e architettura
15 luglio – 09 novembre 2020
Studioconcreto – Via Francesco Ribezzo 5-3 – Lecce
Instagram: studio.concreto
Caption
Appunti per un nuovo femminismo dalla stanza tutta per sé all’eco-femminismo a cura di Simona Cleopazzo – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
Corpotesto a cura di TakeCare e Marta Olivieri – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
Lezione Popolare Storia dell’Arte per giovani e adulti di Pietro Gaglianò – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
Rooftop Landing, Post Disaster – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
Prima Casa, Casa a Mare – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
Claire Fontaine, I-WE-YES – Exhibition view, 2020 – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo
PLSTCT, Unauthorized Reproduction for Functional Purpose – a tribute to Charlotte Posenenske – Courtesy studioconcreto, ph Alice Caracciolo