Una “coreografia per la collettività”: Simone Bergantini a Milano

“A tribute to youth, fear, and love”. Come un’invocazione alle muse di un olimpo terreno, la dedica di apertura di How to dance rave music di Simone Bergantini introduce alle pagine del volume pubblicato contestualmente all’omonima personale realizzata dalla Galleria Giampaolo Abbondio e fruibile presso gli spazi milanesi di via Porro Lambertenghi 6 fino al 22 maggio 2021.

Una “coreografia per la collettività” quella che si muove all’interno del volume inglese/italiano, per mezzo di schede corredate da glosse tecniche e formali riguardo la corretta esecuzione dei pattern. Una serie fotografica scattata dall’artista ritrae singoli figuranti impegnati a sviluppare la sequenza di singoli passi, il cui nome è espresso da un font goth-glitch dal gusto distopico, che sormonta le immagini.

Il libro d’artista, realizzato sotto forma di manuale e prontuario per movimentate occasioni d’uso, è una scelta formale intenzionalmente non disambiguata fin dall’inizio, che Bergantini utilizza con sapienza, alla stregua di un narratore navigato con l’espediente narrativo.
La danza rave viene flessa nella sua potenza molteplice di formula alchemica utile ad accedere a varchi invisibili e sottesi di senso comune, epistemologicamente stratificati e complessi, di movimento liberatorio di un corpo sotto onde d’urto. Nelle quattro sezioni che mappano una topografia di scene, nazionali e internazionali, riguardanti la rave culture, Il “know-how” diventa dispositivo di riflessione su temi urgenti e caratterizzanti la società e i suoi sistemi antropologici. Nella possibilità multiforme di esercitazioni individuali o, come da rituale, da praticare nella trance collettiva, le sequenze di danza riprodotte portano in superficie le dinamiche dell’intersoggettività nell’era sintetica.
È il campo dell’esperienza che viene modulato dalle diversificazioni fisiche che il corpo affronta grazie al movimento e che dal “Basic Movement” spinge i passi verso il “Dusk in the house” o il “Water Drop”. Una nervatura invisibile di iperconnessioni attraversa le pagine, trasmettendo input bioenergetici e culturali condivisi, come da una scheda madre, concatenando tutti i movimenti e i singoli corpi. Questo potenziale trasformativo porta con sé l’incertezza e la precarietà del singolo, rappresentati concretamente nei movimenti cristallizzati in sequenze, e fondando una semantica di una coscienza collettiva, se pur esercitata in una coatta dimensione individuale. In questo stesso segmento emerge la relazione con lo spazio: lo scenario naturale è presente in quasi tutte le pagine definendosi come sutura tra tutti i non luoghi riprodotti, prossimo a significare il ‘terzo paesaggio’ formulato da Gilles Clement. Terzo paesaggio rimanda a Terzo stato (non a Terzo mondo), spazio che non esprime né potere né sottomissione al potere. È in questa dimensione solipsistica, di giardino privato, non solo in rave di piccole o grandi dimensioni, che i suggerimenti contenuti nel manuale possono essere adottati. Lo spazio diviene un iperoggetto, frattura dirompente con i luoghi istituzionali – sia della quotidianità ordinaria, sia delle pratiche artistiche stesse – che si propone come mondo parallelo e alternativo alla realtà di ogni giorno, fisicamente esistente; risponde con correttezza filologica allo spirito guida di raver e traveller che, sin dagli esordi, fecero delle aree naturali meno accessibili le loro cattedrali di culto.
Dalla rave culture Bergantini estrae un lessico corporeo, rispettandone i principi disgreganti e il nucleo di propulsione da cui dirama riflessioni sull’arte visiva, sulla società accelerata e sui linguaggi sintetizzandone le istanze in precisi canoni estetici, dove l’ibridazione tra organico e artificiale trionfa sui corpi mutanti di devoti a una Tersicore postindustriale.



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Dalle forme della danza alla visione concreta di un’antropologia rappresentabile, riproducibile in immagini, si svolge un’ode alla libertà di movimento e di espressione culturale e artistica. How to dance rave music si profila materia multiforme e magmatica. La sezione “whitelimbo” costruisce un’iconografia estetica a parte, dove il paesaggio scompare in favore di uno sfondo bianco che avvantaggia il look dei perfomer richiamando inevitabilmente il “white cube” di Brian O’ Doherty. “Scegli il look prima di scegliere la posa”, dice l’autore, che suona un po’ come “il contenitore è più importante del contenuto”, riflessione che trova riscontro in alcuni ambienti artistici a cui l’artista sembra riferirsi” leggiamo nella postfazione di Luca Panaro.
Nella prossemica gestuale generata dalla rave music, l’artista riconosce un’abilità nel formulare un linguaggio culturale totalizzante, del tutto disarticolato e che ancora sopravvive, a distanza di oltre vent’anni dai suoi esordi, nell’immaginario collettivo come avamposto di libertà e sincronia collettiva. Sembra possibile passare dal proprio moto individuale alla libertà di costruire un senso comune come nei miti di fondazione: “il mito rappresenta i fatti della mente resi manifesti in una finzione veritiera”, affermava Maya Deren, regista di The voice of Haity, documentario sulle danze voodoo e il loro lessico corporeo praticato sull’isola.

Nella seconda sezione il libro disambigua definitivamente i suoi intenti in qualità non di contributo sulla rave culture ma come occasione di riformulare un linguaggio non codificato, adattabile al contemporaneo e ai suoi temi ricorrenti, che si offre all’artista come connettore in grado di creare un sentimento unitario in cui riconoscersi. Non una trasmissione effettiva di una pratica ma la creazione di un senso comune. Come per Jhonathan Glazer in Strasbourg 1518 -filmispirato alla “peste del ballo che colpì la città di Strasburgo nel 1518 in modo inspiegabile ed epidemico – il movimento diventa sinonimo e sintesi visiva del movimento collettivo. Dalla figura isolata intenta in pattern gestuali, più o meno ossessivi, a una dimensione ritualistica collettiva, in qualità di sentimento che rimarca e connota un’era. Ballare, dunque, come beneficio di una coscienza o di un intelligenza unitaria, o, come spiega lo stesso Bergantini in riferimento sequenza Little Egypt Salomè: ”finché Salomè ballerà nessuno cadrà “.

Lara Gigante


Simone Bergantini, How to dance rave music, R.ED. , 2021.

Simone Bergantini

How to dance rave music

17 aprile – 22 maggio 2021

Galleria Giampaolo Abbondio – presso via Porro Lambertenghi 6 – Milano

www.giampaoloabbondio.com

Instagram: galleriagiampaoloabbondio


Caption

Simone Bergantini, NO FACE (How to dance rave music), 2020-21 – Stampa su cartoncino fotografico ai pigmenti, sequenza di 15 elementi, 80×60 cm – Courtesy l’artista e Galleria Giampaolo Abbondio

Simone Bergantini, BACKSIDE (How to dance rave music), 2020-21 – Stampa su cartoncino fotografico ai pigmenti, sequenza di 15 elementi, 80×60 cm – Courtesy l’artista e Galleria Giampaolo Abbondio

Simone Bergantini, PHANTOM POPH (How to dance rave music), 2020-21 – Stampa su cartoncino fotografico ai pigmenti, sequenza di 15 elementi, 80×60 cm – Courtesy l’artista e Galleria Giampaolo Abbondio

Simone Bergantini, MOSKOV TAHLLEBATb – frame (How to dance rave music), 2020-21 – Stampa su cartoncino fotografico ai pigmenti, 160 x120 cm – Courtesy l’artista e Galleria Giampaolo Abbondio

Simone Bergantini, GRIN (How to dance rave music), 2020-21 – Stampa su cartoncino fotografico ai pigmenti, sequenza di 15 elementi, 80×60 cm – Courtesy l’artista e Galleria Giampaolo Abbondio