Nel 1960 l’arte concettuale afferma la propria riflessione teorica trovando, nel saggio sulla dematerializzazione dell’arte di Lucy Lippard, una sua dimensione storica, in cui l’oggetto diventa pensiero e concetto. Le esperienze artistiche si fanno sempre più sperimentali tra istanze poveriste, processuali, minimali, scultoree o di arte perfomartiva, i cui lavori non più solo inseriti nei white cube descritti da O’Doherty ma anche ambientati in luoghi diversi, spesso esterni. Solo gli anni Ottanta rivaluteranno il passato, con un rinnovato citazionismo e un ritorno alla pittura, quello che Lyotard ha chiamato Postmodernismo riaffermando i valori di una nuova oggettività.
In questo contesto, Remo Salvadori, classe 1947, prosegue un percorso autonomo verso una pratica processuale e materiale che diventa esegesi di una idea, di un approccio quasi filosofico. Il luogo e la materia, la scultura e le installazioni, sono terreno necessario affinchè l’opera possa acquisire una forma, in cui il suo essere oggetto non sia disgiunto dallo spazio ma diventi espressione di un agire come fonte di energia creativa.
Continuo Infinito Presente di Remo Salvadori è la mostra, visitabile fino al 27 gennaio, con cui BUILDING inaugura il nuovo concept dedicato all’arte contemporanea.
Un progetto voluto da Moshe Tabibnia, antiquario e collezionista, che vuole essere occasione di “costruzione” di significato, spazio in cui comporre contenuti con linguaggi e codici diversi, ospitando artisti giovani o affermati.

Organizzata su quattro dei sei piani dell’edificio, con ventisette produzioni, recenti e passate, il racconto si sviluppa tra la scultura e il divenire di un edificio austero ma di recente e rigorosa ristrutturazione, regalando improvvisi colpi di luce attraverso le numerose finestre e i grandi lucernari.
Quelli di Salvadori sono cicli di opere, in cui la ripetizione diventa una sorta di mantra, evocato con forme e contenuti che giungono a maturazione nel corso del tempo. Le possibilità della percezione, il “sentire” dello spazio, l’atto creativo si inseriscono in una ricerca che si fa lenta attraverso un percorso di trasformazione.
La dimensione quotidiana si palesa con Stanza delle tazze (2017) e Tavolo d’angolo (2017). Otto opere di metallo con l’aspetto di tazze sono disposte sulle pareti, fluttuano nello spazio suggerendo un senso di spaesamento. Il tavolo, in foglia d’oro, esposto per la prima volta nella sua casa a Milano nel 1972, si inserisce in un punto di interruzione, in un angolo appunto, come frattura o congiunzione obbligando a uno spostamento fisico intorno all’opera.
La circolarità è segno che si fa presenza, in Continuo Infinito Presente (2015), un anello in cui fili di acciaio si intrecciano. Ospitato nel primo terrazzino esterno, sopra un vetro, consente una visione multipla in un rimando continuo di squarci e prospettive. Tre cerchi in movimento simultaneo (2017), realizzata con diversi materiali, diventa, invece, un punto fermo e stabile tra le oscillazioni delle tazze all’ingresso.
Nel momento (1995-2017), fa parte di un progetto iniziato nel 1974. Disposti sui vari piani dell’edificio, l’architettura diventa una superficie su cui disegnare composizioni con oro, argento, rame, stagno e piombo, che si stagliano lungo le pareti candide, creando pattern vagamente orientaleggianti. Il disegno di tradizione più classica, con acquerello e carta, è alternato ai metalli in Triade (2010) e in Colore (2017), una tavolozza di colori primari e sue combinazioni, unico tocco di colore, appunto, nel percorso.

L’artista usa il metallo tagliato e sottomesso alle geometrie in I sette metalli (2017), in Stella (2017), quest’ultima composta da rotoli di rame che sostengono un tavolo trasparente o Alveare (2017). La scultura, in ferro e oro, si fa apparentemente leggera attraverso archi e virtuosismi circolari in Germoglio (2015-17) occupando gran parte della stanza al terzo piano. L’acqua, invece, la cui etimologia rimanda all’atto del piegare, rinforza anche solo linguisticamente l’operare dell’artista, in cui l’elemento liquido che sia fermo in un contenitore, come in Lente liquida (1996-98) o in movimento nel più recente Fontana verticale (2012-17), evoca pensieri con una forte valenza simbolica.
Tutto è espressione di un lavoro in continua evoluzione, in cui le forme, come il cerchio o il quadrato, sono simulacro di conoscenze, di credenze e di visioni. Matrici di volumi, strutture scultoree che sembrano prive di peso, si muovono nell’architettura tra equilibrismi, proporzioni o divergenze creando nuove armonizzazioni.
Elena Solito
REMO SALVADORI
CONTINUO INFINITO PRESENTE
27 ottobre 2017 – 27 gennaio 2018
BUILDING – Via Monte di Pietà, 23 – Milano
Immagine di copertina: Stanza delle tazze, 2017 – piombo, ferro, stagno, rame, argento 14 elementi di 97×62,1×0,25 cm, installation view, Milano, 2017 – courtesy BUILDING