Off Topic: Matteo Vettorello

Off Topic è una conversazione che si focalizza su un’unica tematica, tralasciando le opere o le mostre. Lo scopo è quello di raccontare non solo un* artista, ma anche l’apparato teorico e l’immaginario che soggiace alla produzione artistica.
Il progresso tecnologico, sempre più distante dall’evoluzione ecologica e spirituale dell’essere umano, crea un cortocircuito dal quale Matteo Vettorello (Venezia, 1986) sviluppa le proprie opere. Le sue sculture sono dispositivi elettromeccanici progettati per risolvere un algoritmo paradossale, sintesi sulle abitudini comportamentali dell’essere umano contemporaneo. Per questo abbiamo chiacchierato con lui di macchine e lavoro.


Walter Benjamin in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica descrive come ogni individuo sia sottoposto, durante la performance lavorativa, alla competizione con la macchina, facendo l’esempio dell’attore cinematografico che lavora dovendosi confrontare non solo con la cinepresa, ma anche con luci e microfono. Passati quasi novanta anni da quel testo, la macchina è uscita dalle fabbriche, dagli uffici e dai set cinematografici per entrare nella vita quotidiana, producendo sentimenti contrastanti negli individui.

L’implementazione digitale e lo sviluppo tecnologico hanno invaso la vita dell’essere umano con lo scopo di compiere azioni che altrimenti sarebbero più complesse da svolgere. In questi ultimi anni, però, si sono affermati concetti legati al distacco dalla tecnologia, all’immersione in ciò che riflette naturalità, e a processi mentali che aiutino a riequilibrare le energie interiori. In questo contesto il dispositivo sembra quasi indissolubile dall’individuo: se in una settimana di campeggio non viene portato il telefono, si genera uno stato di agitazione e ansia.

I dispositivi elettronici, dagli smartphone alle automobili, producono campi elettromagnetici che, come nel caso di quelli prodotti dalla Terra, alterano e modificano inconsapevolmente l’energia interna dell’individuo. Nonostante questo, il distacco da ogni tipo di dispositivo crea dolore e senso di perdita. Come si potrebbe trovare una soluzione?

Credo che l’arte qui trovi la sua utilità. La velocità di Milano, ad esempio, mi spinge a ideare sculture biometriche utili a un coinvolgimento tra le persone, suggerendo l’urgenza di rallentare e di iniziare a condividere le attenzioni. Creo spazi di partecipazione per ottimizzare dei percorsi di sensibilizzazione empatica e ambientale, producendo così un corto circuito tra la concezione standard di dispositivo e la sua utilità. Per un bando che si focalizzava sulle energie rinnovabili, ho pensato di sottoporre un dispositivo che potesse generare codici sconto da utilizzare per il bike sharing attraverso un esercizio di respirazione, perché se la gente è più tranquilla, la città respira meglio. L’arte può essere utile in senso più pratico, generando riflessioni ma anche dei benefici tangibili. Le mie sculture non sono semplicemente delle macchine bensì dispositivi, dal momento che scatenano delle dinamiche, producendo un momento di consapevolezza e creando una possibile condizione per misurare qualcosa che non è riducibile a una scala numerica.

In una scena del documentario di Leonardo Di Caprio Before the Flood, viene mostrato Donald Trump mentre, in un dibattito, sostiene che il surriscaldamento globale non esiste perché quell’anno avevano avuto l’inverno più rigido di sempre. Empiricamente non si può valutare in maniera chiara l’impatto del surriscaldamento globale, però scientificamente si può.

Il confronto tra la storia della Terra e la storia umana è imparagonabile, perché quest’ultima non dura quasi niente. Quando riusciremo a estinguerci – e ci stiamo provando – allora la Terra ricomincerà a respirare: le montagne sono fatte di roccia; le industrie di cemento e ferro, e prima o poi cadranno. Cosa vale nella vita? Lavorare, consumare, cagare? Siamo cresciuti in un sistema economico che sprona al consumo, sempre più veloce, di merci. Per questo moltɛ, nonostante siano conscɛ della necessità di rallentare, di godersi il tempo presente e la condivisione, sviluppano una dicotomia interna. Riesci a immaginare un mondo senza lavoro, grattacieli, produzione e arte? Sarebbe tutto molto più simile all’età preindustriale. Si ha la frustrazione continua di non avere qualcosa di tecnologico intorno, si è troppo assuefatti che ne abbiamo fatto una malattia. Ogni strumento tecnologico e digitale ha modificato lo sviluppo, anche fisico, di ognunə: infilare una vite con un trapano è più semplice, anche perché non si hanno più il polso e la muscolatura che molti possedevano ottanta anni fa. È sistematica come problematica. A ogni modo, nel nostro piccolo possiamo fare piccoli gesti sostenibili, ma non è una cultura ecologica, bensì una cultura umana.



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Intendi che non ha niente a che fare con la Natura?

La cultura nella quale siamo inseriti si è sviluppata intorno alla città, modificando di conseguenza ciò che è naturale. Come fai a pensare a un individuo inserito nella natura senza una cittadina?

Non c’è più la condizione adatta. Conosco un sacco di gente che dopo anni di lavoro in città è scappata per tornare in paesi di campagna dove dedicarsi all’agricoltura o alla cura dell’ambiente.

Se io tornassi a casa mia a Spinea, a due passi da Mestre, troverei il complesso industriale di Marghera: la fabbrica globalizzata dove stanno costruendo la gru su binari più grande d’Europa. Però nel dibattito pubblico si parla solo del problema delle grandi navi turistiche nella laguna, quando verranno prodotte e assemblate delle navi ancora più grandi che da qualche parte dovranno pur uscire. Anche il turismo è fondamentale per Venezia.

È davvero così impensabile immaginare un mondo che abbia un’evoluzione, sia ambientale sia umana, più sostenibile? Non ci può essere un equilibro?

Si parla di costruirsi una stampante 3D per costruire una stampa 3D, creando un loop infinito. L’evoluzione tecnologica sarà sempre più veloce, non ci si renderà nemmeno conto di alcune operazioni perché tutto sarà estremamente connesso con la vita reale, sempre più dentro nel corpo.

L’evoluzione umana sembra essere andata alla ricerca del comfort e non tanto del progresso, nel senso di miglioramento generale. A un certo punto, in un futuro più o meno lontano, basterà pensare a una cosa che si desidera e questa verrà ordinata e recapitata a casa.

E quando l’uomo si stancherà di pensare?

Diventeremo come gli umani di Wall-E, automi che consumano liberati dal lavoro. In quest’ottica il film Pixar disegna una società, ristretta, che dedica completamente la sua vita al divertimento. Se si riuscisse a dare spazio ad altro, liberatɛ dal peso della ricerca di soldi, forse nel nostro presente potremmo rallentare e dare spazio all’otium sano e indirizzato alla cultura.

Continuare a proporre e a produrre i miei dispositivi è per me il modo per compiere una rivoluzione silenziosa nel tentativo di riscontrare benefici a livello generazionale. Mi affascina l’idea di un’arte pura, realmente utile, slegata da contesti dove la proposta artistica diventa banalmente merce.

A cura di Gianluca Gramolazzi


Instagram: matteovettorello

www.matteovettorello.it


Caption

Sintonizzatore di decongestione ambientale – Dispositivo site specific, 300x300x320cm, 2020 – Courtesy l’artista

Sintonizzatore di decongestione ambientale – Dispositivo site specific, 300x300x320cm, 2020 – Courtesy l’artista

Traduttore di cortesia per una banchina confusa – Dispositivo rituale per ottimizzare il conforto nei riguardi del fragilissimo ecosistema lagunare, progetto per una scultura pubblica, 150x150x200cm, 2020 – Courtesy l’artista

Auto-Indicatore di pressione simpatica – Dispositivo site specific,150x45x45cm, 2019 – Courtesy l’artista