non+ULTRA. Dialogo con Stefano Calligaro

non+ULTRA…. parla Stefano Calligaro

La pagina facebook di non+ULTRA lo definisce un project space. So che non ami questa definizione, preferisci usare il termine “luogo”. Che cos’è per te questo progetto e come è nato il nome?

La parola “luogo” è terribile e forse mi piace ancora meno di “project space”, suonano tutte e due così altezzose… chiamiamolo “posto” per il momento… diciamo che non+ULTRA è un posto. Ok?
NO, non mi piace nemmeno la parola “posto”… czz, non credo esistano parole [o definizioni] che mi piacciono davvero, e anche se ci fossero non so quali siano.
non+ULTRA è questo: qualcosa che non so cosa sia e che [ma questo non pubblicarlo] nemmeno so se mi piace.
Da dove nasce il nome non+ULTRA…
da un momento di megalomania? Egocentrismo oltre i limiti? Non lo so…
quello che posso dirti è che Daria [la mia gallerista e boss at SABOT] ha battezzato questa cosa in questo modo alcuni anni fa, insieme ad alcune gallerie attive all’interno di un complesso di studi chiamato Fabrica de Pensule. Per quale motivo?… Avevano uno spazio libero e hanno deciso che era meglio usarlo che lasciarlo vuoto.
Oltre a questo, immagino avessero bisogno di qualcosa di più rilassato in citta’… non so come dirti, qualcosa easy going ma con un senso. Oggi la maggior parte dei project space non sono altro che il “wanna be alternative” brother delle gallerie commerciali… non so se ti è chiaro quello che voglio dire: immagina il fratellino punk che vuole “fuck the world” senza muovere il culo da casa mentre chiede alla mamma di mettergli su una pasta al ragù vegana perchè lui non sa cucinare… ok, terribile esempio, ma è solo per dire che, in fin dei conti, il programma di un project space e quello di una galleria non sono altro che “programmi”: ci sono volte in cui trovi cose interessanti in spazi commerciali e mostre super-boring e pretenziose in project spaces and the other way around.
non+ULTRA, a modo suo, sa essere altamente pretenzioso e assolutamente low-profile senza alcun imbarazzo, è quel posto in cui bambini, studenti, artisti, passanti possono trovarsi a chiacchierare e fare… una palestra in cui allenare i muscoli o qualcosa del genere.
Ma questa è un’altra storia. Per tornare alla tua domanda, quando SABOT e le altre gallerie “fondatrici” si sono rilocate all’interno di un nuovo edificio chiamato Centrul de Interes un anno fa, mi è stato chiesto di sviluppare un programma per non+ULTRA che fosse in linea con le mie perplessità. Non so per quale motivo mi sia stato chiesto di farlo, ma come dicevo prima, mi chiedo tante cose e a volte non ho risposta.
A oggi, non+ULTRA non ha uno “spazio” fisico preciso, le sue attività si muovono tra i corridoi e le hall di Centrul de Interes, ovunque ci sia la possibilità e l’interesse di svilupparle. Questa fluidità e indefinitezza sono il suo punto di forza.

non+ULTRA
Club Papucho – Fabrica di Pensule, 2016 – Ph YAP studio

In una delle città più importanti della Romania, Cluj-Napoca, un gruppo di artisti e gallerie creano una comunità (Centrul de Interes) e aprono uno luogo come non+ULTRA ponendosi come obiettivo quello di promuovere la cultura e la ricerca estetica. Un modello per il futuro dove project space e gallerie commerciali fanno sistema e collaborano?

Non penso che non+ULTRA sia nato con il proposito di promuovere la cultura e la ricerca estetica. Come ti dicevo, è nato principalmente come una possibilità di approcciare tutto quello che chiamiamo “cultura” in un modo diverso e trasversale…
Personalmente, non mi interessa che ci sia “collaborazione” tra spazi commerciali e non-profit. Lasciamo che le gallerie facciano le gallerie e che i non-profit facciano i non-profit. Viva le gallerie e Viva i non-profit.
L’aspetto che trovo più interessante sta proprio nel fatto che queste due entità sono diverse, con obbiettivi e percorsi diversi. Certo, in un modo o nell’altro condividono l’interesse per l’arte, ma è importante che continuino a lavorare indipendentemente…
Quello che invece trovo altamente irritante sono gli spazi “indipendenti” che si comportano come gallerie commerciali… pffffhh! Perchè chiamarle project space allora?
However, chi se ne frega…
Ps: Ora che mi ci fai pensare, Il fatto che un gruppo di gallerie abbia chiesto a me di programmare non+ULTRA, sta a indicare che non era di una “galleria” o di un “project space” che avevano bisogno… ma solo un po’ di “mess-up”.

Parlando di non+ULTRA, mi hai detto che vorresti diventasse un luogo dove esporre concetti, differenze di opinioni e utopie. Concretamente, come pensi sia possibile realizzare ciò?

Mantenendo non+ULTRA aperto alle contraddizioni.

La tua personale ricerca artistica si apre all’analisi critica di tutto ciò che ruota intorno al cosiddetto Sistema dell’arte (esposizioni, curatori, opening, etc.) auspicando il superamento di formule consolidate in favore di una serie di nuove attività. Credi oggi si possa davvero fare a meno del format mostra?

È divertente leggere quello che scrivi… in realtà con il mio lavoro non voglio criticare nulla, il mio lavoro sono le mie perplessità e le mie convinzioni. Celebrating art’s irrelevance: questo è quello che mi piace fare.
Lasciamo che il sistema dell’arte sia quello che è!
Perchè cambiarlo? e con che cosa?… con il “sistema alternativo dell’arte”? NO pleaseeeeee!
Come ti dicevo, non mi interessa cambiare nulla del sistema attuale, mi piace e non lo sopporto per quello che è, le sue contraddizioni sono carburante per il mio lavoro. THANK YOU SYSTEM dell’arte!
Per quanto riguarda il superamento di formule consolidate in favore di nuove attività, bisogna semplicemente chiedersi “che cosa vogliamo”…
Se vogliamo mostre è importante continuare a fare mostre, se vogliamo un party facciamo party, se vogliamo seghe mentali facciamo seghe mentali, se vogliamo workshops facciamo workshops e così via… sono tutte cose che possono convivere felicemente o prendersi a calci [ in culo ] non stop.
Ogni formula consolidata è una nuova formula, dipende solo da che cosa vogliamo che sia.
Per dirlo in modo pretenzioso, le Utopie più eccitanti sono quelle più conservative, non quelle che si propongono di “rivoluzionare”: pensare che muovere una mostra da uno spazio fisico a uno virtuale, o da una galleria in uno spazio alternativo come un bar o un posto in mezzo al niente, significhi “rivoluzionare” il sistema è una grande minchiata [se vuoi ti trovo un sinonimo per questa riga].
Se vogliamo davvero superare gli stereotipi è meglio farlo attraverso quello che produciamo prima di pensare a come cambiare il modo in cui lo presentiamo al pubblico.
In altre parole: mi ricordo che da piccolo mi piaceva tanto il gelato “banana”, adesso non lo sopporto.

non+ULTRA
Noul Locatar – Centrul de Interes, 2017 – Ph YAP studio

Ora dobbiamo affrontare la classica domanda conclusiva: quali progetti hai in cantiere per non+ULTRA?

I progetti di non+ULTRA dipendono da un gruppo di persone e variano in base alle possibilità che si presentano di volta in volta. Come vedi non c’è una risposta alla tua domanda, ma se vuoi ti do l’email di Daria e chiedi a lei… Se invece proprio vuoi che risponda io, ti dico che non+ULTRA continua a essere un bar in cui puoi chiacchierare, bere un caffè, magari due, alzare la voce, abbassarla e rialzarla di nuovo… l’importante è che non diventi un gelato alla banana.

Intervista a cura di Marco Roberto Marelli

 

non+ULTRA – Centrul de Interes – Strada Fabricii de Chibrituri, 9 – Cluj-Napoca (Romania)

Facebook: non+ULTRA

Immagine di copertina: Hit up the wall – Centrul de Interes, 2018 –  Ph YAP studio