Monsieur G. si è fermato a Varsavia

Partita a ottobre e tuttora in corso, la Biennale dedicata agli studi e appartamenti d’artista (WAS) inaugura la sua prima edizione. Si tratta di un’iniziativa che coordina progetti ed esposizioni in tutto il mondo, basata sull’utilizzo di strutture private non adibite, di norma, all’allestimento di mostre. Per la durata della Biennale, invece, gli spazi privati diventano condivisi. A tal proposito, ho intervistato Alex Urso (1987, vive e lavora a Varsavia), che per la manifestazione realizzerà Musée de l’Oubli, una mostra di otto collages realizzati da Monsieur G., artista quasi anonimo di cui non si sa praticamente niente.


Prima di tutto parliamo di te, Alex: chi sei e come mai ti trovi a Varsavia?

Ho cominciato da Milano, dove mi sono trasferito per studiare pittura a Brera, come tanti altri. All’ultimo anno ho sentito che il clima in accademia, e a Milano in generale, stava cominciando a starmi un po’ stretto. E dato che l’ultimo anno era anche l’ultima chance che avevo per utilizzare la borsa di studio Erasmus, ho deciso di partire. Ho pensato di venire a Varsavia, una città che non conoscevo per nulla, perché ho pensato che potesse sorprendermi, e così è stato. Ancora adesso, dopo quattro anni, è una città che adoro. Ho terminato gli studi qui, dopodiché ho lavorato per un anno e mezzo alla National Gallery come assistente curatore. Poi ho cominciato a proporre dei progetti come curatore indipendenti in gallerie, spazi come l’Istituto italiano di Cultura, e l’ho trovato estremamente più divertente rispetto al lavorare in un’istituzione. Quello è stato il mio trampolino, insieme alla carriera artistica, che comunque ho continuato a portare avanti parallelamente.

Com’è nato il progetto del Musée de l’Oubli?

È cominciato tutto perché ultimamente mi sto dedicando al collage. Sono sempre stato legato alla ricerca di cose di altri, al loro riutilizzo, decontestualizzandole per dare loro nuova voce.  Alla fine, il collage è una specia di ready made a cui è stata data un’altra vita. Mi è sempre piaciuto lavorare con materiali che hanno a che fare con la storia dell’arte, o con opere altrui, in una sorta di “appropriazionismo”, e quindi giocare con la storia, con l’idea di vedere l’opera non come qualcosa di monolitico e fermo su un punto cronologico, ma vivo perché mix di tendenze che si sovrappongono. Nel 2014 ho trovato questi otto collage in un mercatino di Varsavia, fra mille altre cianfrusaglie. I mercati di Varsavia sono bellissimi, perché le città polacche si sono ripopolate solo di recente, dopo i fatti del Novecento, e la gente ha cominciato a trovare di tutto: bauli, cose appartenute ad altri… Tutti questi oggetti si riversano nei mercatini, perciò c’è molto materiale vecchio, di prima della guerra, che torna. Contenitori giganti di storie altrui, album interi di famiglie, e quando ho visto questi collage ho deciso di farci qualcosa. Il venditore non sapeva nemmeno da dove provenissero. Su ogni lavoro l’artista proponeva un’interazione fra sé, attraverso delle figure di uomini, trovate su riviste, credo, forse giornali erotici del suo tempo, e la storia dell’arte. Sono tutti firmati dietro con una G., e l’unica cosa che posso ipotizzare è che fosse francese, perché hanno tutti sul retro delle dediche in francese, forse per amici a cui venivano regalati. Se ci pensi è una cosa un po’ shakesperiana, perché io gioco con la storia e la storia dell’arte, ma questo collagista ignoto, anche lui lo faceva. Ho rimesso ogni collage a nuovo, per rendergli la dignità che l’abbandono gli aveva tolto, per fare un omaggio a questa persona e un omaggio a tutti quegli artisti che, prima di lui, si sono persi tra la storia dell’arte. È un pensiero che si ricollega a teorie già affermate come quelle di Rosalind Krauss, Deleuze, Didi-Hubermann. E infine ho presentato il progetto a WAS.

Monsieur G.
Alex Urso – Musée de l’Oubli, Collage, 2014 – ph Alex Urso

Quindi c’è anche un discorso di piacere del possesso, nel senso più genuino del termine, intendo.

Da collezionista! Sì, questo ce l’ho da sempre. Mio padre è un grandissimo collezionista delle cose più strane, tipo le bustine di zucchero. Forse l’ho presa da lui, questa cosa. Prendo l’opera d’arte come tassello che posso collezionare, e per quanto riguarda le immagini, faccio un’operazione che può sembrare contraddittoria, perché intendo togliere loro quell’aura, quell’aspetto monolitico, come ti dicevo prima, però poi le appendo al muro, le guardo e le riguardo come icone, ed effettivamente mi dà piacere. Le santifico, forse in un modo più pop , perché le porto in un contesto mio che è più giocoso di quello della Storia dell’arte con la S maiuscola. Credo sia anche una questione legata al mio background artistico: di fatto ho cominciato come pittore, e la pittura per me vuol dire anche piacere del procedimento, del fare. Forse per questo provo piacere nell’appendere al muro i collage e guardarli in quel modo.

Quando penso alla Polonia mi viene in mente soprattutto la scuola grafica polacca, che è nota per essere una delle più originali, da cui si è imparato tanto. Questo mi fa pensare a un mondo dell’arte vivo, frizzante, là a Varsavia. È così?

Qui a Varsavia sì, si sente che c’è tanto da dire e soprattutto da discutere. In Italia l’arte è perlopiù prevedibile, tutto molto pop perché il tempo in cui l’Italia vive è quello del consumo e così via. Qui, quindici anni fa c’era ancora la dittatura, per cui ci sono generazioni di artisti trentenni che parlano di quel vissuto e che quindi mantengono il riferimento alla storia passata, ma con linguaggi freschissimi. C’è un dibattito vero, sui giornali la sezione “Arte” parla del ruolo che l’arte dovrebbe avere, e così via. In Italia tutto questo non c’è, non si fa più critica vera. Allo stesso tempo, però, qui in Polonia ci sono anche delle lacune strutturali grosse, dato che il Paese si affaccia sul contemporaneo solo adesso e certe dinamiche gli sono ancora estranee.

Monsieur G.
Alex Urso – Musée de l’Oubli, Collage, 2014 – ph Alex Urso

Mi affascina molto tutto questo, proprio perché negli anni c’è stata una ripartenza dei Paesi dell’Europa Orientale, e questo sottolinea il fatto che ci sia molto da fare, da lavorare anche. Hai visto altri progetti simili al tuo che ti hanno affascinato?

In realtà non ho visto cose simili al Musée de l’oubli… Ma questo non significa che non ci siano altre iniziative del genere. Mi piace l’idea di fare cose meno viste, di variegare l’offerta, se vuoi. Cose belle in Polonia ce ne sono, ad esempio mi piace molto il lavoro di Karol Radziszewski. Poi sai, ci sono delle ambizioni che mirano quasi a ripercorrere quello che l’Occidente ha fatto dieci anni fa. C’è effettivamente un gap tra tutto l’est europeo e l’ovest. Alcuni artisti, soprattutto i giovani, invece di sfruttare a loro vantaggio questa sconnessione, per fare qualcosa di inedito, sembrano ricalcare le ombre dell’Occidente: sono affascinati dal mondo web, dal post-internet, e da questo punto di vista non trovo molta novità.  La novità la trovo in quegli artisti che hanno trentacinque-quarant’anni che hanno sempre un occhio verso la storia, ma sfruttato in modo nuovo, per commentare certe cose che accadono nel Paese, come Radziszewski, appunto. Paradossalmente mi sembra che i quarantenni, quelli più legati alla storia, siano più innovativi dei giovani, dato che riescono a leggere il presente e a restituirlo in modo molto più acuto e meno banale.

Dove si terrà Musée de l’Oubli?

I collages di Monsieur G. si potranno vedere dal 10 al 25 Novembre presso DZiK, che è un edificio multifunzionale degli anni Venti, sopravvissuto alla guerra e che quindi conserva ancora la sua struttura originaria. Lo spazio ospita oggi studi d’artista, laboratori di artigianato e una sala di concerti. Dato che la Biennale prevede la realizzazione di un progetto espositivo in un luogo d’arte non convenzionale, ho proposto la possibilità di una mostra in una delle sale dell’edificio.

Claudia Contu

ALEX URSO

LE MUSÉE DE L’OUBLI – Eight Collages by Monsieur G.

10 novembre – 25 novembre 2016

DZIK – Ul. Belwederska 44 A – Varsavia

Sito dell’evento

www.wasbiennale.com

Immagine di copertina : Alex Urso – Musée de l’Oubli, Collage, 2014 –  ph Alex Urso