LOCALEDUE \\ Intervista a Gabriele Tosi

Fabio Farnè e Gabriele Tosi hanno accolto FormeUniche per parlare di LOCALEDUE, associazione e spazio espositivo bolognese che si può riassume in una parola: versatilità. Hanno raccontato chi sono e rivelato il progetto  preparato in occasione di BBQ.


L2 nasce nel 2013. Cos’è questa realtà e qual’è il suo ruolo all’interno del più ampio contenitore Farnespazio? Siete soddisfatti di dove siete arrivati fin ora?

L2 eredita l’esperienza dei progetti espositivi lanciati e gestiti da Fabio Farnè tra il 2008 e il 2013 a Roccagloriosa (Salerno), Milano e Bologna che furono inizialmente raccolti sotto il nome di Farnespazio. Quando, nel 2013, Farnè decide di chiudere la prima esperienza cittadina (Ex-Brun) e spostare il centro del progetto in Manifattura delle Arti, nasce L2. Col tempo, il progetto bolognese diventa centrale per quantità di lavoro svolto; in maniera naturale e  graduale, il suo nome sostituisce quello di Farnespazio anche come progetto di riferimento per le attività che ancora oggi avvengono a Roccagloriosa e a Milano col nome di ROCCA e GAFFdabasso.
Il percorso è stato lungo, tanto per Farnè, quanto per me che mi occupo di L2 dal 2015. Non sono certo mancate le soddisfazioni ma se tu intendevi se siamo soddisfatti dello status raggiunto oggi da L2 devo ammettere che L2 non persegue alcun tipo di strategia volta ad aumentare la sua importanza sulla scena in quanto brand. Le nostre attività non si basano su ritorni di ogni genere ma sulla consapevolezza di riuscire a sperimentare maniere sempre diverse di esposizione e produzione artistica.

Marcello Spada
Marcello Spada – Groupshow, 2017 – exhibition View at LOCALEDUE – courtesy LOCALEDUE

Oggi gli artist run space si stanno moltiplicando e crescendo. Cosa ne pensate voi che non lo siete ma spesso  collaborate con loro, come in occasione di BBQ

L’ideazione e la gestione di un artist run space è ormai una scelta consolidata fra quei processi che permettono agli artisti (quasi sempre in giovane età) di formarsi e al contempo collocarsi in una determinata scena artistica. Inoltre, il fatto che l’opera d’arte contemporanea si avvicini spesso al risultato di un’esperienza condivisa o, in altri casi, assomigli a una peculiare ricomposizione di ciò che già esiste come immagine, rende, molte volte, la pratica della gestione dell’artist run, un’estensione vera e propria della pratica dell’artista.

Qual è invece la funzione di un progetto come LOCALEDUE per le persone che lo gestiscono? Che direzione state prendendo?

A differenza di molti progetti espositivi che sono legati alla personalità di chi li gestisce e che difficilmente vengono passati tra mani diverse, L2 cambia pelle quasi ogni anno o, come in questo periodo che stiamo lavorando coi risultati di un bando, quasi ogni mese. Certamente io e Fabio garantiamo la continuità del lavoro ma molte nostre strategie sono volte all’osservazione di ciò che ospitiamo e non alla sua interpretazione. Per me L2 è stata anche la prima esperienza di direzione artistica (2015-6) ma oggi, così come per Farnè, è prima di tutto un momento che dedichiamo a guardare il lavoro degli altri da vicino, anzi da dentro. Nel tempo abbiamo inoltre avuto modo di sperimentare diverse modalità di lavoro, tale esperienza mi permette di pensare oggi che, in un certo senso, tali modalità sono importanti perché solo con la consapevolezza della loro influenza nella produzione e nella fruizione di un’opera o di un’operazione si può tornare a parlare di contenuto e non di attitudine. Questa strada volta a capire i contenuti separati dalle attitudini, ancora confusa come nostra abitudine, è quella che, con Farnè, vorremo provare a percorrere in futuro.

Matteo Coluccia
Matteo Coluccia – Voglio essere democratico, 2015 – performance, cubo di ferro 10X10 cm, lastra di ferro 70X40X2 cm, piedi in ferro 70X105 cm, mazzetta – courtesy l’artista

Ci raccontate la vostra proposta per BBQ? Come è nata?

La mostra per BBQ, contravvenendo in parte alle risposte precedenti, ma il caos è sempre necessario, è curata da me. Ultimamente sto lavorando molto con la performance o, per meglio dire, con la performatività. Recentemente ho avuto modo di conoscere meglio Matteo Coluccia e invitarlo per questa occasione mi è apparsa la cosa più opportuna. Il lavoro presentato da Coluccia è nuovo e quindi inedito ma si inserisce pienamente nel percorso del pur giovane artista (Neviano, 1992) in maniera coerente e spiazzante al tempo stesso. Ha a che fare con il potere delle immagini, ai modi con cui subiamo una forma molto astratta di condizionamento che è l’uomo stesso a creare e a nutrire. È legato all’abitudine e a come questa allontani la possibilità di una percezione autocritica delle forme individuali e sociali di comportamento. Le azioni innescate dall’artista sono delle digressioni all’origine estetica di ciò che si è poi sviluppato ma dimenticato come mito etico, ideologico o perfino religioso perché attinente alla sfera del rituale. Fare un’immagine di tanto in tanto, in particolare, è un esercizio sui dispositivi del vedere, tra strumenti e castrazioni della vista il lavoro vuole mostrare il vedere anziché raccontarlo. Ah, intorno la performance si aggira una mostra, tenete gli occhi ben aperti, se potete.

Sara Cusaro

 

💊 Fare un’immagine di tanto in tanto | Performance di Matteo Coluccia

a cura di Gabriele Tosi

LOCALEDUE – via Azzo Gardino, 12/c  -Bologna

Performance | Sabato 3 febbraio | ore 20:00

www.localedue.it

Immagine di copertina: Matteo Coluccia per FormeUniche – courtesy l’artista