Tenerezze oggettuali. Jukhee Kwon in mostra a Milano

In un’epoca vietata a cuori deboli, dominata da un neoliberismo che ha mostrato il suo vero, barbaro, volto, Jukhee Kwon affascina Milano con una mostra “leggera” dove sensibili delicatezze, regalate da avvolgenti micro-emozioni, conducono verso la raffinata scoperta di soffici incanti inattesi. Fino al 17 febbraio sarà infatti possibile visitare l’esposizione personale dell’artista sudcoreana Objecthood curata da Tiziana Castelluzzo presso i severi spazi della Galleria Patricia Armocida. Perdendosi all’interno dei due piani dell’edifico sorto a pochi passi da navigli, lo spettatore si ritroverà immerso in un mondo subacqueo o forse vegetale, sospeso fra antica, sapiente, artigianalità ed eccedenze biomorfe. Le pagine dei libri, trovati casualmente o forse segretamente amati, perdono la loro forma per trasformarsi in soffici sculture che invadono il pavimento o che sfociano dal soffitto in bilico fra vegetazione fluente e galleggianti meduse. Ogni piccola e lunga strisciolina di carta è unica e ricavata da una singola pagina del testo. La storia viene letteralmente scorsa, sconvolgendo l’oggetto libro attraverso un processo che conduce a una nuova potenza semantica, che apre il testo scritto verso un sorprendente valore poetico, dove carta e parole perdono la loro forma simbolica per farsi materia prima viva e potentemente fragile. Di fatto strumenti nati per conservare per sempre storie e nozioni, i volumi ritornano a essere cellulosa e inchiostro con cui fare arte e ritrovare, sotto forma nuova, il racconto di magiche avventure. Presa nella sua forma prima, oggettuale, la pagina scritta viene tagliata, piegata, ridotta a barchette o cigni, dalla sorprendente resistenza alla pressione, per realizzare opere dalle forme differenti ma tutte accomunate dalla volontà dell’artista di non fermarsi a una prima lettura del mondo ma di indagare la natura e i prodotti dell’uomo, aprendoli a nuovi gradi di libertà.

Jukhee Kwon
Objecthood, 2016 – exhibition view – courtesy Galleria Patricia Armocida – ph Carlo Beccalli

Jukhee Kwon è nata nel 1981 a Dae-Jun, nella Corea del Sud, e dopo aver ottenuto un Master of Arts presso il prestigioso Camberwell College di Londra oggi vive e lavora a Grottaferrata, nella celebre area dei Castelli Romani. Artista attiva sui maggiori palcoscenici internazionali, il suo ricercato e attuale fare artistico le ha permesso di essere apprezzata dai responsabili del Victoria&Albert Museum, i quali hanno deciso di inserire una sua opera nella propria collezione. Cresciuta fra gli anni Ottanta e Novanta, la sua ricerca estetica riattualizza la visione oggettuale di alcune correnti artistiche del dopoguerra portando un caldo e sensibile coefficiente di differenziazione che, partendo dall’influenza di un artista fondamentale per il mondo orientale quale Yoko Ono e sfuggendo agli eccessi del Bio Pop, la conduce verso un milieu culturale ricco ed elegante. Prendendo in prestito un’efficace intuizione di Fabriano Fabbri, in Jukhee Kwon si rivede quello stesso ritorno verso un’arte Zen che possiamo riscontrare in alcuni artisti giapponesi attivi i questi nostri Anni Zero. Un fare estetico sottile, ma dal pensiero profondo, è quello che possiamo scoprire nel fragile riemergere della natura in Yuken Teruya, artista che propone, in chiave più intimista e finemente concettuale, la debordante volontà di eccedenza delle energie vitali del mondo vegetale liberata da Giuseppe Penone, o ritrovare nelle morbide ricerche stratigrafiche di Noriko Ambe, dove una materia prima fatta di libri confonde la percezione tattile, originando stratigrafici mondi multicolore che annullano la valenza documentale del testo aprendo la materia alla pura percezione estetica.

Jukhee Kwon
Objecthood, 2016 – exhibition view – courtesy Galleria Patricia Armocida – ph Carlo Beccalli

Con un gesto che, allo stesso tempo, si pone come affermazione di libertà e riappropriazione di un processo di trasformazioni, l’artista sudcoreana decostruisce, attraverso il suo fare estetico, il prodotto culturale libro riportandolo alla sua condizione materiale primaria, riducendolo ai sui elementi basilari fino a condurlo, di fatto, dal dominio del logos a quello del mythos dove gli opposti non vivono il dramma della divisione ma sono uno e il loro doppio allo stesso tempo e si dischiudono a un ambiguo e temuto potere, sempre in bilico fra distruzione e rinascita.

Marco Roberto Marelli

JUKHEE KWON

OBJECTHOOD

a cura di Tiziana Castelluzzo

12 gennaio – 17 febbraio 2017

GALLERIA PATRICIA ARMOCIDA – via Argelati , 24 – Milano

www.galleriapatriciaarmocida.com

Immagine di copertina: Liberi è bello (detail) – coloured cut book, variable dimensions, 2016 – courtesy Galleria Patricia Armocida – ph Carlo Beccalli