Intervista al collettivo FRICHE in occasione della pubblicazione di Isolario.

FRICHE (si pronuncia fʁiʃ) è un giovane collettivo nato un pomeriggio d’ottobre 2020 all’uscita da scuola, tra “l’odore delle erbacce [che] sapeva di pomodoro”. Formato da Agnese Garbari, Alice Pini, Gemma Bruni, Giuseppe Di Liberto, Isabella Santomauro e Lorenzo Montinaro, FRICHE mira a relazionarsi con differenti realtà, decostruendo e rifiutando un ego collettivo e cercando di dare voce all’altro.
In occasione della recente pubblicazione di Isolario, o come quando ci incontrammo al bar per parlare dello spazio e delle imprevedibili virtù di una passeggiata in casa, un atlante di progetti curato da FRICHE, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con i componenti del gruppo.


FRICHE è un collettivo venutosi a formare molto recentemente nell’ambito della laurea magistrale in Arti Visive dell’Università IUAV di Venezia. Ci raccontate chi siete?

Ci siamo conosciuti all’interno del Laboratorio di Arti Visive di Davide Quadrio e della sua assistente Francesca Filisetti in maniera del tutto casuale, in quanto i nostri nomi sono stati sorteggiati direttamente dal docente. Ci siamo trovati in sintonia sin dalla prima chiamata e il nome del collettivo Friche (dal francese “area incolta e abbandonata, uno spazio-residuo”) è nato dall’istintivo accostamento tra noi e le erbacce incolte: come esse siamo stati messi insieme spontaneamente, tutti provenienti da percorsi di studio molto differenti. Da qui nascono le prime riflessioni sui concetti di residui, cose lasciate da parte, cose abbandonate, che hanno gettato la base per far nascere il gruppo.

Proseguendo, le riflessioni si sono diramate in altre direzioni, anche più concrete, e abbiamo iniziato a riflettere sul concetto di abitare che ha portato al progetto finale dal titolo Quel pomeriggio all’uscita di scuola l’odore delle erbacce sapeva di pomodoro. Si tratta di una serie di podcast dove i soggetti coinvolti hanno raccontato il proprio rapporto con lo spazio, mettendo in luce la dimensione del quotidiano e come gli abitanti agiscano in maniera attiva sul territorio che abitano. L’idea è nata riflettendo sulla situazione che stavamo vivendo, sparpagliati per tutta Italia a causa della pandemia, e facendo nascere dei quesiti su cosa significhi abitare oggi, cosa sia realmente casa.

Cosa significa per voi abitare uno spazio? Come è proseguita questa riflessione?

Ci siamo chiestə per la prima volta cosa significasse abitare un luogo durante la nostra residenza a KORA – Contemporary Art Center a Castrignano de’ Greci (LE) a luglio 2021. Eravamo statii chiamati per allestire la mostra Home Sweet Home a cura di Paolo Mele, Alessandra Pioselli, Davide Quadrio e Claudio Zecchi, dove il tema era perfettamente in linea con le riflessioni che avevamo condotto sino ad allora. Durante la residenza non avevamo idea di quali opere portare sino a che non abbiamo iniziato a creare dei legami con gli abitanti del luogo. Da qui, la nascita del primo dei due lavori che abbiamo presentato: Grazie spazio Friche, una serie di video che raccoglie dei dialoghi con i commercianti di Castrignano dei Greci, dove ciascuno di essi ha potuto presentare la propria attività. Si è trattato di un intervento site specific in quanto non ci siamo limitati a trattare il tema dell’abitare ma abbiamo proprio abitato quella mostra in quel preciso istante, avviando un processo di normalizzazione e attenzione al quotidiano. Il secondo lavoro, Friche ABBANNIA , è stato sviluppato in due parti. La prima è stata sviluppata a partire da un atto performativo: ci siamo recati in auto per le vie del centro annunciando con un megafono i nomi degli artisti presenti in mostra, con il fine di innescare curiosità; la seconda parte del lavoro è stata esposta in occasione dell’inaugurazione di Home Sweet Home, dove lo stesso megafono è stato collocato su un balcone del castello e una voce in loop annunciava i nomi degli artisti e delle attività dei commercianti presentate in Grazie Spazio Friche.

In questa occasione, come è stato anche con la pubblicazione di Isolario, abbiamo avuto l’opportunità di far sentire la nostra voce con un progetto che non ha nulla di autoreferenziale se non il tema che trattiamo come collettivo. Abbiamo scelto di dare voce all’altro, creando un rapporto con i cittadini che all’inizio erano ignari della mostra che di lì a poco si sarebbe tenuta; è stato un modo fisico per avvicinare la popolazione al progetto, integrando il tessuto cittadino e facendo da collante tra gli abitanti e lo spazio culturale. Nel giro di due settimane siamo passati da essere forestieri a sentirci quasi parte del paese e tutto ciò è stato possibile scegliendo di non darci risposte che fossero solo nostre ma costruendo e decostruendo una riflessione più ampia, attraverso i racconti e le storie altrui.



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Il vostro ultimo lavoro è stato la pubblicazione di Isolario, o come quando ci incontrammo al bar per parlare dello spazio e delle imprevedibili virtù di una passeggiata in casa, presentata il 17 dicembre 2021 presso gli spazi dello IUAV. Potete raccontarci di cosa si tratta?

L’idea di Isolario nasce a febbraio 2021 in vista della partecipazione alla Call for ideas lanciata dal Senato degli studenti dello IUAV. Abbiamo scelto di presentare un progetto che coinvolgesse tutti i corsi di laurea IUAV e per questo abbiamo indetto, a nostra volta, un’altra call che chiedesse agli studenti di relazionarsi con il tema dello spazio (non necessariamente inteso come luogo fisico), del luogo, dell’abitare in generale, in relazione al contesto pandemico. Parallelamente abbiamo aperto anche una Call for contributions diretta agli studenti dell’École des hautes études en sciences sociales (EHESS) di Parigi, con il desiderio di unire la natura progettuale della nostra Università a quella di natura socio-umanistica dell’Università parigina.

La call è stata lanciata a maggio 2021 e nel giro di due mesi abbiamo ricevuto 27 progetti provenienti dallo IUAV e 4 contributi provenienti dall’EHESS; abbiamo selezionato 8 progetti italiani e uno parigino. Alla scelta ha contribuito anche una giuria di docenti composta da Sara Marini, Carmelo Marabello, Davide Quadrio e Giovanni Cereri, insieme alla curatrice indipendente Miriam Rejas del Pino e al Rappresentante del Senato Luca Longhin. I progetti che abbiamo selezionato spaziano dall’architettura all’urbanistica, dal design alla performance, dalla curatela alla letteratura e all’audio e racchiudono a 360° la multidisciplinarietà che contraddistingue lo IUAV. Isolario è stato dunque un percorso di crescita che si è evoluto in divenire e che si è concretizzato in un progetto di curatela su carta: un vero e proprio percorso espositivo con annessi dei testi critici d’introduzione, redatti direttamente dalla giuria per accompagnare i lavori.

Al termine della pubblicazione ci siamo accorti che più che parlare di spazio tutti i lavori parlavano di avvicinamento, centripeto tra noi come collettivo e centrifugo verso lo IUAV, l’EHESS, la giuria di isolario e tutti gli autori.

Come mai la pubblicazione presenta un sottotitolo così lungo? Qual è stata la necessità di aggiungere un sottotitolo al titolo?

Isolario nasce come un atlante di lavori, ma in corso d’opera si è arricchito divenendo qualcosa di più. Il titolo non ci sembrava più rappresentativo del progetto e quindi abbiamo sentito la necessità di aggiungere un sottotitolo che desse anche quel tocco di leggerezza, peculiarità del nostro collettivo. Nella parte conclusiva della pubblicazione abbiamo voluto aggiungere la conversazione che ha portato alla scelta del sottotitolo, pensando possa essere anche un modo per racchiudere in poche pagine il nostro modo di lavorare insieme.

Isolario, o come quando ci incontrammo al bar per parlare dello spazio e delle imprevedibili virtù di una passeggiata in casa è, dunque, un atlante di progetti che tenta di creare un ri-avvicinamento a seguito del “trauma” della pandemia, attraverso l’incontro.

Qual è il futuro di FRICHE? Quali sono gli obiettivi che vi ponete?

Friche sta ancora costruendo il suo obiettivo, che rimane quello di vincere l’Italian Council e di diventare associazione culturale. Per il momento l’interesse è quello di continuare a fare rete e creare ponti, relazionarsi con differenti realtà e ambiti, continuando ad arricchirsi tramite l’incontro con l’altro. L’obiettivo è quello di restituire questa ricchezza alla collettività attraverso diverse forme.

A cura di Alessandra Abbate


Instagram: spaziofriche


Caption

Cover di Quel pomeriggio all’uscita di scuola l’odore delle erbacce sapeva di pomodoro – Courtesy FRICHE

Evento di presentazione di Isolario presso GAD-Giudecca Art District, Venezia – Courtesy FRICHE

Friche da Grafiche Veneziane per la stampa di Isolario – Credits Giovanni Borga

Indice di Isolario. Grafica di Walter Santomauro – Courtesy FRICHE

Vista di Soundcloud di Quel pomeriggio all’uscita di scuola l’odore delle erbacce sapeva di pomodoro – Courtesy FRICHE