Alessia Romano è nata a Milano nel 1995. Co-fondatrice di Artoday cura, insieme a Federico Montagna, The Wall Project, progetto espositivo focalizzato sulla pittura italiana emergente.
Attenta alle più recenti generazioni di artisti, presenta un curriculum multidisciplinare che le permette di esplorare il mondo dell’arte e della comunicazione digitale attraverso un taglio critico aperto a ogni pratica mediale, sensibile verso le tendenze culturali dei nostri giorni e le più promettenti correnti di pensiero internazionali.
Per meglio conoscere la sua pratica curatoriale abbiamo dialogato con Alessia in occasione di Un segreto per pochi. Riconoscersi dentro un ritratto, mostra da lei curata presso ArchiViVitali, fruibile a Bellano fino al 12 marzo 2023.
Scorrendo il tuo CV si incontrano molte esperienze in vari settori del mondo della cultura. Che formazione deve oggi avere un curatore?
Come sempre è troppo facile parlare a posteriori, ma a guardarmi indietro, per gli interessi che piano piano sto sviluppando, mi rendo conto che avrei potuto percorrere molte strade diverse. Tra cui, ovviamente, quella che ho fatto, visto che comunque fino a qui ci sono arrivata! Purtroppo, al giorno d’oggi, la figura del curatore ritengo sia una figura molto ibrida, come spesso mi definisco io. Le skill da avere sono molte: oltre che una consapevole e approfondita – mai sufficiente – conoscenza della storia dell’arte, necessaria a lavorare e a comprendere il contemporaneo e l’arte che cresce e si sviluppa accanto a noi, bisogna saper spaziare all’interno di diverse materie, poiché possono essere sviluppate dagli artisti e bisogna essere in grado di comprenderle. Design, architettura, filosofia, cinema, musica, letteratura, fino ad approdare alle materie scientifiche ed economiche. La formazione è sicuramente molto variabile; oltre al risultato finale che si vede in mostra, un curatore deve occuparsi, o quanto meno affiancare, tutto il retroscena e aiutare, se può, soprattutto nei contesti più piccoli: trasporti, vendite, grafica, etc. Quello che posso dire è semplice e scontato: non ho capito e non ho imparato cosa fosse e cosa volesse dire fare questo lavoro finché non ho osservato chi lo faceva e ho iniziato a farlo in prima persona. Sicuramente l’aver lavorato all’interno di ambienti quali riviste e gallerie mi ha aiutato molto ad apprendere meglio quale potesse essere il miglior approccio lavorativo, e da ciascuna esperienza ho “rubato” ciò che mi serviva.
Ti occupi spesso di giovani artisti. Come ti rapporti con loro e come ti approcci verso la realizzazione di una mostra?
Ho sempre messo molto in discussione il mio ruolo come curatrice poiché sento spesso di innamorarmi di progetti, di lavori, di visioni che sono spesso in netto contrasto tra loro. Pur avendo all’inizio una modalità di scouting molto vicina al digitale, grazie ai social, le mostre e lo stringere mani dal vivo hanno sempre avuto più fascino e importanza, fino a compiere il passo di entrare nelle case degli artisti e nei loro studi, cosa che faccio sia con il mio collega di Artoday, Federico Montagna – con cui lavoro da ormai quasi sei anni – sia singolarmente. Quotidianamente converso e mi confronto, anche davanti a un caffè, con artisti, amici che hanno pratiche molto diverse tra loro di cui mi invaghisco e coltivo il desiderio di approfondirle. Ogni volta che entro in uno studio, esco con un possibile progetto, una possibile mostra. Ovviamente le energie e il tempo sono quelle che sono, e ancora oggi ho segnato su un blocchetto di appunti idee generate da incontri di qualche anno fa. Lavoro con gli artisti, ma al contempo per loro, per portare avanti quelle che sono le loro ricerche e svilupparle insieme. Cerco di dedicare molto tempo alle persone, ho capito che il mio approccio al lavoro è in primis basato sul rapporto che riesco ad attivare e ad avere con le persone, con gli artisti, perché solo in questo modo ho la possibilità di creare il feeling necessario ad avere un interesse, una visione, una passione condivisa che possa essere tradotta formalmente in qualcosa.
“Un segreto per pochi” indaga il tema del ritratto. Come ti sei approcciata a questa materia millenaria e cosa emerge dalla tua mostra?
L’invito a lavorare a questa mostra arriva da un progetto più ampio, legato e nato direttamente all’interno del borgo di Bellano, sul Lago di Como, dove si trova la sede di ArchiViVitali e lo spazio Circolo, dove ha sede la mostra. Bellano è anche definito il “Borgo degli artisti” e il progetto più ampio nasce dal fotografo Carlo Borlenghi e dallo scrittore Andrea Vitali che, attraverso un progetto fotografico, hanno deciso di raccontare il paese attraverso i volti, i ritratti dei suoi abitanti, dei suoi lavoratori. “Il ritratto di Bellano” racconta un lasso temporale, un momento della storia di questo paese. I visi rappresentati sono il ritratto di una città che non si vede, che è nascosta dietro di questi. Ed è proprio qui che la mostra si inserisce, nell’indagine di ciò che sta dietro un ritratto, nell’andare oltre, nel carpire i suoi segreti e la sua storia. Come già sottolinea la domanda, il ritratto è un tema millenario, che la mostra decide di presentare in termini di analisi contemporanea, senza pretese, provando ad approfondirlo sia per quanto riguarda i media presentati – che vanno dalla pittura all’installazione, dalla scultura alla videoarte – sia da un punto di vista di lettura, legato alle diverse modalità di espressione ma anche di introspezione che le opere permettono di compiere. Molti dei lavori esposti parlano con il pubblico, lo interrogano, lo invitano al dialogo, o anche semplicemente all’ascolto per esserne più partecipi. Il ritratto, nei suoi termini più ampi, oltre a rappresentare un singolo individuo, rappresenta un singolo momento, una storia, una narrazione. Marco Bongiorni, Luca De Angelis, Daniele Costa, Adelisa Selimbašić, Davide Serpetti, Maddalena Tesser e Vittoria Toscana con il lavori presentati, mettono alla prova lo spettatore per definire ciò che c’è al di là di ciascun pezzo, di farlo proprio.
La mostra dialoga con ArchiViVitali e si allontana dai luoghi soliti dell’arte sbarcando a Bellano. Come hai dialogato con il borgo e lo spazio espositivo?
Frequento le località del lago da sempre, tant’è che mi ci sono trasferita. La volontà di collaborare con ArchiViVitali nasce proprio da desiderio di dialogare con un luogo al di fuori dai “soliti”. Ripeto spesso che quando arrivo a Milano, partendo da qui, arrivo con occhi nuovi, quasi riposati, pronti di nuovo a mangiare. Qui si cerca di invitare a fare un ragionamento e uno sforzo simile: evadere, in quella che può anche essere brutalmente una gita, e approdare in un luogo che fa respirare, e che al contempo fa respirare arte. Bellano ha in serbo grandi cose per il futuro, che lo faranno emergere come polo culturale, cosa che già ora è. Rispetto alle grandi città circostanti è attiva, propositiva e piena di iniziative che ovviamente si invita a seguire. Allo stesso modo ArchiViVitali ha una ricca programmazione, ha ospitato spesso grandi prestiti con cui si è subito innestato un proficuo dialogo. Lo spazio stesso dell’archivio, così come il Circolo – ex Circolo dei lavoratori di Bellano – sono ricolmi di storia, e di aneddoti, molti dei quali sono custoditi e raccontati attraverso l’opera di Giancarlo Vitali. Conoscevo già da tempo il lavoro che questa realtà e il Comune di Bellano stavano portando avanti, e sono davvero molto felice di averne fatto parte portando giovani artisti in mostra e facendo conoscere questi luoghi a chi, magari, diventerà visitatore abituale d’ora in poi!
Che direzione sta prendendo l’arte prodotta dalle più recenti generazioni di artisti e quali le tematiche che saranno percorse e indagate nei prossimi anni?
È una gran bella domanda. Ogni giorno sentiamo parlare di novità, soprattutto sul piano tecnologico, quindi a livello tecnico, sia di supporto sia di produzione. Realtà aumentata, realtà virtuale, fino ad arrivare alle intelligenze artificiali, come DALL-E, la cui scoperta mi ha sconvolto. Sempre più spesso ci affacciamo su ricerche molto improntate sulla digitalizzazione, su cui io ho ancora molto da imparare. Con Federico, Artoday si propone di raccontare “l’arte di oggi nel mondo di oggi” e quindi dobbiamo continuare a indagare tutte quelle che sono le novità che si sviluppano, e insieme a lui – che ne sa molto più di me – continuiamo a collaborare con colleghi curatori proprio per portare avanti la nostra formazione, lavorando assieme e su questi sviluppi. A livello di tematiche ritengo che sicuramente tutto ciò che accadrà ci accompagnerà quotidianamente nel corso del nostro tempo ed entrerà di conseguenza a far parte delle varie produzioni: società, politica, etica, tecnologia si affiancheranno a temi come il ritratto, che è stato portato avanti per migliaia e migliaia di anni, di certo non verrà meno.
A cura di Marco Roberto Marelli
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Un segreto per pochi. Riconoscersi dentro un ritratto – Exhibition view, ArchiViVitali, Bellano, 2023 – Courtesy ArchiViVitali