Giulia Morucchio è curatrice insieme a Blauer Hase – collettivo artistico composto da Mario Ciaramitaro, Riccardo Giacconi e Daniele Zoico – di Helicotrema – Recorded Audio Festival, evento di audio registrato dedicato all’ascolto collettivo, nato nella città di Venezia nel 2012. Le produzioni approfondite da Helicotrema sono di varia natura e provengono dai vari mondi: dalle arti visive, dal teatro alla danza, dal cinema, dalla musica e sono sovente proposte sperimentali e innovative che si pongono al di fuori di sistemi predefiniti. Oggi più che mai bisogna porre l’attenzione su una pratica antica e urgente come quella di condividere un ascolto collettivo.
Iniziamo spesso le nostre chiacchierate con questa domanda: quali sono le differenze fra i tuoi esordi nel mondo dell’arte – nel tuo caso come curatrice – e oggi?
Sul piano personale e globale le differenze sono innumerevoli perché sono cambiata io e sono cambiate le urgenze che mi circondano.
Sul piano metodologico, invece, non trovo grandi differenze. Continuo a dialogare e a seguire il lavoro di persone che stimo e a sostenere progetti in cui credo.
Helicotrema – Recorded Audio Festival – evento dedicato all’ascolto collettivo, di cui sei curatrice insieme a Blauer Hase – ha da poco concluso l’open call 2020. Ci puoi raccontare come nasce il festival, la genesi del nome, gli obiettivi e i progetti per il futuro?
Helicotrema è un festival di audio registrato che nasce a Venezia nel 2012. Dall’anno successivo è diventato itinerante ed è stato ospitato da diverse istituzioni e realtà culturali in giro per l’Italia.
L’intuizione iniziale è stata dei co-curatori Blauer Hase (collettivo artistico composto da Mario Ciaramitaro, Riccardo Giacconi e Daniele Zoico) che volevano confrontarsi con il format del “festival” ed esplorare il tema dell’ascolto collettivo, riprendendo la modalità di fruizione della radio delle origini.
L’obiettivo della rassegna è proprio quello di riattivare, nella società contemporanea, un momento condiviso creando, in contesti e spazi molto diversi tra loro, delle comunità temporanee di ascoltatori.
Il nome stesso del festival sottolinea la centralità che la pratica dell’ascolto assume all’interno del nostro progetto: il termine è preso in prestito dall’anatomia dell’orecchio interno, in particolare di una sezione della coclea.
A Helicotrema presentiamo una serie di opere audio registrate dalla natura estremamente varia: radiodrammi, documentari audio, teatro radiofonico, radiofilm, paesaggi sonori, poesia sperimentale. Produzioni sonore provenienti dalle arti visive, dal teatro, dalla danza, dal cinema e dalla musica, che vengono proposte al di fuori del circuito delle radio o delle gallerie.
Per quanto riguarda il futuro più prossimo, al momento stiamo lavorando alla nuova edizione del festival, la nona, e alle sessioni d’ascolto che si svolgeranno sabato 26 settembre all’interno dello stadio di atletica “La Fratellanza 1874” a Modena. Quest’anno abbiamo vinto la 5° edizione del Premio Imagonirmia ”Spostamento variabile” art residency + publishing project, grazie al quale stiamo preparando un appuntamento site-specific di Helicotrema all’interno del Villaggio Artigiano Modena Ovest.
Inoltre, sempre grazie al Premio Imagonirmia, abbiamo anche in cantiere una pubblicazione, edita da Viaindustriae publishing, che racconterà i nostri nove anni di attività. Il volume sarà strutturato come un manuale di autoprogettazione del festival, e conterrà un intervento realizzato ad hoc dell’artista statunitense Marcos Lutyens che verrà stampato su flexy-disc. Quindi, nei prossimi mesi saremo occupati su questo fronte.
Il nome di questa rubrica è “Sound and Vision”. Puoi descriverci la relazione che intercorre fra suono e visione?
Se la domanda si riferisce nello specifico al progetto Helicotrema, allora credo non ci sia necessariamente una relazione diretta fra i due.
Come spiegavo nella risposta precedente, il nostro progetto è legato prettamente alla dimensione sonora e fisica dell’ascolto condiviso. Questo avviene certamente anche durante un concerto ma, a differenza di quest’ultimo, nel nostro festival non c’è nulla da vedere, non accade nulla di performativo o di visivo, fatta eccezione per i momenti in cui noi curatori entriamo “in scena” per introdurre i brani che faremo ascoltare.
Anche nell’allestimento degli spazi cerchiamo, quanto più ci è possibile, di evitare di suggerire una frontalità o una direzione da guardare e lasciamo che sia il pubblico a scegliere se fissare un determinato punto per favorire la concentrazione o se distendersi, chiudere gli occhi e immergersi in ciò che sta ascoltando.
Direi che la visione, nel nostro caso, è più legata alle immagini mentali che ciascun ascoltatore può sviluppare abbandonandosi alle narrazioni sonore. In un certo senso, durante una sessione di Helicotrema si può vedere con le orecchie.
Quali sono i tuoi libri, opere d’arte, dischi preferiti? Qual è l’ultimo concerto/mostra/spettacolo che hai visto? Le tue ispirazioni?
I miei gusti sono eclettici; mi piace spaziare tra generi diversi sia che si tratti di letture (ultimamente però preferisco la narrativa alla saggistica) sia di cose da vedere e da ascoltare (anche se ammetto che sono figlia degli anni Novanta), senza precludere nulla.
Non ho mai avuto un libro, opera o disco “preferito”, ce ne sono fin troppi che amo, ho amato e amerò.
L’ultimo concerto risale purtroppo al pre-lockdown ed è Omar Souleyman a Punta della Dogana a Venezia; ultima mostra quella sulla storia della Biennale, sempre a Venezia; ultimi spettacoli, alcuni spettacoli di danza all’Operaestate di Bassano.
Credi che la fruizione dell’arte sia cambiata, cambierà in seguito a questo delicato e difficile periodo storico che stiamo vivendo? Come hai trascorso i mesi di lockdown? Come è continuata la tua attività di ricerca?
Non penso che la fruizione dell’arte cambierà, o almeno non in maniera drastica, in seguito alla pandemia. Nessun contenuto online (che non sia pensato proprio per quella circostanza di fruizione) potrà sostituirsi all’esperienza dal vivo.
C’è da dire che le misure che sono state prese per contrastare la diffusione del virus, in Italia come in altri paesi, hanno fortemente danneggiato – più di altri settori – musei, teatri, cinema, biblioteche e spazi dedicati alla cultura in generale.
Quindi, dal mio punto di vista, non è cambiata la fruizione dell’arte in sé ma per un periodo questa è stata sicuramente impedita nei circuiti e nelle modalità più tradizionali.
Per quanto riguarda il festival, invece, non sono sicura che se fossero mancate le condizioni per fare un’edizione in presenza avremmo optato per farlo in streaming: per noi resta comunque importante preservare il momento dell’incontro fisico e dell’ascolto collettivo in uno stesso spazio condiviso (nel rispetto delle norme sanitarie vigenti).
Durante il lockdown ho guardando qualche serie tv, molti film degli anni ottanta e Novanta e ho seguito qualche conferenza o performance su Zoom. Ho cercato però di ascoltare e assecondare i miei ritmi e tempi evitando l’indigestione data dalle innumerevoli proposte culturali che hanno saturato piattaforme online e canali social in quelle settimane.
A cura di Federica Fiumelli
www.helicotrema.blauerhase.com
Caption
Helicotrema 2017, Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia – Sessione di ascolto guidata da Hildegard Westerkamp – Courtesy Helicotrema, ph. Daniele Zoico
Helicotrema 2016 – Courtesy Centrale Fies, ph. Alessandro Sala
Helicotrema 2017, Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia – Courtesy Helicotrema, ph. Daniele Zoico