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Esercitare le indiscipline
Esercitare le indiscipline – una sintesi delle inter-trans-poli-disciplinarità1– significa accorgersi dell’orizzonte contemporaneo, dinamico e plurale, delle arti visive. Non abbiamo a che fare solo con la fattibile commistione tra discipline, applicate e prestate all’arte, né solo con una analisi del loro rapporto in quanto saperi organizzati e\o pratiche professionali ma con la volontà di ridefinire tutte le dispiegazioni possibili in funzione dell’assioma che segue:
se è vero che l’arte contemporanea vede l’abbandono delle τέχνη [téchne], allora il termine stesso non è più sufficiente, perché oggi, la maggior parte delle arti non abbandona la tecnica, non l’ha mai conosciuta.

Altro giro, altra corsa, nuovi significati
Vi è continuum – legittimo – borrowing di categorie e metodi disciplinari nella libertà creativa che permette di stravolgerne l’uso e la pertinenza. Buona parte delle pratiche artistiche contemporanee non si basano sulla produzione di opere ma sulla loro post-produzione. Questa andatura sembrerebbe coerente con la pratica del ready-made, invece, la sorpassa perché non parte da oggetti d’uso comune, che vengono riposizionati e quindi risemantizzati, ma realizza partendo dell’arte, sono rivisualizzazioni di oggetti e\o di gesti artistici.
Sul piano operativo e pratico non viene posta più alcuna attenzione alla separazione dei saperi, ai recinti disciplinari. Questa distinzione persiste quasi esclusivamente nel campo della ricerca accademica, dell’indirizzamento dei corsi di studio nelle università pubbliche, dove la prospettiva di collaborazione appare priva di reali possibilità di sviluppo.
Quindi, la volontà è ricostruire dal punto di vista glottologico e fenomenologico i sensi delle terminologie utilizzate nel campo delle arti visive. Primo tra tutti, quello che le comprende, cioè arte contemporanea. Questo sottintende diversi stadi di cooperazione\collaborazione, dalla semplice affermazione delle stesse prospettive indisciplinari, sino alla ridefinizione condivisa di un nuovo soggetto. L’urgenza non è comprendere che fare, perché siamo immersi nelle possibilità della dimensione dell’azione, ma evolversi nel farlo, capirsi, includersi.
Indisciplina + quello che può succedere, quando succede, chi sa cosa sia possibile?
Il tempo non è più percepito con uno sviluppo lineare e progressivo – le possibilità di comunicazione a nostra disposizione riducono le distanze e velocizzano i flussi, tendendo a comprimere l’esperienza sia dal punto di vista spaziale che temporale. La memoria collettiva si contrae e si frammenta in una molteplicità di memorie singolari e simultanee – siamo caduti in un vortice di obsolescenza iperaccelerata. Di queste circostanze le arti figurative sono figlie in vario modo e risentono delle prefigurazioni, amplificazioni, compensazioni, critiche\non-critiche ricercando un cambiamento.
Dai primi anni del Novecento gli\le artistə hanno smesso di rappresentare la realtà e hanno cercato di trasformarla. Il decluttering dovuto all’abbandono della tecnica, con la sostituzione della manualità del gesto con procedure industriali, lo scambio della singolarità dell’opera con oggetti comuni, il passaggio dall’opera materica alla performance, l’immaterialità dei discorsi, porta al centro il processo rispetto al prodotto, ridimensionando la consistenza dell’opera e la singolarità dell’autore. Così, l’arte ha creato un legame indissolubile con la contingenza, non ha più confini definiti ma interagisce, si modula trasformandosi; i luoghi e i contesti in cui agisce vengono pensati sempre più in termini di costrutti relazionali e culturali, mostrandosi nella sua vera natura sociale e antropologica.
Per questo motivo, e per altri che non conosciamo, gli\le artistə che si trovano ad affrontare questo panorama non provengono più solo dal mondo delle accademie d’arte. Il coinvolgimento, a diversi livelli, di varie competenze applicate, è dovuto al capitale simbolico richiesto dalle arte visive. L’artistə può mutare i significati dei gesti che si compiono, intensificarne il senso, attribuire\privare loro valore; quei significati che deve aver interiorizzato in uno o nell’altro percorso o in tutti i percorsi.
1) Edgar Morin, Elogio dell’interdisciplinarità, Lettera Internazionale trimestrale europeo di cultura Numero 62, Roma, 1999, pag. 14 – 16.

Indisciplinata+, scritto da Manuela Piccolo, con una prefazione di Giorgio Verzotti, pubblicato nel marzo 2020, è il sesto titolo della collana SartoriaEditoriale \ Postemediabooks diretti da Varinia Poggiagliolmi e Gianni Romano per ArtCityLab.
Immagini: Oliviero Fiorenzi, 2020. Illustrazioni eseguite con la mano sinistra per Indisciplinata+, edito da SartoriaEditoriale e Postemediabooks, Marzo 2020. Courtesy l’artista e Manuela Piccolo