La galleria romana ADA ospita, fino al 27 luglio, Pastocaldo, mostra personale di Giulio Delvè (1984) che presenta gli esiti più recenti della ricerca del giovane artista napoletano.
La pratica estetica di Delvè si contraddistingue per la curiosità che sta alla basa della sua osservazione del mondo; questa curiosità – spontanea, viscerale – è seguita da una regola, da un’analisi lucida che presuppone un tempo, un’attesa, che è alla base di ogni riuscita creazione. Le opere dell’artista rivelano un processo che ha come inizio la pratica del guardare, alla quale segue la trasformazione, il ribaltamento di senso dell’oggetto al fine di recuperare un rapporto con quest’ultimo che va oltre la superficie, rivendicando una tenace libertà poetica.
Entrando nello spazio espositivo ci troviamo all’interno di questo microcosmo ricreato da Delvè attraverso l’utilizzo di elementi eterogenei, destrutturati e poi manipolati per aprire la realtà a nuove letture possibili; a scandire lo spazio in modo netto è ciò che solitamente sta all’interno del contesto come protezione, contenitore, ossia il packaging: il font delle etichette di prodotti alimentari viene riprodotto su dei grandi supporti trasparenti che rendono fisica, imponente, la presenza di queste diciture riguardanti grammatura, peso e valori nutrizionali di diverse tipologie di pasta. Il contesto dal quale sono estrapolati è quello del FEAD (Fondo di aiuti europei agli indigenti), realtà che sostiene una serie di interventi di vario tipo all’interno dei paesi membri dell’Unione Europea al fine di aiutare le persone a uscire da condizioni di povertà e, dunque, anche di emarginazione. I paramenti in PVC sono disposti nello spazio come anomali tendaggi, mentre la pasta – ossia il contenuto – viene sottoposta a una serie di processi che la trasformano in oggetto di bigiotteria. Questi gioielli, indossati da modelli in jesmonite, sono riproduzioni in ottone degli originali, in un gioco di ruoli che rivela la costante messa in discussione del dato reale da parte dell’artista.
Il processo attivato da Giulio Delvè ci coinvolge anche perché grottesco: giocando con un mezzo di sostentamento, decontestualizzato e privato del suo ruolo, l’artista invita l’osservatore a riflettere sul significato che può avere un materiale così semplice, povero all’interno di una comunità composta di situazioni socio-economiche differenti.
La dimensione sociale è dichiaratamente centrale e l’intervento che l’artista compie su questi oggetti – fortemente connotati dal punto di vista del sostentamento – è di decostruzione e elevazione estetica degli stessi, fornendo un punto di vista diverso sul mondo che conosciamo. Lo sguardo ha qui una valenza duplice: in primis, lo sguardo dell’artista che mette in evidenza una pratica sociale ribaltando la realtà e creando uno scenario inedito; poi, lo sguardo dell’osservatore, che nel guardare completa un processo e fa il percorso a ritroso, nel tentativo di rintracciare l’oggetto reale alla base dell’opera. Innescando riflessioni che riguardano le urgenze e le complessità del nostro tempo, Delvè invita tutti noi a essere osservatori attenti della realtà e non passivi spettatori.
Alessandra Cecchini
Giulio Delvè
Pastocaldo
31 maggio – 27 luglio 2019
Ada – Via dei Genovesi, 35 – Roma
Instagram: project_ada
Caption
Giulio Delvè, Pastocaldo, 2019 – Installation view at ADA, Rome – Courtesy of Giulio Delvè and ADA, Rome – Ph. Roberto Apa