Condividere l’intimità anche nella distanza del conoscente può sembrare un paradosso, ma spesso si sottovaluta come l’azione collettiva riesca a generare questo piccolo miracolo. Nell’atto corale la condivisione d’intenti raccoglie una stessa adesione partecipativa, che porta inesorabilmente a curarsi del sentire altrui, e a ricercare un’intesa sul piano emotivo nel tentativo di raggiungere insieme lo stesso fine ultimo. Per dirigere con maestria una tale potenza espressiva appare risolutiva la presenza di una figura canalizzante come quella dell’artista Ginevra Petrozzi (1997), strega digitale, che collezionando frammenti di storie private e frangenti di desideri sospesi, dà vita a sistemi sociali, in cui la condivisione esorcizza i demoni e crea nuove chimere, modificando i risvolti della realtà stessa.
In questo frangente demiurgico uno dei lavori che meglio simboleggia la ricerca artistica della designer performance è Prophetai (2022), realizzata in occasione della residenza-workshop Beyond Binaries ideata dal collettivo curatoriale Erinni, e presentata pubblicamente negli spazi di AlbumArte in settembre. In una divinazione corale, traslando al presente indicativo gli auspici per un futuro prossimo, le abitanti e le esploratrici del quartiere Torpignattara formulano le geometrie vocali di un sortilegio, che infrange il sistema di autocontrollo dei loro dispositivi mobili. La barriera generata dalle parole non si configura come rigido elemento architettonico, ma è piuttosto un organismo vivo che attecchisce nel dispositivo, delineando nuove preferenze, in una sorta di contronarrazione alternativa dei propri bisogni primari. La creazione di un incantesimo digitale collettivo, quale Prophetai, sperimenta il potenziale dell’intenzione condivisa, riscoprendo una visione del mondo retaggio delle culture antiche in cui la forza dell’immaginazione collettiva esercitata dalla comunità era alla base della costruzione del reale. In questo frangente il sociologo Émile Durkheim parla di “coscienza collettiva” come immaginario universale, punto d’origine della stessa azione umana nell’orizzonte storico, antropologico e sociale: «L’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri della stessa società forma un sistema determinato che ha vita propria; possiamo chiamarlo coscienza collettiva o comune» [1]. A essere posta in evidenza non è solo la rilevanza dell’”immaginazione” nel sistema esperienziale umano, ma anche il valore dell’aggregazione congiuntiva di idee, pensieri ed emozioni nella determinazione di uno stesso gruppo sociale. A differenza che in tempi passati, come sottolinea lucidamente il filosofo Umberto Galimberti: «i valori che oggi circolano non sono più solidarietà, relazione, comunicazione, aiuto reciproco, ma business, immagine, tranquillità e tutela della privacy» [2]. In questa prospettiva la riflessione artistica di Ginevra Petrozzi, analizzando i nuovi dettami della contemporaneità, suggerisce un ritorno alla dimensione intimista della comunità, ai tempi sincroni del potere corale e all’immaginario dell’oralità popolare.
Vicino a Prophetai sia in termini contenutistici sia formali è anche Knows too much, operazione dell’anno precedente realizzata presso il MU Hybrid Art House di Eindhoven. Riappropriandosi nuovamente dell’immaginario esoterico della stregoneria l’artista si avventura nelle profondità dell’inconscio, rivelando i simboli psicoanalitici celati all’interno della dimensione digitale. Ritorna anche qui la formula dell’incantesimo declinata in una forma scenografica di particolare coerenza storiografica, come dimostra il cerchio magico tracciato mediante erbe, elementi floreali e dispositivi digitali, che richiamano i quattro elementi naturali, affine a quelli impiegati dalle streghe nelle notti di sangue. Al centro della configurazione prende posto un computer, scavato al suo interno, simulacro nel quale vengono gettate le scansioni cartacee della vita algoritmica dei partecipanti. L’artista parla dell’intervento come di un’operazione “chirurgia plastica comunitaria”, e ciò sottolinea sia la valenza collettiva dell’azione, sia contestualmente il valore fondamentale della mutazione nella crescita. In questo frangente sovviene alla mente il secondo principio della termodinamica: “Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma”, enunciato da Lavoisier. Emerge già in tale assunto il vincolo che lega il concetto di trasformazione a quello di cura. A Funeral for a Digital Data (2022), l’ultima suggestiva impresa di Petrozzi realizzata in occasione di ArtVerona, è in questo senso un vero e proprio atto di accudimento verso sé stessi e il proprio dolore all’interno della cornice tecno-dominante della contemporaneità. Reiterando la forma del rito funebre l’artista crea uno spazio collettivo e altamente intimo, in cui è possibile elaborare il lutto per la perdita improvvisa dei propri dati digitali: dalla cancellazione delle foto sullo smartphone, all’eliminazione dei dati informatici su un pc rotto, alla chiusura di un account social. La riflessione sulla morte nella dimensione digitale riflette in modo più sottile sui tempi effimeri della vita, analizzando il concetto di transitorietà in relazione al tema dell’accidentalità. Moderna prefica, l’artista compiange la scomparsa dei dati, abbracciando le storie di perdita informatica realizzando ghirlande floreali, che riportano alla tradizione funeraria. Sebbene la cornice mortifera, l’attenzione è spostata sull’atto demiurgico. Curare il dolore dell’Altro medica una ferita collettiva in seno alla pluralità; nella condivisione di un intenso momento di partecipazione emotiva la comunità può ritrovarsi ed elaborare il dolore in modo solidale, rendendosi consapevole della sofferenza altrui. L’attenzione al tema della cura appare già evidente all’origine della produzione artistica di Petrozzi in The First Church on Earth, intervento del 2019, che mira a istituire uno spazio neutrale in cui possano trovare rifugio i senza fissa dimora osteggiati dalla statuto di ordine pubblico olandese. In questo caso azioni come “proteggere” e “curare” acquistano una connotazione marcatamente politica, denunciando una visione tanto irrealistica quanto disumana della realtà. La “chiesa” laica di Petrozzi porta sulla piazza, al centro del dibattito pubblico, l’urgenza di riconsiderare la propria umanità, nell’ottica di una ridefinizione del paesaggio pubblico, sociale e urbano, che implichi un’azione etica e reale al problema “povertà” e lo svincolamento dalla struttura di un sistema normo-giuridico cieco verso l’esistenza del più debole. Rispetto a ciò è significativo notare come nell’intervento dell’artista la viva azione partecipativa della comunità diventi il riflesso di un sentire comune verso un avvicinamento all’esperienza dell’alterità e di una volontà condivisa di rivoluzione nei termini del sistema sociale e relazionale.
Sotto questo aspetto è necessario sottolineare come la forza della ricerca artistica di Ginevra Petrozzi derivi dalla commistione tra il potere evocativo della storia e la dimensione del rito nella quale si struttura. La fatalità della suggestione risiede proprio in questa intersezione di confini. A differenza infatti di un’artista narrativa come Chiharu Shiota, in cui gli oggetti sono emanazione dei loro proprietari, con tutta la loro carica vitalistica e biografica, il risvolto narrativo appare in Petrozzi più aereo, e libero di condensarsi nella magia del racconto; la dimensione biografica rimane in un certo meno sublimata nell’aspetto fisico-oggettuale, sebbene l’artista utilizzi spesso simboli oggettuali nei suoi interventi artistici. Tra divinazione di tarocchi, visioni di segni propiziatori e incantesimi digitali collettivi la magia del rituale riporta l’umanità digitalizzata alle sue origini ancestrali, quando la necessità di aggregazione era prioritaria per la sopravvivenza; rivelando come anche nello spazio ibrido della contemporaneità, tra l’innesto tecnologico e vissuti liquidi, la collettività viva ancora dei sentimenti di straordinario, di enfatizzazione e di comunione. È così che oggi si erge una società ipersensibile alle profezie e alle variazioni dell’immaginazione.
Erika Cammerata
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[1] E. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Il Saggiatore, 2016
[2] U.Galimberti, I miti del nostro tempo, Feltrinelli Editore, 2013
Instagram: ginevraarvenig
Caption
Ginevra Petrozzi, Prophetai, Beyond Binaries, 2022 – Courtesy of Ginevra Petrozzi
Ginevra Petrozzi, Knows Too Much, Mu Hybrid Art House, 2021 – Courtesy of Ginevra Petrozzi
Ginevra Petrozzi, Knows Too Much, Mu Hybrid Art House, 2021 – Courtesy of Ginevra Petrozzi
Ginevra Petrozzi, Digital Esoterism, Design Academy Eindhoven, 2021 – Courtesy of Ginevra Petrozzi, ph Doi De Luise
Ginevra Petrozzi, Funeral for Digital Data, ArtVerona, 2022 – Courtesy of Ginevra Petrozzi