Fourteen ArTellaro. Intervista a Gino D’Ugo.

“L’uniformità piatta e regolamentata che rende tutti uguali odora tanto di totalitarismo”.
cit. Gino D’Ugo.

 

Fourteen ArTellaro è un project space senza scopo di lucro della provincia spezzina, una stanza di 5mq con una porta a vetro che funge da vetrina, situato in una frazione di Lerici, un piccolo borgo che ancora resiste al turismo di massa che invade e devasta la bellezza della Liguria.
Fondato nel 2016 da Guido Ferrari e dall’artista Gino D’Ugo, Fourteen ArTellaro volge uno sguardo attento alla sperimentazione artistica contemporanea coinvolgendo sia il visitatore distratto che il pubblico di settore.
Gino D’Ugo è il principale animatore dello spazio, ed è a cura sua la terza rassegna espositiva – La superficie accidentata – che prenderà vita a Tellaro nei prossimi mesi.

In occasione dell’inaugurazione della prima mostra della rassegna, Dell’azione negatrice di Mauro Folci, Fourteen ArTellaro – nelle persone di Guido Ferrari, Gino D’Ugo e Massimo Mazzone – ha presentato presso Spazio 32 di La Spezia la propria attività di osservatorio indipendente per l’arte contemporanea.

Per chi se lo fosse perso, abbiamo chiesto a Gino D’Ugo di raccontarci in prima persona, attraverso un’intervista, la storia dello spazio.

FourteenArTellaro
FourteenArTellaro – Veduta dello spazio, maggio 2018 – FourteenArTellaro, ph Andrea Luporini.

Com’è nato Fourteen ArTellaro, da chi e da che esigenze?

L’attività nasce in seguito all’idea di Guido Ferrari che di fronte a questo piccolo spazio vuoto nel borgo di Tellaro ne intuisce le forti potenzialità comunicative per posizione ed essenzialità strutturale.
Come appassionato d’arte, pensa che se ne possa fare un luogo espositivo e invita Carlo Bacci e me a presentare un nostro lavoro.
Quando ho visto lo spazio, che descritto per telefono non riuscivo neanche a individuare, ne sono rimasto folgorato e nel giro di pochi giorni gli ho proposto il programma per un intero anno espositivo coinvolgendo una serie di artisti con cui ero in contatto. Chiaramente l’organizzazione della prima edizione è stata per me, che non mi ero mai occupato della cura di uno spazio e men che mai di una rassegna, tutto un divenire e mettendo un piede dopo l’altro ho cercato di gettare da subito delle basi che fossero credibili.
La prerogativa nella scelta degli artisti si è basata sul presupposto che avessero un modo di esprimersi contemporaneo e conforme a loro stessi, una forma di onestà.
L’esigenza è stata quella di creare, nella provincia della Spezia, un osservatorio che facesse conoscere gli artisti attivi in questo momento a livello soprattutto nazionale ma anche del territorio.
Nel primo anno di attività ho avuto un fattivo aiuto per l’organizzazione dallo stesso Carlo Bacci, quest’anno ho al mio fianco Andrea Luporini.

Ci sono degli elementi che accomunano gli artisti e i curatori che invitate a lavorare nel vostro spazio?

L’elemento primario che riguarda le partecipazioni è, per ogni rassegna, il concetto di base sulla quale si sviluppa. Non esiste un ordine di preferenza dettato dalla provenienza, dall’età o dal tipo di compartimento stagno dell’arte in cui opera il singolo artista.
Trovo però, per questi stessi motivi, importante creare un’amalgama eterogenea. Il principio estetico deve essere subordinato a un principio etico, l’interesse si sviluppa su quello che c’è dietro l’immagine, i concetti che esprime.
Il fatto che siano artisti provenienti da situazioni diverse fa si che il concetto di base si sviluppi su differenti visioni e risposte, ognuno dei dodici appuntamenti metterà in luce alcuni aspetti e ne ometterà altri. Il concetto di base espresso non lo si troverà in assoluto in una delle installazioni che proporranno, ma nell’accostamento, se non nella stratificazione, di queste e di altre possibili.
Visto che è dei loro interventi futuri che parliamo, vorrei nominare gli artisti invitati quest’anno:

Paolo Assenza / Christian Ciampoli / Giovanni Gaggia / Mauro Folci / Alessandro Brighetti / Davide Dormino /Caterina Silva / Corinne Mazzoli / Marina Paris / Iginio De Luca / Igor Grubic / Radio Zero.

FourteenArTellaro
G.Ferrari, C.Bacci, G.D’Ugo – Fourteen ArTellaro, 2016 – Courtesy FourteenArTellaro, ph Rocco Malfanti.

Qual’ è il rapporto che si è instaurato tra Fourteen ArTellaro e il territorio che lo ospita?

Lo spazio espositivo di Fourteen ha la caratteristica di non essere praticabile dal visitatore e si trova sui limiti della piazza principale del borgo, nell’angolo che conduce alla marina. Si interfaccia all’esterno tramite un vetro ed è un punto di passaggio obbligato per chi è a Tellaro. L’atteggiamento generale di chi abita il borgo tutto l’anno mi sembra che si esprima con curiosità e la stessa sensazione la danno i turisti che d’estate affollano il borgo. Se parliamo del territorio in senso più ampio e soprattutto dell’approccio culturale o istituzionale verso l’arte contemporanea non mi sembra che ci sia molta attenzione. Ci sono però delle realtà come Spazio 32 – biblioteca e centro culturale della Fondazione Carispezia- che ci ha ospitato per la presentazione della nostra attività e che si relaziona verso l’esterno, anche della provincia. C’è poi la realtà importante Marrana arteambientale, dei coniugi Bolongaro, che mi sembra un mondo a sé rispetto alle politiche culturali del territorio.

Si sono venute a creare diverse etichette per denominare gli spazi come il vostro, da “spazio indipendente” a “spazio non profit” a “project space”. Tu con quale termine definisci il tuo spazio? E quale pensi sia il ruolo di questo tipi di spazi all’interno del sistema dell’arte contemporanea?

Spazio indipendente, per me contiene sia il significato di indipendenza da vincoli di mercato che da legami di tipo politico. Quando qualcuno ha utilizzato il termine White box mi è piaciuto. Il concetto, come in una white box informatica, della rielaborazione degli errori di sistema lo trovo abbastanza appropriato.
Il fenomeno degli spazi indipendenti, che si sta molto incrementando, esprime una necessità di questi tempi rispetto al sistema dell’arte, ma fa parte di una dimensione più ampia che si riflette in tutti i settori. L’atteggiamento delle avanguardie, che si è poi riflesso fino agli anni Settanta, ovvero quel principio di autodeterminazione di cui Beuys ne esorta il valore come principio essenziale, è ciò di quanto più distante troviamo oggi in una fiera d’arte. Gli spazi indipendenti svolgono un ruolo altro rispetto a quello della galleria d’arte e del museo, rappresentano un terzo canale che deve rimanere tale per conservare tutta la sua valenza.

Mauro Folci
Mauro Folci, Non è vero che non – Lastra di ottone incisa, 2008 – Courtesy Fourteen ArTellaro, ph Andrea Luporini.

La superficie accidentata è la rassegna da te curata per la stagione espositiva di quest’anno. La mostra capofila, inaugurata lo scorso 12 maggio e visibile fino al 31, è Dell’azione negatrice di Mauro Folci. Un’opera unica domina lo spazio, una scritta: “Non è vero che non”.
Ci vuoi raccontare com’è nata questa iniziativa, da che spunti storico-critici nasce questo progetto espositivo e come l’opera di Folci incarna la visione che volete trasmettere al vostro pubblico?

Cito testualmente una sintesi del concetto di base espresso per la terza edizione: “Il caratteristico atteggiamento omologatorio che ben contraddistingue questo tempo dove la regola, la legge, la procedura, l’atteso e il suo semplicistico risolversi che lascia sommerso un universo interiore inespresso, va molto più in là a ritroso nel tempo e fa sembrare oggi idee e pensieri espressi già negli anni 70 come premonizioni.
L’odierno conferma i concetti già espressi di una rivoluzione di idee strettamente funzionale che negli anni 70 nasceva contestando la borghesia e il perbenismo, con un quasi completo annullamento di valori della precedente generazione. Ma la prassi, successivamente, e il tempo ne è testimone, riadottava pratiche e cliché di tipo perbenistico e omologatorio oltre che di cancellatura di valori anche positivi della tradizione, esclusivamente perché detti valori erano associati alla generazione precedente. Cosa è oggi di questa realtà, in mano alla mediocrità, solidificata e asservita al buisness? Appiattimento e disperazione. Una società che si costruisce su un’infinità di regole ma dove non si tiene conto dell’etica dell’individuo è come una mappa che non permette di scoprire un luogo, coi suoi odori e i suoi chiaroscuri. L’uniformità piatta e regolamentata che rende tutti uguali odora tanto di totalitarismo. L’arte ha il ruolo importante dell’interpretazione, della denuncia, ma anche della protezione delle cose essenziali. La superficie accidentata è una superficie che non presenta più la caratteristica dell’immacolato, del semplice, dell’inespressivo e del vacuo. Ha i segni e la memoria di accadimenti, è un luogo sconnesso e impervio coi suoi rilievi e le sue profondità, le sue scomodità se non i suoi tormenti. Spalanca le finestre e abbatte le superfici per vedere cosa c’è dentro se non dietro. Non consente che qualsivoglia cosa attecchisca facilmente e maggiore è la sua profondità maggiore diventa il lavoro volto a svelare i suoi enigmi e le sue memorie. Così la white box di Tellaro si prepara all’accidente creativo o forse a svelare accidenti sociali e psicologici del nostro quotidiano o del nostro remoto.”

La prima esposizione, Dell’azione negatrice di Mauro Folci, consiste in un’opera minimale costituita da una targa in ottone sulla quale è impressa in nero la frase non è vero che non.
Mauro Folci è un artista molto attento a sviscerare l’aspetto filosofico del linguaggio e in questo assunto specifico della doppia negazione mette in discussione ciò che è propinato dal mondo esterno. Questo atteggiamento non si rivela attraverso il no assoluto, ma attraverso un no che annulla il no di un divieto e che lo libera dalla negazione stessa, creando un nuovo da cui ripartire.
Ecco, mi sembra il modo più giusto da cui cominciare.

Irene Angenica

 

MAURO FOLCI

DELL’AZIONE NEGATRICE

Rassegna a cura di Gino D’Ugo

12 maggio – 31 maggio 2018

FOURTEENARTELLARO – Piazza Figoli, 14 – Tellaro (SP)

Fourteen ArTellaro

 

Immagine di copertina: Fourteen ArTellaro – Allestimento della mostra di Federica Di Carlo, 2017 – Courtesy Fourteen ArTellaro, ph Emanuele Riccomi.