Mattia Novello nasce a Vicenza nel 1985. Dopo essersi laureato in Comunicazione Visiva presso l’Istituto Europeo di Design di Milano, studia fotografia di moda alla School of Visual Art di New York e Mixed Media Art alla Parsons School di New York. Oggi vive e lavora nella città natale di Giorgione, Castelfranco Veneto. La sua ricerca artistica lo ha condotto verso una percorso che, partendo da una riflessione sull’Arte Povera, affianca alla differente riscoperta di materiali antichi l’utilizzo dei prodotti delle più recenti tecnologie. Fra natura e ingegno umano, le opere realizzate dall’artista veneto generando una profonda e elegante sintesi che fa oscillare il fruitore fra la profondità del concetto e il fascino tattile della materia.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Probabilmente sono artista da tutta la vita. Non credo che artista si diventi. Esiste una componente innata che alcuni hanno la possibilità e la fortuna di riuscire a strutturare e a esplicare nel migliore dei modi. L’essere “considerato” artista dagli altri è avvenuto dopo la prima personale. In un mondo come quello odierno, dove tutti possiamo essere artisti, il confronto con gli altri è una dimensione imprescindibile che, per fortuna o sfortuna, contribuisce a dare significato stesso ai termini “arte” e “artista”.
Io, sin dai primi anni di vita, creavo “qualcosa” con qualsiasi oggetto avevo a disposizione, incidevo superfici con qualunque cosa avesse del colore.
La differenza dai primi anni è che ora, all’istinto, si è aggiunto il fattore “ragione”, unisco nella mia ricerca pensiero e istinto.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Le tematiche che mi danno più stimolo sono l’universo umano e come l’uomo agisce nell’universo.
Oltre a materiali come il legno, il cemento, le resine e il metallo, dal 2013, in collaborazione con la gallerista Anna D’Ambrosio, abbiamo sposato il progetto di unire la nanotecnologia all’arte contemporanea. Tutto si è concretizzato con il primo lavoro Peso Piuma. Credo fortemente che sperimentazione e ricerca siano elementi che camminano al fianco all’arte, noi artisti dobbiamo metterci in prima linea per unire visioni e sperimentazione. Il rischio di tanta arte italiana è quello di essere epigonale nei confronti dell’Arte Povera se non avviene una reale ricerca sui materiali stessi e sui contenuti. L’Arte Povera ha un innegabile influenza su tutti i giovani artisti italiani ma non bisogna rimanere schiacciati. Va interpretata trasformandola in qualcosa di nuovo e completamente diverso da ciò che l’ha originata.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Come tutte le altre persone: mangio, bevo, faccio l’amore, dormo e vivo.
La città non è per me fonte d’ispirazione particolare. Ho avuto la possibilità di vivere in grandi città metropolitane. La città è luogo di scambio e di condivisione ma non è il luogo da cui si origina la mia arte.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Come dicevo prima, diventando un artista ventiquattro ore su ventiquattro, riconosciuto dal mondo esterno, si accetta implicitamente anche di far parte del sistema dell’arte, di dedicare all’arte tutto il proprio tempo e di trasformare l’arte in professione. Da qui la necessità di trovare un equilibrio tra il riuscire a vivere e il non rinunciare alla propria arte.
Ad esempio, fino al 13 gennaio è visitabile una mia mostra personale presso la galleria AMY D Arte Spazio, curata da Sabino Maria Frassà e con il Patrocinio di CRAMUM.
Tutto torna non è una mostra facile con cui tornare a Milano dopo quattro anni. È stata una scelta ponderata molto, desiderata da me e dal curatore e infine accolta e promossa da una coraggiosa gallerista. Ho avuto la possibilità e l’intelligenza di accettare la soluzione di una galleria privata che mi permette di esporre pezzi difficili da vendere ma importanti per la mia carriera artistica e personale.
Infine, se parliamo di “sistema” dell’arte contemporanea, manca in Italia una regia e sarebbe più interessante se lo stato italiano desse più fiducia agli artisti viventi, alle fondazioni e ai poli museali. È del resto evidente come l’impotenza economica finisca con il far sì che il mondo dell’arte si appoggi completamente ai soliti “santi privati” senza alcuna strategia e prospettiva pubblica a medio/lungo termine.
Che domanda vorresti che ti facessi?
Cosa sceglieresti tra spaghetti, gnocchi, cappelletti, paccheri 🙂
Immagine di copertina: Mattia Novello – courtesy l’artista
Intervista a cura di Marco Roberto Marelli