Five Questions for Isabella Nazzarri

Isabella Nazzarri nasce nel 1987 a Livorno. Dopo aver conseguito una laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, completa il suo percorso di studi in Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, città dove oggi vive e lavora. Fuggita dalla concettuale Toscana per dedicarsi al colore, il suo percorso estetico sviluppa un progressivo allontanamento dalla componente figurativa mantenendo però sempre un legame, un contatto elegante e sentimentale, luminosamente intimo con la “natura”. Dalle Conversazioni extraterrestri fino alle recenti realizzazioni un susseguirsi di ingrandimenti permette di penetrare sempre più a fondo in una natura dalle tinte forti e delicate fino a giungere all’esplosione di un colore squillante, libero dalla sua funzione macroorganica.


Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?

Ho sempre avuto un’indole artistica fin dall’infanzia, ma parlando di artista come figura lavorativa, direi che ho iniziato da una decina di anni a dedicarmi completamente all’arte. Vengo da una città di provincia, Livorno, che purtroppo non offre particolari sbocchi artistici e per questo motivo ho studiato in Accademia, dapprima a Firenze e successivamente a Milano.
Per quanto riguarda la mia carriera, la differenza è stata tangibile. Vivere a Firenze mi ha messa in contatto con una serie di persone che hanno sostenuto a aiutato il mio percorso artistico. Tuttavia, l’ambiente artistico fiorentino aveva un’attitudine prettamente concettuale che non rappresentava ciò che io stavo cercando. Mi trovavo sempre in stanze con sassolini o bastoni senza sapere bene come comportarmi. Arrivata a Milano ho respirato una boccata d’aria, almeno inizialmente. Dato l’enorme numero di artisti e addetti ai lavori, mi è sembrato tutto un grande calderone dove ognuno poteva dare qualcosa di suo.
Se ripenso agli inizi, mi viene da sorridere pensando a quanto tempo ho passato a cercare di concettualizzare il mio lavoro, per poi arrivare alla felice conclusione che il mio fare arte aveva un senso più che un concetto.

Isabella Nazzarri
Sublimazione di una valle, 2017 – 120x120cm, acrilico su tela – courtesy l’artista

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?

Riprendendo il paragrafo precedente, devo dire che ci ho messo non poco tempo a condensare ciò di cui stavo parlando nel mio lavoro. Inizialmente mi sono interessata alla natura e al suo continuo evolversi. Ero affascinata dalle forme, ma successivamente ho capito che dietro ogni forma c’era un gesto, e ancora prima di un gesto c’è l’atto stesso di realizzarlo. Ho da poco inaugurato la mostra Clinamen nella mia galleria di riferimento, ABC ARTE di Genova. La mostra, curata magnificamente da Daniele Capra, è stato il risultato di due anni di lavoro in cui ho condensato, attraverso linguaggi diversi, tutta la mia poetica. Daniele è stato il primo critico che ha messo nero su bianco la mia attitudine a vivere l’arte in modo nomadico ed esplorativo sperimentando tecniche e stili diversi. Il soggetto della mia pittura è quindi l’atto stesso di dipingere e il libero arbitrio fa sì che io non possa mai essere prigioniera di una coerenza mortifera. Ho scelto di lavorare in modo aniconico proprio per lasciar fluire la pittura, ma tuttavia è possibile trovare delle evocazioni nelle mie opere; questo perché il mio lavoro è molto legato ai ricordi di ciò che osservo. Il colore è fondamentale, perché rappresenta per me una vera e propria grammatica emotiva.
Mi piace pensare, come ha scritto Leonardo Caffo nel catalogo della mostra, che il mio fare arte è un esercizio di libertà.
Riguardo ai progetti per il futuro ho in programma a febbraio una mostra con Viviana Valla a Roma presso la Fondazione di Sarro a cura di Ivan Quaroni. Ci stiamo già lavorando dallo scorso anno, presenterò una serie di opere realizzate con diversi media come ormai mi è consueto fare. Per il resto, ci sono progetti in primavera su Milano e Parigi.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?

Milano mi accolta con grande generosità. Nonostante non sia una città facile, mi ha dato ciò che cercavo, ovvero la libertà di esprimermi. È strano perché sono nata in una città di mare e dovrei averne bisogno, eppure mi sento più in pace con me stessa in mezzo al cemento e alla folla perennemente in corsa. Ho sempre avuto un animo inquieto e nonostante abbia molta nostalgia del mare mi accontento di vederlo ogni tanto per ricaricarmi. Per il resto, sono ben felice di unirmi alla massa frenetica di Milano: trovo che sia più facile trovare la pace nel mezzo al caos piuttosto che nel silenzio.
Qua posso scegliere: se voglio uscire, troverò una grande quantità di persone, di mostre, di luoghi e di idee. Se voglio starmene a lavoro (come spesso accade) so di potermi rintanare nel mio studio e di trovare un’atmosfera opposta, silenziosa e intima.
Non so dirti con quale costanza faccio l’una o l’altra cosa. Necessario rimane poter scegliere tra le due e trovare il giusto tempo per ogni attività.

Isabella Nazzarri
Clinamen, 2017 – installation view, ABC-Arte, Genova – courtesy ABC-Arte e l’artista

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?

Un tasto dolente! Ogni artista che conosco ha un rapporto ambivalente con il sistema. Perché è un po’ come la televisione per McLuhan, che esiste anche se noi non la guardiamo. Allo stesso modo il sistema dell’arte fa parte del nostro mondo, che noi scegliamo di averci a che fare o no.
Il problema più grande è il rapportarsi a questo “essere vivente” senza esserne risucchiati. Un vero artista è una persona molto, troppo sensibile, perché fa da filtro alla realtà: il suo lavoro è mettere in mostra il frutto della propria interiorità e quindi sé stesso. È un continuo esporsi e non è facile orientarsi tra la creazione intima in studio e il rapportarsi con il sistema dell’arte e soprattutto con il suo mercato.
Io devo dire di essere stata fortunata perché ho una galleria che mi sostiene e fa crescere il mio lavoro. Non sono molte le realtà orientate a sostenere i giovani artisti, almeno in Italia. È un periodo così difficile che quasi nessuno osa puntare al futuro.
C’è poi il problema delle pubbliche relazioni. Il nostro ambito, purtroppo, non è così meritocratico come dovrebbe essere. Sembra necessario, per accelerare i tempi, frequentare mostre al solo fine di sviluppare più contatti possibili. Tutto questo, secondo me, nuoce molto alla qualità del lavoro. È importantissimo dare al proprio processo artistico il tempo che serve e darsi momenti di silenzio. Vi immaginate come deve essere trascorrere otto ore in studio da soli, immersi nell’ispirazione, per poi trascinarsi ancora alienati da una mostra all’altra? Secondo me c’è un tempo per le mostre e un tempo per lo studio, e non necessariamente devono essere condensati nella stessa giornata.

Che domanda vorresti che ti facessi?

Che cosa hai sognato stanotte?

www.isabellanazzarri.tumblr.com


Intervista a cura di Alberto Pala