Five Questions for Giulio Zanet

Giulio Zanet è nato nel 1984 a Colleretto Castelnuovo, paese montano in provincia di Torino, e oggi vive e lavora a Milano e nell’Emilia. Fra i maggiori talenti recentemente formatesi presso l’Accademia di Brera, propone un’attenta ricerca che conduce il medium della pittura verso un’affascinante riflessione sull’esistenza quotidiana, verso un approccio dialettico che diviene indagine avvolgente sulla vita attraverso l’arte. Partito da una pittura figurativa “sporca”, in linea con i pittori di formazione milanese suoi coetanei, l’ “aristocratico Zanet” (come ebbe a definirlo, in un bellissimo ritratto a parole, Tommaso Di Dio) ha condotto oggi la sua volontà estetica verso un’astrazione che, con le sue forti peculiarità, lo pone al centro del più colto panorama artistico internazionale.


Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?

Ho scoperto che mi piaceva dipingere durante gli anni del liceo, dopo aver capito che scrivere e suonare non facevano per me. Frequentando l’accademia ho iniziato a provare a fare l’artista e ci provo tuttora.

Considerando i miei esordi, le prime mostre post accademia era un provarci, oggi pare proprio che ci stia riuscendo; da qualche anno, più o meno, riesco a viverce della mia professione.

Poi, naturalmente, è maturato il mio impegno e la mia consapevolezza in quello che faccio, pur senza mai saperlo per davvero. Spero questa sensazione mi accompagni per tutta la vita.

Giulio Zanet
Selvatico [dodici], 2017 – installation view, Palazzo Pezzi, Cotignola (Ravenna) – courtesy l’artista

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?

Il mio lavoro parla della pittura e della vita. Le tematiche in arte sono sempre le stesse. A me interessa sopratutto l’approccio alla pittura e alla vita, far stare insieme le cose nel migliore dei modi, mostrarle facendo si che questo rapporto sia evidente; indagando, scherzando, facendo tentativi e sbagliando. A grandi linee le cose a cui bado quando lavoro sono trovare un equilibrio tra gli elementi, sopratutto un equilibrio tra elementi opposti o discordanti; caos e ordine, serio e faceto, gestuale e geometrico. Sento che procedendo in questa ricerca, andando sempre più in profondità, appare altro sulla superficie della tela: la necessità di identificazione dell’uomo, le condizioni sociali, i sentimenti più o meno inconsci che ci attraversano e infine anche l’impotenza dell’uomo di fronte alla propria esistenza. Ecco, tutto questo sta dentro ai miei lavori.

La cosa buffa è che in questo processo ho sempre l’impressione, proprio come nella vita, che il mio apporto sia quasi marginale; è chiaro che sono io ad agire ma è quasi come se il tutto fosse determinato dalla mia impotenza.

Dico sempre che per me la pittura è uno strumento di conoscenza del mondo, facendo esperienza della pittura tento di dare senso alle cose.

Per me dipingere è un modo di stare al mondo.

Come ti rapporti con la città in cui vivi?

Ho vissuto per quasi quindici anni a Milano e da qualche mese mi sono trasferito a Correggio, in Emilia Romagna, per amore. Non ho un’affezione particolare per i luoghi, a Milano ci sono stato bene ed è una città che amo sopratutto perchè ho coltivato rapporti e amicizie importanti, è il posto dove dove ho studiato, imparato e sono cresciuto; qui ho vissuto dai 19 ai 33 anni. Ora che vivo in una realtà più piccola, dove naturalmente le cose da fare e da vedere sono meno, sono molto più concentrato sul lavoro e penso ne stia giovando.

Giulio Zanet
Scherzo, 200x160cm, tecnica mista su pvc, 2017 – courtesy l’artista

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?

Non lo so, penso che non ci ho mai capito niente e che probabilmente non ci capirò mai niente.

Immagino che a livelli più alti sia diverso, ma per quello che mi riguarda ho spesso l’impressione che gli artisti, che sono il soggetto senza il quale il sistema dell’arte non esisterebbe, siano l’ultima ruota del carro.

Che domanda vorresti che ti facessi?

Ora andiamo a bere ? Si

www.giuliozanet.tumblr.com


Intervista a cura di Alberto Pala per FormeUniche