Davide Alleri è nato nel 1982, a Bergamo. Nel 2008 si laurea a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Brera, per poi ricoprire, dal 2014 al 2016, il ruolo di Assistant Professor del corso Visual Art presso la NABA. Il suo percorso artistico si fonda su un paradosso: la mancanza dell’opera. La sua produzione estetica interessa il vuoto, i supporti, il concetto di doppio e di calco; di negativo e positivo. Artista nato a cavallo fra gli anni settanta e ottanta, conserva un istinto di ribellione e azzeramento, lo rende colto e affettuoso, tangibile e sensibile, fruibile attraverso un pensiero che nella negazione del materiale si fa materico, tattile.
Il suo è un lavorare per deduzione, dissemina indizi che non vogliono condurre a una soluzione.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Non c’è una data precisa in cui individuo un vero e proprio inizio, sono artista da sempre. Forse lo sono da ancor prima di nascere. Avendo avuto una formazione piuttosto classica, prima il Liceo Artistico a Bergamo poi l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, penso che l’essere artista sia un percorso durissimo e di resistenza; è una strada che non ha ne un inizio ne una fine. C’è un aspetto molto romantico in questo, anche se poi, alla fine, nel contemporaneo, “l’essere artista” deve fare i conti con il “fare l’artista”; come è giusto che sia, bisogna alla fine fare i conti con l’aspetto pratico e quindi “lavorativo”. L’esordio per me è stato molto tardi, dopo i 30 anni. Avevo già maturato alcune esperienze ma limitate al mio territorio di origine. L’inizio vero e proprio è stato intorno al 2014 quando mi sono trasferito a Milano. Dopo l’Accademia ho avuto un periodo di transizione, mi sono trasferito a Londra e poi sono ritornato nella mia città natale, Bergamo. Tanto è cambiato ovviamente in 10 anni, ma come ho detto prima, il vero esordio è stato a Milano. Il cambiamento non avviene mai per un evento in particolare, è generato da una serie concatenata di situazioni che un po’ alla volta ti fanno crescere.
Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Le tematiche sono svariate, ma tutte seguono un filo rosso. Sicuramente la mia ricerca è legata al concetto di vuoto. Vuoto come elemento causato da una forma negativa, mancata. Gli elementi chiave, che hanno dato vita poi a tutto il resto, sono due: il calco in scultura e il display espositivo. Nel mio lavoro “l’opera protagonista” è mancante, non c’è la presenza fisica dell’opera ma tutto ciò che le sta intorno. Il calco, la matrice che l’ha generata e il suo display, espositore che l’ha mostrata. Ma nella mia ricerca, l’opera non c’è mai stata. Se ne sente la risonanza attraverso questi elementi che la richiamano. Detto questo, altri componenti si sono poi innestati in questo rapporto a due “mancato”, come la problematica di copia e di originale; poi di doppio, del vuoto e del pieno, della memoria e della storia, del frammento e della traccia; del visibile e dell’invisibile. Il tutto ha una visione molto grigia, dove elementi negati (ne sono un esempio la serie sugli espositori vuoti o i billboard che non mostrano nulla) si relazionano alle immagini di fenomeni atmosferici anomali, dando al “tutto” una visione piuttosto apocalittica.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Per me la città è importante. La città è la mia fonte principale di idee e ispirazioni. Vivo a Milano e mi piace molto, la trovo dinamica e interessante, purtroppo non è una metropoli, ma proprio per questo ogni anno vivo per alcuni periodi in giro, visitando per brevi o lunghi periodi altre grandi città. Milano mi piace perché ha mantenuto la sua natura grigia, le sue zone industriali sono piuttosto centrali; mi piace viverle ogni giorno: vedere, documentare, analizzare zone dismesse, abbandonate o invece super costruite e architettonicamente nuove.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Il sistema oggi è molto aperto e quindi confuso e senza regole. Sinceramente penso esistano molti “sistemi” o “situazioni” ed è difficile capirli a pieno e distinguerli. Il nostro italiano è purtroppo molto debole rispetto ad altri; soffriamo molto gli investimenti pubblici inesistenti verso musei e istituzioni che non sostengono una programmazione dinamica e interessante. C’è poca organizzazione e struttura, cambiano troppo spesso le amministrazioni e quindi difficilmente si riesce ad avere un programma adeguato e coerente. L’Italia, per sua natura, non investe quasi mai e non sostiene le carriere degli artisti. Li innalza, casomai, quando sono già affermati e storicizzati. Nessuna ricerca, nessuno stimolo per il nuovo o il diverso, nessun interesse verso territori sconosciuti, del resto non siamo mai stati un popolo di conquistatori ma piuttosto di conservatori. Sicuramente soffriamo questo peso del classico e del passato che ci trasciniamo dietro da sempre, come un fardello infinitamente grande di cui andare fieri. Ok, lo sappiamo, ma c’è altro, adesso, che prima o poi emergerà ed esploderà spazzando via tutto.
Di quale argomento, oggi, vorresti parlare?
Ora mi interesso al problema del vuoto, o meglio, al discorso di una società svuotata, che ha chiuso con la storia, la memoria, le tradizioni e che non avendo più futuro, non avendo più passato, ha deciso di concentrarsi e consumarsi nel iper-contemporaneo. La visione di passato-presente-futuro si è totalmente disintegrata e sostituita con quella di iper-presente. Una sorta di “attimo” in loop, dove i parametri non seguono quelli che li hanno preceduti ma vanno sempre più verso una direzione precisa di “consumare l’istante”. L’idea che il domani tanto non ci sarà mi incuriosisce molto. Cerco di esprimerlo mostrando dei lavori svuotati di ogni sostanza, perché tanto questa sostanza è talmente leggera e velocemente sostituibile che non vale più la pena produrla; ciò che rimane, dunque, in questa società, è solo la vetrina che contiene o la matrice che ha generato.
a cura di Marco Roberto Marelli
Instagram: davideallieristudio/
Caption
Davide Allieri – Courtesy l’artista
BillDors – Scultura, ottone, 350x300x250 cm – Sergio Rossi Spa, Rimini, IT, 2018 – Courtesy l’artista
Plain Corners – Scultura, gesso, dimensioni variabili – Sanpaolo Invest, Treviglio, IT, 2017 – Courtesy l’artista