La natura è protagonista nella ricerca di Antonella Aprile (Taranto, omissis) in una dimensione che si compone di convergenze tra il sensibile e il trascendente. Un dialogo, il suo, tra il reale e le possibilità dell’immaginazione che muta le forme in nuovi organismi partendo dal mondo vegetale. Recuperato da archivi di immagini come campionamento della natura, dona vita a ibridazioni, deformazioni e variabili della materia arborea. Nell’interstizio tra gli elementi si innestano curve e razionali geometrie che sovvertono la visione. Attraverso la delicatezza del disegno si fa presenza un universo non ancora mappato che agisce nello spazio del foglio ma che si estende all’esterno contaminando gli ambienti. Laureata in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera è specializzata in Grafica e Art Direction con studi presso Frans Masereel Centre a Kasterlee in Belgio. Attiva in Italia e all’estero, partecipa a diverse mostre e residenze. Ha appena concluso una mostra personale presso il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, Dimensioni variabili. L’artista vive e lavora a Milano.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti tra i tuoi esordi e oggi?
La risposta a questa domanda non è propriamente immediata, perché implica una serie di questioni, ad esempio, cosa vuol dire fare l’artista? Chi e cosa sancisce il tuo essere artista? Il sistema? Il mercato? La collettività nella quale operi e che ti riconosce in questo ruolo? Oppure è un “titolo” che ci si attribuisce e col quale ci si identifica per presentarsi al mondo esterno? Se devo filtrare la tua domanda attraverso quest’ultimo parametro, ossia quello dell’identificazione, posso rispondere con una certa leggerezza e onestà intellettuale, che faccio l’artista da quando ho iniziato a sentirmi di essere un’artista. La differenza tra i miei esordi e oggi è che ora sono molto più consapevole della direzione da dare alla mia ricerca e di ciò che mi interessa approfondire. Questa lenta maturazione mi ha sollevata da una serie di condizionamenti esterni che spesso dirottano il fare e il farsi di un artista, primo fra tutti il tanto agognato consenso. In passato, lo spettro di una possibile approvazione produceva delle interferenze nel mio modo di lavorare. Oggi, invece, so con quali strumenti calarmi in tali profondità e quell’attrattiva è depotenziata. Potrei dire che la crescente maturità di un lavoro e la ricerca del consenso sono inversamente proporzionali.

Quali tematiche trattano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
La mia ricerca indaga lo spazio tra istanze contrapposte, natura e intelletto, caos primigenio e geometria, energia propulsiva e ordine immutabile. Concepisco le immagini come apparizioni atemporali che si cristallizzano come configurazioni di processi conoscitivi che operano al di là della coscienza. Il mio media preferenziale è il disegno, poiché mi consente un approccio lento e analogico che si addentra nelle trame che sottendono alla natura sensibile e rivelano, nelle sue celate strutture geometriche, simboli della natura trascendente.
Si è da poco conclusa la mia personale Dimensioni Variabili al Museo d’arte contemporanea di Lissone, curata dal direttore Alberto Zanchetta. Il 6 Luglio è prevista l’inaugurazione di una mostra internazionale con artisti italiani e tedeschi a Villa Nigra (Miasino, Lago d’Orta), curata da Birgit Kahle e Giorgio Caione, quest’ultimo attivo a Istanbul e da poco rientrato in Italia. Prossimamente ho in programma una residenza per il progetto triennale di Cartografia Sensibile ideato e curato da Lorenza Boisi.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Io vivo a Milano ormai da molti anni e non ho mai avuto un rapporto propriamente idilliaco con questa città. Per quanto riguarda l’arte contemporanea, è tra le città in Italia che può offrire molto sia in termini di possibilità che di varietà e qualità di mostre da visitare. Tuttavia può capitare di sentirsi incastrati in un ingranaggio che macina le proprie energie e allontana da ciò che ha davvero senso.

Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Questa domanda mette in campo davvero tanti elementi di valutazione e discussione. Pertanto mi limiterò a parlare del mio personale incontro col sistema dell’arte, costituito, fondamentalmente, di residenze all’estero, conoscenza di artisti e curatori con i quali ho potuto avere scambi fruttuosi grazie a opportunità condivise. Per il resto, c’è da dire che è senz’altro un ambiente complesso e articolato, dove ognuno vuole ritagliarsi il proprio spazio. Tuttavia sono dell’avviso che le cose debbano avvenire in modo naturale per essere autentiche ed è con questo presupposto che ho potuto fare le esperienze per me più arricchenti.
Che domanda vorresti che ti facessi?
Ti piacerebbe essere una persona “normale”, con un lavoro normale, una casa normale, uno stipendio normale, una vita normale?
Sì, nella mia prossima vita senz’altro!
Immagine di copertina: Installation view Presso NKD, Artist-in-Residence,Norvegia – Courtesy Antonella Aprile, ph Luigi Massari
Intervista a cura di Elena Solito