Lavorare con lo statuto di un elemento biografico, espediente concreto per la creazione di un’opera d’arte, può risultare ambivalente. Perché vedere il lavoro prodotto? Perché interessarsi a esso quando nasce in maniera esclusiva, veicolato dal rischio di una mordace autoreferenzialità?
Eppure, da qualche parte, in un preciso momento, gli ingranaggi della macchina creativa hanno iniziato a girare. In qualche modo, l’intuizione iniziale ha trovato una via d’uscita, sviluppato l’impeto espressivo che trapela dal nucleo essenziale dell’opera, completa di tutte le sue sfaccettature, dei suoi dettagli e delle sue imperfezioni.
Champagne taste on a beer budget – mostra personale di Fabio Ranzolin, visitabile fino al 5 novembre – inaugura Spazio ORR a Brescia e concede al pubblico la possibilità di entrare nel merito di un lavoro ragionato, dove lo stampo concettuale dell’objet trouvé si colloca e si traduce in situazioni fatte di immagini e ambienti, odori e sensazioni che investono lo spettatore suscitando allusioni e memorie, quasi del tutto inconsapevoli. Il passaggio tra l’uno e l’altro, tra il vissuto soggettivo dell’artista e la ricezione da parte dello spettatore, non è cosa da poco. Le sale dell’artist-run space diretto da Federica Francesconi si caricano di oggetti puliti, nitidi, disposti con cura dall’artista, il quale ha saputo trarre il meglio dall’ex studio di un pittore naif.
Ranzolin (Vicenza, 1993) gioca con i cliché creando soluzioni estetiche volutamente kitsch. All’interno della stanza gialla i rifermenti si sovrappongono: i quadri con girasoli stile Van Gogh, appoggiati a terra, e il dipinto amatoriale di medesimo soggetto su tela prestampata – realizzato dalla sorella dell’artista e mai portato a termine – esaltano il dettaglio. Esperienze, gusti e interessi personali, insieme al colore e al “tappeto” di fieno sul quale si è obbligati a passeggiare, strutturano un ambiente concepito come l’intreccio a maglie larghe di un tessuto oggettuale dalla narrazione fluida. Frammenti e richiami intimi attingono dalle fonti del ricordo e spostano lievemente l’accento su quel che soggiace e riemerge in superficie, sulla “pelle” di quella che noi chiamiamo opera, nata talvolta da pulsioni e attrazioni, istinti e meditazioni.
Il corteggiamento amoroso si impone con sei cocorite di sesso maschile lasciate libere nell’allestimento, annunciate da una citazione di Giorgio Vasari, riportata su una tenda a strisce in pvc trasparente disposta come soglia all’ingresso: «Spesso passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n’era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libertà».
L’impulso sessuale, l’aneddotica dichiarata di delicati e quanto mai sottesi rinvii omoerotici, debitori a film cult e d’essai come Diner (Berry Levinson, 1982) e Blowjob (Andy Warhol, 1964), sono il substrato che si leva nel momento in cui al visitatore è chiesto di prepararsi dei popcorn. Il profumo del mais riscaldato a microonde ristagna nell’ambiente, accompagna in una scia di sottofondo e seduce.
Associazioni si manifestano in tutta la loro prestanza fisica ma affiorano solo mediante il “riconoscimento altrui”. Una coscienza esterna ne decreta il valore, non tanto biografico, quanto oggettivo e universale. L’audio di 24 minuti che riproduce il suono di alcune cocorite in accoppiamento interagisce con un sogno di Leonardo da Vinci, gli scritti di Charles Darwin e la canzone Parole di Burro di Carmen Consoli, interamente eseguita da Ranzolin con uno stile amatoriale. Di fronte al dato artistico è chiaro che l’opera è dipendente dalla biografia del suo artefice «ma non ne è lo specchio», come affermava Jean Soldini. L’artista non può fare altro che includere elementi di esistenza propria rielaborandoli in quanto parti di un lavoro critico, rappresentati in senso letterale (re-ad-praesentàre), riportati a qualcuno come insorgenze di cui non si può fare a meno, che ritornano come il frutto di un presentimento, che trascinano su un piano di anonimato che rende il vissuto personale «interessante per tutti».
Alla luce di un desiderio che pare oggi mercificato, non considerato con la discrezione che si merita, Fabio Ranzolin solca la via di una mise en abîme che colloca l’opera alla giusta distanza, forse ipotizzando, sulle orme di Georges Didi-Huberman , «che ciò che vediamo» è, infine, «ciò che ci riguarda».
Luca Maffeo
Fabio Ranzolin
Champagne taste on a beer budget
30 settembre – 05 novembre 2019
Spazio ORR – Via Cremona 115 – Brescia
Instagram: spazio_orr
Caption
Fabio Ranzolin, Champagne taste on a beer budget – Exhibition View, Spazio ORR, Brescia, 2019 – Courtesy Spazio ORR.