Le opere di Marta Pierobon materializzano racconti, brevi tratti della sua quotidianità, attraverso il linguaggio del disegno e della scultura. Gli oggetti della routine si cristallizzano in una dimensione più intima e viva, mutano forma e funzione, attraversati da un velo di ironia. Negli spazi della Galleria Daniele Agostini a Lugano è possibile conoscere il progetto Surrealismo Domestico, dialogare con i lavori dell’artista allestiti nella personale curata da Stefano Menichini dal titolo Everydayness, visitabile fino al 4 maggio.
Surrealismo Domestico è il titolo di un progetto che è nato qualche anno fa e che presenti al pubblico in occasione di questa mostra, Everydayness, negli spazi della Galleria Daniele Agostini. Gli oggetti della tua quotidianità prendono vita, è come se una volta creati e usciti dalla tua mente creativa diventassero indipendenti da te. Puoi raccontarci come è nata questa idea e cosa significa per te questo progetto? come si inserisce all’interno dello spazio che lo ospita?
Everydayness è una serie di lavori che fanno parte di un progetto più ampio che io chiamo Surrealismo Domestico. Ha a che fare con il rapporto che ho con gli oggetti e le creature della mia quotidianità e dei racconti che racchiudono in loro stessi. Questi racconti aprono le porte a ogni possibilità; io stessa resto a osservare con sorpresa ciò che succede: un pesce può diventare un copricapo, un bracciale oppure degli occhi possono osservarti attraverso un bicchiere, un bambino acefalo cattura la tua attenzione da un angolo della stanza. Quello che mi interessa è riportare al mondo questi racconti attraverso sculture e disegni. La stanza che ho utilizzato nella galleria Daniele Agostini è un ambiente già di per sé domestico; entrando ci si trova davanti non soltanto a un lavandino ma anche a un camino in pietra. Questa sensazione di privato e intimo mi ha stimolato immediatamente e ho deciso di presentare una serie di lavori proprio sul tema, lavorando per assonanza con lo spazio invece che per contrasto. Ho utilizzato le strutture già presenti facendole diventare parti stesse dei lavori.
Le forme mutano diventando strutture inaspettate, scarpe che danno origine a uccelli, bambini acefali, pesci e mani che si inseguono e ripetono come se fossero animati. Le tue sculture hanno superfici grezze, vibranti e sembrano non-finite. Che valore ha per te la materia?
La materia è per me la prima forma di linguaggio, la materia racchiude in sé dei codici che mi permettono di dar vita ai miei racconti. Il principio di ogni mio lavoro è racchiuso proprio nella scelta dei materiali, del rapporto tra loro, i contrasti e le contraddizioni stesse che le diverse materie portano con se in relazione l’una all’altra. Materia lingua viva.
Spesso le opere che realizzi hanno dimensioni molto ridotte e obbligano il fruitore ad avvicinarsi molto al fine di indagare i dettagli. Che tipo di rapporto vorresti che si creasse con lo spettatore?
Per quanto riguarda questo progetto, in particolare mi interessa che si possa creare una sorta di intimità tra lo spettatore e il lavoro. Le dimensioni così ridotte costringono a una grande vicinanza fisica, che porta a una sorta di de-costruzione della percezione dello spazio intorno, rendendo tutto surreale e astratto. È una dimensione mentale quella nella quale si trova lo spettatore che può permettersi di perdere la percezione della propria fisicità per concentrarsi sull’oggetto stesso.
I simboli che tornano ripetutamente in questo progetto ricordano quasi delle contemporanee reliquie di una routine privata. A quale di questi oggetti sei più legata e perché?
Ho nel tempo costruito con ognuno di loro un legame molto personale, sono diventati personaggi e elementi della mia vita, in qualche modo ognuno di loro è il mio preferito dipendendo dal momento e dal mio stato d’animo. Ora credo Selfportrait as a fishbowl sia il lavoro con il quale mi sto mentalmente relazionando di più, ma non è una cosa definitiva e fissa.
Mi sembra interessante sottolineare il lato ironico ma allo stesso tempo malinconico di queste brevi narrazioni scultoree. Cosa mi puoi raccontare di questi due aspetti del lavoro?
Credo che l’ironia sia, per certi versi, sottovalutata. Per me è un elemento fondamentale, una porta d’accesso per poter parlare di cose anche più oscure o tristi senza dover ricorrere al dramma. Per quanto mi riguarda, ironia e malinconia vanno di pari passo, non riesco a separarle. I miei lavori, per quanto allegri, vivaci, colorati parlano anche di grandi nostalgie per un tempo interiore che non esiste più e, probabilmente, anche per delle stagioni che non potranno più tornare se non attraverso il ricordo. C’è un aspetto estremamente legato all’infanzia nel surrealismo stesso, e anche nel mio lavoro.
A cura di Francesca D’Aria
Marta Pierobon
EVERYDAYNESS
30 marzo 2019 – 4 maggio 2019
a cura di Stefano Menichini
Galleria Daniele Agostini – Via Cattedrale, 11 – Lugano
Instagram: smartissimissima
Caption
Oysters tongues – Guscio d’ostrica e terra cruda, 2018 – Courtesy Galleria Daniele Agostini, ph Laura Majolino
Everydayness, 2019 – Installation view, Galleria Daniele Agostini, 2019 – Courtesy Galleria Daniele Agostini, ph Laura Majolino