“Entra, accomodati”. Così Calipso, l’ideale maîtresse di un ambiente fittizio, esorta gli ospiti della Galleria Clima a immergersi nell’opera, quasi ambientale, di Cleo Fariselli.
Invitata in galleria da Francesco Lecci, l’artista attiva tra Milano e Torino, ha creato per l’occasione un percorso espositivo in grado di mettere in relazione la consueta pratica performativa con un suo nuovo approdo a un ambito più concreto e materico.
Cleo Fariselli gioca così con l’ambiente della galleria che si trasforma: non più semplice contenitore ma contesto entro il quale lo spettatore è guidato in una immersione sensoriale, scandita dalle opere.
Pur senza eccessi, la dimensione del “withe cube” viene superata creando un’illusione giocata su tre ambienti cromatici differenti, basati su scarti di temperature luminose, immersi nella sonorizzazione realizzata per l’esposizione da Federico Chiari.

Chi si aggira nelle sale dove è dislocata la mostra, entra, indirizzato dalla finzione di un racconto scritto dall’artista stessa, in un Night Club. Nel locale fittizio, la dea Calipso accompagna gli ospiti parlando loro con la voce sensuale della lettura silenziosa, chiedendo a un te generico e individuale di “concentrarti a fondo sulle mie parole, che le ascolti con gli occhi”.
Seguendo le tracce di un percorso segnato, si entra nella sala della mirror ball, dove comincia l’incontro con le percezioni sensibili su cui l’intera mostra è costruita.
I cinque Gran Papa, personaggi in gesso, palpano con il loro sguardo il nuovo venuto. Sono capi celibi, autonomi, ciechi, creati in un blocco di argilla scavato nel buio della sola percezione tattile dalle dita di Cleo, nel tentativo di rievocare con le mani la memoria della forma di un volto.
Sono teste il cui processo di realizzazione rimanda all’interesse verso l’interazione tra il fare performativo, il concetto e la realizzazione di un oggetto, in una particolare dimensione temporale poi ampliata dall’intuizione sensibile alterata nella fruizione.
Proprio questo differenziale nella percezione è soggetto del “privè” della galleria, dove due scudi di resina ciechi scrutano l’occhio dell’ospite ingannato da sé stesso. Come gli occhi fittizi sviluppati dall’inconscio animale per la sopravvivenza, l’opera porta la riflessione sul rapporto tra significato e significante.

Simile idea di una sorta di percezione negativa è presente in Ahq one, l’opera costituita da vasi in terracotta in cui sono intrappolati volti, osservati dall’interno, privi dell’involucro positivo, a cui si attribuisce un significato arbitrario di interazione tra reale estetico e pensiero razionale.
La dimora milanese di Calipso diventa una casa della ricerca percettiva. Qui il linguaggio sensuale prende forma indicando una modalità attenta tanto allo sfruttamento della vista quanto a un uso più oculato degli altri sensi.
Così nell’ultima sala, si è invitati a seguire il canale oculare deviato di Cleo, cranio in polistirene e gesso dentistico, opera autobiografica dell’artista. Lo sguardo “zoppo”, stanco, è portato a un bivio: la scelta di un occhio, di un punto di vista per percepire lo spazio da abbandonare, verso l’uscita del locale, per allontanarsi da “colei che nasconde, senza fare rumore”, nel percorso narrativo di un risveglio.
Sara Cusaro
CLEO FARISELLI
CALIPSO
a cura di Francesco Lecci
7 dicembre 2016 – 21 gennaio 2017
GALLERIA CLIMA – Via Stradella, 5 – Milano
Immagine di copertina: Calipso – installation view – courtesy Galleria Clima Calipso, ph Marco Davolio