Barokthegreat è un duo fondato nel 2008 dalla danzatrice-coreografa Sonia Brunelli e dalla musicista Leila Gharib. In occasione di Live Arts Week VIII, hanno presentato a Bologna GHOST nuova opera performativa realizzata con la collaborazione del regista londinese Simon Vincenzi.
Come nasce il gruppo performativo Barokthegreat?
Circa undici anni fa, a Norimberga ,ci siamo imbattute in un cartello che pubblicizzava la presenza di un Barockgärten. Al tempo non c’erano ancora gli smartphone e quindi abbiamo cercato di raggiungere questo giardino ma siamo arrivate a un parcheggio di cemento. Da quel giorno la parola Barok ha iniziato a ripresentarsi nella mente, ci piaceva come suonava, la grafica delle lettere unita anche al ricordo del misterioso giardino mai trovato. Al Festival di Avignone, qualche mese dopo, insieme a un amico, abbiamo fatto un video in cui recitavamo la parola Barokthegreat caricando la testa all’indietro per poi emettere la parola tutta di un fiato, come uno svuotamento. Ci piaceva molto ripetere questa parola, ci suggeriva molte cose, un motivo di agire, l’immaginazione di un personaggio, uno scioglilingua, e così, in modo naturale, Barokthegreat è diventato il nome del nostro gruppo, pronunciato e scritto tutto attaccato.
Ghost è il titolo del vostro ultimo lavoro, realizzato in collaborazione con Simon Vincenzi e performato in occasione di Live Arts Week VIII. Com’è nata l’idea di ispirarvi alla cultura footwork e come questo fenomeno influenza la vostra ricerca e pratica artistica?
La Chicago footwork l’abbiamo incontrata sulla rete. Siamo state affascinate dal Battle groundz, il luogo dove footworkers e dj-producer si incontrano per allenarsi e ci ha colpito la precisione dei passi con cui queste persone, per lo più uomini di diversa costituzione fisica, interpretano la velocità della musica. Si percepiva un forte pensiero di libertà espressiva perfettamente coordinato e stretto attorno a una comunità fondata sulla diversità, che sono poi le comunità afroamericane della città di Chicago.
Siamo
state affascinate da tutta la loro storia, da come è nato il genere
footwork e dell’interdipendenza, il legame inestricabile tra la
danza e la musica. I beats frenetici e convulsi scolpiscono il corpo
dei danzatori e, viceversa, uno scatto proposto dal danzatore può
cambiare il corso ritmico della traccia musicale. Tutte le forme
nella footwork si mixano, ripetono e combinano in strutture che
evolvono. Nell’interpretazione della danza è visibile un forte
impatto, sembra uno scontro con la realtà che ti respinge. Anche le
liriche dei brani musicali suggeriscono sensazioni dello stato
d’animo.
Nell’espressione
artistica della cultura footwork oltreoceano, forse per la prima
volta, abbiamo trovato molti caratteri che sentiamo anche nostri,
simili al lavoro in Barokthegreat.
Ha influenzato la nostra percezione, rotto alcune strutture mentali, ci
ha fatto viaggiare con la mente. Nella costruzione dello spettacolo,
insieme a Simon, abbiamo guardato alla footwork sempre come un punto
di partenza, a cui ritornare quando i pensieri si facevano più
articolati e aprivano nuove strade.
C’è
da dire che per prepararsi ad accogliere la footwork nella nostra
pratica, di tempo ne è passato. Osservazioni, ascolti, archivi di
passi, notazioni coreografiche, analisi dei suoni e delle strutture
ritmiche e anche l’incontro con i rappresentanti di questo genere.
Il Ghost è uno dei movimenti base della Chicago footwork. Potete descriverci le azioni che bisogna compiere per farlo? Come avete riadattato questo movimento nella vostra coreografia?
Il passo chiamato “ghost” è uno dei più importanti a cui DJ Rashad ha dedicato una sua traccia, appunto Ghost [da Overkill, Ghettophiles, 2010]. L’idea della mossa è descritta come un’enfasi del volo, tipo planare, scivolare in modo fluido. A parole non riusciamo a dirvi le azioni da compiere, è una danza che si spiega con gli occhi, attraverso l’insegnamento visivo. In generale il ghost nella footwork prende diversi significati, è un fondamento della loro cultura.
Ghost
è anche il titolo scelto per il nostro spettacolo. Nella durata del
lavoro la coreografia rimescola le dinamiche ritmiche delle forme del
piede coinvolgendone la freschezza di nuove. Questo processo è
lontano dall’improvvisazione, è puntuale e inserito con precisione
dentro a un sistema di regole estremamente legato al ritmo e
all’energia del suono; tutto ciò viene definito per raggiungere la
qualità dell’immagine che abbiamo scelto di mostrare.
Nella
durata dello spettacolo di 55 minuti, la Chicago footwork la si può
vedere solo verso i 30 minuti, prima e dopo i bpm sono minori o
maggiori dei 160 bpm in cui si esprime la Chicago footwork. Questo fa
si che l’interpretazione della danza continua a mutare attraverso
l’accelerazione, la percezione tocca sfumature del ballo o di
generi musicali grazie al cambio di velocità.
Il movimento è così veloce da lasciare intravedere solo una scia, il corpo umano sembra immateriale come quello di un fantasma. Credete che questo senso di incorporeità, di evanescenza, di smaterializzazione, possa ben descrivere anche la nostra contemporaneità?
Con
la footwork abbiamo conosciuto la velocità del movimento che
visivamente lascia una scia, ma questo non è facile da farsi. Per
poter andare veloce hai bisogno di una tecnica maturata in giorni e
giorni di allenamento, della coordinazione di tutta la parte
inferiore del corpo. Questo per dire che il fantasma nella footwork è
una capacità che acquisisci, un virtuosismo della fisicità. Un
potere magico che ti puoi giocare da maestro, ed è sorretto da una
forte motivazione. È un apice dell’eruzione coreografica.
Nella
nostra società riconosciamo la presenza di azioni di poca
consistenza e sostanza, in cui appoggia parte dell’immaginario
contemporaneo. Tutte queste azioni di trasparenza non sono gli
effetti di un fantasma che ci attrae e nemmeno portano a delle
ispirazioni artistiche. Guardiamo più ad azioni di presenza in cui
può essere compresa anche la scelta di sparire. Siamo orientati a
cercare un’essenza fantasmatica nella realtà.
Il Ghosting è anche un fenomeno sociale sempre più diffuso, consiste nell’interrompere una relazione senza dare alcuna spiegazione, smettendo semplicemente di rispondere a chiamate e messaggi. Nell’epoca della digitalizzazione e virtualizzazione dei rapporti sociali, dove la fisicità sta lasciando il posto a una quasi totale smaterializzazione del corpo, il medium della performance torna a essere un trend nelle pratiche artistiche. Credete che questa tendenza sfoci da una nuova necessità di riscoperta della corporeità o che sia la diretta conseguenza della predominanza dei canali social per la fruizione di lavori artistici?
La
natura espressiva di un corpo, la fisicità come dinamica per toccare
un limite, sono temi cardini del lavoro di Barokthegreat. Per
approfondire la ricerca sulla corporeità, nella nostra ultima
performance, pensiamo al ghosting come a una delle forme dell’essenza
umana. Quando, verso la fine dello spettacolo, arriviamo a danzare i
200/300 bpm, la velocità elevata è inafferrabile sia per la
percezione dell’orecchio sia per l’esecuzione del movimento. Si
raggiunge uno stato in cui il corpo si slaccia dalle strutture
ritmiche, perde la coincidenza con il beat e aderisce al senso di ciò
che riesce a percepire. Nell’instabilità dei riferimenti
l’immagine, la rappresentazione della danza, prende una forma
vibrante, irreale, inaspettata. Questo è un aspetto della condizione
umana che Barokthegreat è riuscito a rendere visibile.
Se spostiamo la forma del fantasma nel quotidiano, verso quello di cui parli, possiamo dirti che abbiamo trovato forme di ghosting nell’ambito lavorativo. Ci sono addetti ai lavori che spiano senza aprire relazioni, o spariscono senza dare spiegazione. Questa è la realtà, ne siamo tutti colpiti. Il nostro atteggiamento è quello di sfruttare il fantasma che ci circonda, trovare una dinamica in questa problematica e rispondere con meditate azioni di presenza artistica.
a cura di Irene Angenica
Barokthegreat
GHOST Follow my feet, weapons
performance, produzione Xing/Live Arts Week, prima italiana
Live Arts Week VIII
Pinacoteca di Bologna | Salone degli Incamminati – Via delle Belle Arti, 56 – Bologna
Caption
Live Arts Week VIII – 4 | 13 April 2019, Bologna – Credits Ph. Luca Ghedini
Live Arts Week VIII – 4 | 13 April 2019, Bologna – Credits Ph. Luca Ghedini
Live Arts Week VIII – 4 | 13 April 2019, Bologna – Credits Ph. Luca Ghedini
Barokthegreat – GHOST – ph. Barokthegreat
Barokthegreat – GHOST – ph. Barokthegreat