Distanziandosi dalla tendenza concettuale che più frequentemente ha caratterizzato i suoi spazi, la Fondazione smART di Roma propone, fino al 26 febbraio, una mostra di Andrea Kvas interamente dedicata alla pittura, soprattutto focalizzata sulla matericità dei quadri piuttosto che sul loro significato. È in linea con questo intento il titolo dell’esposizione curata da Davide Ferri, Blac Ilid: espressione inventata dall’artista, ricorrente nei dipinti recenti, che non vuole esprimere nessun concetto preciso ma solo trasmettere nella sua pronuncia una particolare sonorità e concretezza. Un’intangibilità concettuale a cui corrisponde una forte presenza fisica.
Che questo sia il principale credo presente in mostra lo attesta, prima della porta d’ingresso, una piccola tela che riporta appunto la scritta “Blac Ilid”, come se fosse l’insegna che accoglie il visitatore in un locale. Attraverso una grande varietà di materiali industriali impiegati nell’edilizia e nella decorazione più che nelle belle arti (colori acrilici, idropittura, resine, solfato di rame, gommalacca, lattice, silicone), Kvas testa i limiti e le potenzialità del linguaggio pittorico, tramite un’astrazione apparentemente involontaria in cui i particolari composti chimici provocano interazioni inaspettate.
Le cinque opere esposte nella prima sala sono contraddistinte da gocciolature incontrollate, da campiture sovrapposte, alternate a tratti puntiformi, e da vaghe forme figurative fluide che rinviano a un ambiente acquatico. Nel primo quadro a destra dell’ingresso queste caratteristiche convivono con tonalità rosate e inserti purpurei, mentre nella tela successiva con un blu più profondo e con una maggior allusione a forme marine (affini a granchi e meduse); analoghi lievi riferimenti al mare e al mondo vegetale emergono anche nell’opera seguente, in una coesione delle tinte precedenti. Negli ultimi due quadri di questa stanza, entrambi su sfondi più uniformi, prevalgono, in uno, colori che colano, nell’altro larghi puntini e una grafia simile al font della scritta “Blac Ilid”.
La stratificazione materica e figurativa, quindi le ampie aree cromatiche che si intersecano e le velature trasparenti intervallate a porzioni più opache, sono caratteristiche del primo ambiente, rese ancor più evidenti nelle ultime due sale. Anche qui questi elementi convivono con le diverse peculiarità di ogni tela: nella seconda stanza l’unica opera non prodotta appositamente per l’occasione allude al terreno lunare, mentre le altre due sono dominate, una da fitte concentrazioni puntiformi, l’altra da un grafismo segnico d’invenzione. Il lento processo di asciugatura e sedimentazione, a cui l’artista sottopone i quadri dopo la loro lavorazione, oltre a renderli diversi dall’aspetto iniziale, contribuisce a quell’effetto di stratificazione che nella terza sala è ancora più esplicito: nelle prime due tele si manifesta tramite intense gradazioni rispettivamente bianche e arancioni, mentre nell’ultima attraverso l’effetto di tessuti sovrapposti.
Definire unicamente astratta la pittura di Andrea Kvas è però un azzardo, non solo perché le macchie di colore movimentate e gli addensamenti di segni intricati sono affiancati da richiami alla figura e al paesaggio. In realtà, il tentativo di definirlo astratto o figurativo risulta vano in quanto non è questa la questione che interessa l’artista, il quale, sia nella fase di produzione sia in quella di asciugatura, è ben più focalizzato sugli elementi costitutivi del quadro e sulle reazioni dovute a densità materiche, riflessi luminosi e impasti cromatici diversi.
Questa dichiarata propensione a considerare le opere non come immagini portatrici di significati ma come oggetti dotati di una propria autonomia, emerge specialmente nell’atto di dipingere la tela in orizzontale riportandola a parete una volta ultimata. Già negli anni precedenti Kvas ha studiato le potenzialità del quadro come oggetto attraverso l’uso di vari supporti distribuiti liberamente nello spazio (tele non intelaiate, tavole di metallo o di legno), con cui ha scomposto e analizzato le componenti della pittura, presentandola al limite della scultura. In questa mostra, tuttavia, il passaggio all’utilizzo della sola tela, dipinta con una maggior processualità in orizzontale e già pensata per la successiva collocazione verticale, segna la riconfigurazione di quel processo di decostruzione: una ricomposizione che, recuperando i limiti del telaio, la direzione e la parete, consente così all’opera di sviluppare più organicamente il suo status di oggetto concreto.
Per l’artista questa modalità di dipingere è il modo più diretto per raggiungere una forte prossimità con la materia che tratta, suo primo interesse: sia quando a terra può accentuare la mediazione fisica tra il corpo e la superficie pittorica in orizzontale, sia nel momento in cui, con l’opera a parete in fase di asciugatura, può monitorare da vicino i mutamenti che si verificano sul dipinto. Quelle variazioni sono già parzialmente previste, dato che l’apparenza di una pittura impulsiva, caotica, dagli effetti impronosticabili è continuamente negata dall’attività molto ragionata dell’artista e dal suo meticoloso controllo sulla materia; o meglio sul quadro ormai reso materia tangibile.
Mario Gatti
Andrea Kvas
Blac Ilid
A cura di Davide Ferri
15 ottobre 2020 – 26 febbraio 2021
Fondazione smART – polo per l’arte – Piazza Crati 5 – Roma
Instagram: smart_roma
Caption
Andrea Kvas, Blac Ilid, 2020 – Installation view at Fondazione smART polo per l’arte – Courtesy Fondazione smART polo per l’arte Roma, ph. Francesco Basileo
Andrea Kvas, Blac Ilid, 2020 – Installation view at Fondazione smART polo per l’arte – Courtesy Fondazione smART polo per l’arte Roma, ph. Francesco Basileo
Senza Titolo (BLAC ILID), 2020 – Tecnica mista su cotone grezzo, 180x180x2,5 cm – Courtesy Fondazione smART polo per l’arte Roma, ph Francesco Basileo