Zhang Huan: a Milano una riflessione fra corpo e rito

Ha il sapore della colta provocazione inaugurare una mostra, in maniera digitale e attenendosi a tutti i limiti da DPCM, il 20 novembre 2020, a Milano, in piena zona rossa.
Inizialmente scoperta attraverso una coinvolgente produzione video, oggi finalmente fruibile in presenza, The Body as Language è una ampia personale dell’importante artista cinese Zhang Huan (Henan, 1965). Realizzata a cura di Flavio Arensi e fruibile fino al 16 gennaio 2021 presso gli spazi della Galleria Giovanni Bonelli, la mostra fa parte dell’ambizioso programma di progetti dedicati a grandi protagonisti dell’arte contemporanea internazionale ideato dalla Galleria Giampalo Abbondio.

Il titolo è un omaggio a Lea Vergine, al suo ruolo fondamentale nello studio e diffusione della body art, corrente artistica esplosa a livello mondiale negli anni Sessanta e ancora oggi al centro del dibattito culturale.
Zhang Huan parte dal suo corpo nudo situato, va alla ricerca dei limiti, indaga in maniera provocatoria e profonda natura e cultura, in sinergia con le più avanzate correnti di ricerca estetica. Nel 1994, con la ormai storica performance 12m2 , apre un primo ponte virtuale fra occidente e oriente, il suo corpo ricoperto di miele rimane immobile per un’ora in un bagno pubblico infestato da mosche e insetti. Il “classico” concetto di body art è evoluto e attualizzato in un luogo fondamentale per la vita pubblica e il rituale asiatico, l’attenzione è traslata dal concetto di benessere e concentrata sulla morte simboleggiata dalle mosche. Lo stesso insetto è analogamente al centro di un’altra opera del 1994, Waiting for Inspiration Red di Damien Hirst, artista nato lo stesso anno di Zhang Huan ma formatosi in un contesto molto differente.
Trasferitosi nel 1998 a New York, l’artista di Henan si apre al pensiero occidentale, è messo a confronto con un nuovo mondo, bulimizza la sua produzione, entra in dialogo con il gigante liberista mantenendo sempre una grande attenzione alle esigenze rituali del suo fare e al dettaglio più sottile e concettuale.



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La mostra milanese, attraverso una serie di opere fotografiche che documentano le sue performance più famose, ripercorre per tappe la carriera dell’artista fino a My Rome, progetto prodotto nel 2005 dalla Galleria Giampaolo Abbondio ed eseguito presso i Musei Capitolini di Roma. Questa l’opera che conclude di fatto la sua stagione performativa, poi il rientro in Cina e le prime grandi installazioni.

Per comprende al meglio l’universo estetico di un’artista tanto potente quanto raffinato è possibile concentrarsi su uno scatto, una singola immagine che racconta To Raise the Water Level in a Fishpond, performance del 1997 in cui Zhang Huan, insieme a un folto e ordinato gruppo di persone, si immerge in uno stagno nel tentativo di alzare il livello dell’acqua. Una prova fisica, riuscita, che fonda la sua esigenza su un un detto cinese secondo il quale un singolo individuo non può influenzare l’ambiente circostante. Corpo, natura, tradizione e infine critica sociale: se un solo uomo non riesce a modificare l’ambiente, una comunità riunita per un fine comune può.

The Body as Language è un racconto per episodi, un antologico processo evolutivo che narra lo svilupparsi della ricerca estetica di Zhang Huan con un distacco storico non dato solo dal medium utilizzato, un racconto che segue le più interessanti correnti del pensiero contemporaneo, in bilico fra est e ovest, fino a un simbolico limite delle possibilità di azione che proietta il fruitore nel nostro presente estinzionista, fra speranze e attese.

Marco Roberto Marelli


Zhang Huan

The Body as Language

A cura di Flavio Arensi

20 novembre 2020 – 16 gennaio 2021

Galleria Giampaolo Abbondio – presso via Porro Lambertenghi, 6 – Milano

www.giampaoloabbondio.com

Instagram: galleriagiampaoloabbondio


Caption

The Body as Language – Exhibition view, Galleria Giampaolo Abbondio, Milano 2020 – Courtesy Galleria Giampaolo Abbondio, ph Antonio Maniscalco