Nel cuore di Milano c’è una chiesa sconsacrata: San Paolo Converso. In questo luogo, ripensato spazio espositivo, è aperto The Restaurant, l’istallazione di Will Benedict (1978, Los Angeles) e Steffen Jørgensen (1990, Copenaghen).
All’interno di un ambiente particolarmente connotato, la mostra si focalizza attorno al video dei due artisti, che si inserisce, trovando il proprio spazio nell’unica navata, rappresentando la sintesi di una nuova sorta di universo: un mondo-stomaco, pronto a ricevere cibo, pronto a trasformarlo, pronto a rigettarlo.
Sebbene forse non esplicitato, il legame con un’ultima cena sacrificale, sembra non poter essere escluso nella visione del montaggio.
A essere narrato dalle immagini in movimento è infatti un momento di coesistenza di peccato, vergogna ed espiazione che ben si addice a essere vissuto su un’altare ormai privato della sua sacralità. La favola raccontata è quella del nostro momento storico, di una economia votata al consumo senza ritegno, dove sovrana sembra, sempre più, diventare l’esperienza del mangiare.

Se nutrirsi risulta infatti una delle necessità ancestrali dell’essere umano, come di ogni altro organismo vivente, questa azione semplice viene oggi ampliata in una serie di correlazioni economiche e sociali che vanno a dettare le dinamiche della nostra vita, privata e comune, all’interno di noi stessi come all’interno dell’ambiente che abitiamo.
Non si tratta più solo di dover rispondere a una necessità, unicamente con lo scopo di ricevere energia. Il rito del pane si è legato a una gamma molto ampia di elementi collaterali e secondari che, nel tempo, sono andati, con il loro eccesso di rumore e invasione, ad ampliare il sistema di bisogni da soddisfare per potersi dire vivi.
Il cibo, non più solo risposta primaria, si è tramutato in un dominatore del nostro vivere sotto l’imperio di una cultura metabolica: la rete e i suoi contenuti, le notizie, la carta, la comunicazione, le regole, gli stati di diritto, la proprietà privata e tutti gli apparati a essa legati che la proteggono, si sono impossessati del nostro tempo.
Così Benedict e Jørgensen propongono una visione della società in cui tutto si tramuta in un processo quasi digestivo. Il sistema risulta essere governato con unico intento: il solo scegliere in quale delle molteplici esperienze metaboliche spendere il nostro tempo e il nostro pensiero, il nostro essere.

Una possibile via di espiazione non viene però totalmente negata. Sembra apparire nel racconto del duo artistico una “seconda via” per l’uomo.
Seguendo le teorie della filosofia Giansenista, anche dai sette inferni è possibile uscire, rigenerati in un corpo nuovo, pronto per dare una seconda possibilità a colui che lo abita. Alien e Sanilien, i personaggi protagonisti sullo schermo, sono l’incarnazione del messaggio: dalla vergogna nata dalla consapevolezza delle brutture fatte per la soddisfazione dei nostri bisogni, è possibile rigenerarsi, grazie a un mondo naturale circostante, non cristallizzato, ma malleabile e flessibile in una logica di inclusione e di opposizione continua.
Sara Cusaro
WILL BENEDICT & STEFFEN JØRGENSEN
THE RESTAURANT
a cura di Steve Kado
02 Marzo – 13 Aprile 2018
CONVERSO – Piazza S. Eufemia – Milano
Immagine di copertina: Will Benedict, Steffen Jørgensen, The Restaurant (2017) – Courtesy Converso, photography by T-space studio