Nel cuore di Torino, a pochi passi dalla natura progettata del Parco del Valentino, ha sede Wild Mazzini, realtà unica nel suo genere. Fondata nel 2018 da Federica Biasio, Clemente Adami e Davide Fuschi, si definisce data art gallery e si presenta al pubblico come la prima galleria al mondo di opere di information design. Lavori affascinanti e intensi, da ammirare con attenzione, ritrovando quella visione lenta che caratterizza la fruizione delle opere d’arte moderna. Informazione e design si fondono, il bello e l’utile si sovrappongono e generano una realtà unica che apre a una riflessione sul concetto stesso di opera d’arte.
Spesso i dettagli fanno la differenza. Per meglio conoscere Wild Mazzini ho ricevuto un file recante, nel suo nome identificativo, la dicitura “Company Profile”. Termine tecnico ma inusuale in un mondo dell’arte che tende ad allontanarsi il più possibile dal concetto di “azienda”. Attraverso quali modalità la Vostra realtà vuole inserirsi nel “Sistema dell’arte contemporanea” e, al di là della collocazione geografica, quali motivi vi hanno portato alla scelta del nome della vostra data art gallery.
Arriviamo tutti da percorsi più o meno lunghi nel settore culturale, anche se questa è la prima esperienza come galleristi, e volevamo mettere subito le cose in chiaro: siamo una realtà imprenditoriale, per quanto piccola e localizzata in un Paese che spesso confonde cultura, show business e dilettantismo.
Dalla “forma galleria” cerchiamo di prendere la cura nelle relazioni con gli artisti e i clienti: l’obiettivo è instaurare scambi duraturi, sopratutto perché le opere di cui ci occupiamo richiedono attenzione per essere comprese e una “visione” per essere valutate.
Wild Mazzini rimanda chiaramente all’indirizzo della nostra prima sede, ma anche all’idea che un storia complessa (come quella di Giuseppe Mazzini) possa essere letta come una frontiera selvaggia, da affrontare con coraggio.
Per meglio comprendere la Vostra offerta culturale, cos’è per Voi l’information design e quali sono le sue più avanzate declinazioni ?
L’information design è una disciplina che sfrutta alcune delle soluzioni del design (che è progettazione ma non solo) per presentare informazioni di varia natura, spesso li chiamiamo dati (non per forza numeri), che possono avere diversi gradi di complessità, allo scopo di rendere comprensibile e valutabile un determinato scenario, evento o fenomeno.
Chiaramente si trovano ottime applicazioni di information design in campi diversi: scientifico, finanziario, giornalistico o nel marketing. Noi cerchiamo quei designer che fanno un passo avanti, sviluppando una propria poetica e portando all’interno delle opere non solo tecnica e contenuto, ma qualcosa della propria esperienza umana, un punto di vista personale che talvolta prende forma di colori, altre volte di tratti specifici. “Avanzare” da l’idea di progresso, ma talvolta si tratta di uno spostamento: dal fattuale all’individuale.

Nell’epoca dell’estetizzazione diffusa quale ruolo posso avere le esperienze comunicative più avanzate legate al mondo all’information design. Sono anch’esse da considerarsi parte della produzione estetica e culturale che viene racchiusa sotto la limitante definizione di “opere d’arte”?
Affrontare il tema così di petto è, almeno per noi, piuttosto difficile.
Una bella foto fatta con uno smartphone e rielaborata con un po’ di gusto attraverso qualche app fa di quella foto un pezzo d’arte? Probabilmente no ma questo non la rende meno bella e la bellezza ci serve e ci aiuta anche se prodotta da un signor nessuno e con strumenti standard. L’arte però è qualcosa di diverso.
Sono due le domande che ci guidano nel valutare l’enorme mole di data visualization, infografiche o video che settimanalmente ci passano sotto gli occhi: l’autore è stato rigoroso nell’affrontare i dati che sottendono quel tema? Quel singolo progetto s’inscrive all’interno di un percorso di ricerca che l’autore sta compiendo?
Le prime due risposte ci permettono di passare alla terza: l’autore cosa voleva mettere in luce? Che cosa cercava di dire?
Ecco, il passaggio dall’estetica all’arte, per noi, è in quella terza domanda, che può anche diventare: l’artista dove voleva portami?
Wild Mazzini ha aperto al pubblico il 20 aprile, inaugurando Prospettiva Italia, la vostra prima stagione espositiva. Potete raccontarci questo progetto e il motivo che vi ha spinti a partire da questa prospettiva?
Quando ci siamo accorti che la “scena italiana” era, non solo molto ricca ma anche estremamente interessante, abbiamo deciso di contattare alcuni tra gli autori che ci avevano colpito di più e che avevano progetti diversi tra loro e riconoscibili.
Così è nata la prima stagione che è davvero un mix: due uomini e due donne, un expat, due liberi professionisti e due persone con ruoli importanti in azienda, tutti con relazioni internazionali forti e frequenti. Ancora: un lavoro su commissione e un progetto accademico, tavole nate su carta e altre su materiali alternativi come plastiche e magneti.
Presentare questa varietà è fondamentale per restituire al pubblico la ricchezza di sfumature che si può raggiungere attraverso l’incrocio tra design, comunicazione e arte.

Il 12 luglio ha inaugurato Minerva di Valerio Pellegrini, ultima tappa di questa prima stagione espositiva. La mostra vuole indagare il pensiero di Kant attraverso la data visualization, potete raccontarci come è stato possibile realizzare questa impresa?
Valerio ha realizzato questo progetto all’interno del Density Design del Politecnico di Milano, lavorando insieme a specialisti tedeschi e italiani, informatici e studiosi di Kant.
A pensarci bene è una cosa da pazzi, ma davvero geniale: cosa succede se prendiamo in considerazione l’intera produzione letteraria di uno dei maggiori filosofi della storia e gli diamo una forma visiva capace di passare dal particolare al generale?
Da Wild Mazzini potete trovare nove delle oltre trenta tavole che Valerio ci ha proposto, divise in due segmenti: le griglie, che elaborano l’intera produzione in sistemi visivi densi di collegamenti, e i flussi che illustrano quanto e come alcuni concetti chiave di Kant siano nati, cresciuti o scomparsi all’interno del corpus.
I quadri sono piuttosto grandi e ci si perde dentro, ma il fascino sta proprio in questo: sapere che dentro lo spazio delimitato dalla cornice c’è tutto un pensiero e lasciarsi guidare dall’occhio nel tentativo di ripercorrerlo.
Intervista a cura di Marco Roberto Marelli
VALERIO PELLEGRINI
MINERVA
12 luglio – 4 agosto 2018
WILD MAZZINI . DATA ART GALLERY – Via Mazzini, 33 – Torino
Instagram: wildmazzini
Immagine di copertina: Federica Biasio, Clemente Adami e Davide Fuschi – Courtesy Wild Mazzini, ph. Francesca Cirilli