WE HYBRIDS! // Istituto Svizzero di Roma

Presso l’Istituto Svizzero di Roma è possibile fruire, fino al 31 gennaio 2021, la mostra We Hybrids!, realizzata con opere di sei giovani artisti elvetici: Vanessa Billy, Chloé Delarue, Gabriele Garavaglia, Florian Germann, Dominique Koch e Pamela Rosenkranz.Il progetto espositivo ha come focus tematico il concetto di ibrido, del quale ogni artista mette in luce aspetti diversi, tutti inevitabilmente legati alla mescolanza di elementi al confine tra uomo/ animale/ natura e un’altra categoria, quella dell’inanimato. Non mancano, all’interno del testo che accompagna la mostra, così come nell’immaginario disegnato dagli artisti, riferimenti ai testi di Donna Haraway, a un ibrido uomo/animale/macchina, alla definizione di una condizione attualissima, dichiarata attraverso il titolo WE HYBRIDS! Una presa di coscienza più che una presa di posizione, in quanto tutti noi siamo (da tempo) creature ibride: dispositivi cardiaci, sostanze di vario genere, strumenti che aumentano le nostre capacità sensoriali, così come smartphone, auricolari e tablet sono i prolungamenti o protesi di un’esistenza non più classificabile semplicemente come “umana”.
Entrando dalla scalinata centrale, muoviamo i nostri passi all’interno della prima sala, animata da elementi ambigui e al tempo stesso familiari, che richiamano subito la nostra attenzione, ribaltando di volta in volta la nostra percezione: tutto appare inizialmente come qualcosa che non è.
Nell’opera TAFAA – TANNED SUBMISSION di Chloé Delarue (1986, Le Chesnay, FR) troviamo una struttura ibrida fatta di latex, peltro di seppia, tubi di neon – incontriamo qui quella condizione descritta da Donna Haraway nel suo Manifesto Cyborg, quell’essere al limite tra “artefice” e “prodotto”. Ancora, quello che si rivela essere un dito oblungo – Human Reach di Vanessa Billy (1978, Ginevra) – a prima vista sembrava una forma appartenente al mondo vegetale. Le foto-ritratto di Gabriele Garavaglia (1981, Vercelli) raffiguranti esseri che in qualche modo sono del tutto ascrivibili al genere umano, prendono le distanze da noi non appena ne incontriamo lo sguardo: uno sguardo animale? Alieno? Sicuramente non umano, ma di difficile definizione.



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All’interno della splendida cornice dell’Istituto Svizzero le opere convivono nello spazio espositivo, guidando lo spettatore in un percorso che non dimentica l’ambiente esterno. Nelle sale troviamo opere di Vanessa Billy, di cui vale la pena ricordare Prises de Conscience: queste fragili e ambigue strutture – relitti di un futuro post-umano – sono le co-protagoniste di un riuscito dialogo con la natura attuale, visibile al di là delle finestre, come la cartolina di qualcosa non più possibile o il fondale scenografico di quella che è ormai solo una rappresentazione ideale.
In Holobiont, titolo della video installazione di Dominique Koch e anche dell’opera al neon presente in mostra, l’artista si riferisce all’olobionte, un organismo fatto di relazioni, associazioni tra componenti di diverse specie. Lo scenario di riferimento dell’opera video è quello capitalista, con le sue contraddizioni intrinseche.
In Viagra Paintings Pamela Rosenkranz (1979, Altdorf) dipinge sotto l’effetto del Viagra; in questo caso notiamo come delle sostanze sintetiche psicoattive o ormonali creino uno spostamento dell’individuo verso il concetto di ibrido.
Infine le opere di Florian Germann (1978, Kreuzlingen), oggetti anch’essi riconducibili al concetto di cyborg, a organismi ibridi nei quali è difficile riconoscere il confine tra la macchina e il prodotto materiale che scaturisce da essa.
La mostra, pianificata all’inizio del 2020 e posticipata per via della pandemia Covid-19, si arricchisce di stimoli e riflessioni legati alle problematiche di questo tempo, al virus come elemento estraneo che genera inevitabili mutamenti nel nostro corpo e nel corpo sociale. Il progetto è perfettamente coerente con i momenti incerti che viviamo e le opere – frammenti di un tutto, elementi smontati e riassemblati – stimolano nuove riflessioni intorno a questi, oggi più che mai, “tempi precari, tempi in cui il mondo non è finito e il cielo non è ancora crollato” (Donna Haraway, Chtulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Not).
We Hybrids! mantiene un contatto diretto sia con il contesto – e quindi con la città di Roma – sia con tematiche attuali, urgenze del nostro tempo sulle quali gli artisti in mostra lavorano senza cadere nella retorica o in una sintesi superficiale ma approfondendo, trovando nuove strade possibili all’interno di una contemporaneità composita, complessa e stratificata.

Alessandra Cecchini


Vanessa Billy, Chloé Delarue, Gabriele Garavaglia. Florian Germann, Dominique Koch, Pamela Rosenkranz

WE HYBRIDS!

16 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021

Istituto Svizzero – Villa Maraini, Via Ludovisi 48 – Roma

www.istitutosvizzero.it


Caption

WE HYBRIDS! – Installation view at Istituto Svizzero, Roma, 2020/2021 – Courtesy the artists and Istituto Svizzero, Roma/Milano – Ph OKNOstudio