“Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. In un contesto di divisioni politiche acutizzate e disuguaglianze economiche crescenti, chiediamo agli architetti di immaginare spazi in cui possiamo vivere generosamente insieme:
· insieme come esseri umani che, nonostante l’individualità crescente, desiderano ardentemente connettersi tra loro e con altre specie attraverso lo spazio digitale e reale;
· insieme come nuovi nuclei familiari alla ricerca di spazi abitativi più diversificati e dignitosi;
· insieme come comunità emergenti che reclamano equità, inclusione e identità spaziale;
· insieme oltre i confini politici per immaginare nuove geografie di associazione;
· insieme come pianeta che sta affrontando crisi che esigono un’azione globale affinché tutti noi continuiamo a vivere”.
‘Insieme’ può essere considerato il termine chiave proposto da Hashim Sarkis per definire l’orizzonte critico della 17. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, da lui curata. How will we live together? sarà aperta al pubblico da sabato 22 maggio a domenica 21 novembre 2021, presso le sedi dei Giardini, all’Arsenale e di Forte Marghera. Il percorso di analisi e proposta parte da una domanda, dalla stessa volontà di costruzione dello spazio comune e privato indagata, fin dagli anni Sessanta, da un ampio campo di ricerca estetico e progettuale, che ha avanzato particolari visioni dell’architettura. Molti artisti hanno cercato di comprendere il mondo che li circonda, di vederlo con occhi sempre nuovi, liberi da giudizi stringenti o dogmatici. Gli anni Settanta, con il loro fare spesso analitico, hanno in parte condotto un’analisi puntuale degli strumenti con cui percepiamo e costruiamo la nostra sfera di vita, dei mezzi con cui comunichiamo.
Quasi in contemporanea con l’apertura della 17. Mostra Internazionale di Architettura, il 27 maggio, presso la sede milanese di Blindarte, sarà proposta al pubblico Ogni ordine è contemporaneo d’ogni altro ordine: quattro modi d’esaminare la facciata del ss. Redentore a Venezia, celebre raccolta serigrafica di Luciano Fabro realizzata fra il 1972 e il 1973, sviluppata anche in formato monumentale, come nel caso dell’opera omonima presente nella collezione del Museo d’Arte della città di Ravenna. Questa creazione di Fabro, legata ai quattro piani di lettura sviluppati da Dante nel Convivio e alla città lagunare, può essere un pretesto per ricordare il rapporto del grande artista con gli spazi architettonici recuperati e condivisi. Verso la fine degli anni Settanta ridà vita, con Hidetoshi Nagasawa e Iole De Sanna, alla Casa degli artisti di Milano, centrale edificio storico che per quasi trent’anni è stato luogo di incontri, produzione, conservazione e discussione fra artisti di diverse generazioni. Un luogo dove vivere e lavorare insieme, un luogo rinato da pochissimo tempo, sopravvissuto al blocco pandemico, e oggi attivissimo e ricco di giovani artisti.
Il 19 maggio 2021 Casa degli Artisti inaugura I luoghi che siamo. Fino al 10 giugno 2021 sarà possibile visitare gli atelier, siti presso l’edificio di via Tommaso da Cazzaniga, di Rebecca Agnes, Chiara Francesca Longo, Rebecca Moccia, Giulia Oglialoro ed Eleonora Roaro. Le artiste, durante la loro residenza, hanno sviluppato in uno spazio permeabile e comune ricerche e lavori personali, accomunati da uno sguardo sui luoghi e le trasformazioni della città. Supporto arcipelago, Milano diviene esempio di un rinnovato modo si stare ‘insieme’, aperto al futuro e alle prossime Olimpiadi, attento al passato e alle nuove esigenze del vivere e del creare comunità.
Marco Roberto Marelli