Ciò che rende ancora oggi estremamente affascinante la visione delle prime pellicole cinematografiche è la leggera accelerazione dei movimenti degli attori, che li fa assomigliare a bizzarri meccanismi sul punto di incepparsi, la presenza di effetti speciali manifestamente finzionali e le scenografie ricreate in studio che riuscivano a racchiudere mondi complessi tra semplici pareti di cartone dipinto senza togliere spazio all’immaginazione. Nell’epoca dell’alta definizione, in cui l’immagine digitale ha pienamente raggiunto l’obiettivo di essere “più vera del vero” e rilancia la sfida con l’illusione di universi paralleli non più antropocentrici, l’uomo deve ancora fare i conti con l’imperfezione e l’imprevedibilità insite nella sua matrice hardware, il corpo e i suoi ancora misteriosi automatismi.
Virgilio Villoresi, autore di apprezzati videoclip d’animazione di ambito musicale e pubblicitario, nella sua produzione artistica ricrea le magiche atmosfere dell’epoca d’oro del cinema muto combinando sofisticate tecnologie di ultima generazione e curiosi oggetti vintage. Le installazioni cinetiche che compongono la mostra Click Clack, curata da Marco Mancuso negli spazi di Adiacenze, danno vita a uno strabiliante labirinto analogico in cui le anse dell’articolato percorso espositivo terminano con sogni prêt-à-porter da azionare tramite pulsante meccanico. Ogni scultura è un ingegnoso generatore di immagini che animano dall’interno la struttura o che si espandono nello spazio circostante in un carosello di proiezioni luminose. Esperto conoscitore dei meccanismi percettivi dell’occhio umano, Villoresi sincronizza flip book, zootropi, lampade ottiche e lanterne magiche per ingannarne le certezze ed evocare malinconici abbozzi di narrazioni incompiute in cui la fine coincide sempre con l’inizio. Le sue macchine celibi infatti, che da spente esprimono un raffinato gusto retro e un’estetica di stampo surrealista, acquisiscono senso solo attraverso la connessione con l’altrettanto complesso apparato sensoriale e cerebrale umano che ne completa il funzionamento.

L’enfasi sulla ridondante fisicità del macchinario e la sua tangibile verificabilità aumenta anziché attenuare la meraviglia per le illusioni che è in grado di produrre, a cui si aggiunge l’ulteriore enigma delle sinergie meccaniche lasciate a vista. A questo modo, oggetti che rievocano ricordi infantili o memorie dei racconti degli anziani assumono un fascino ambiguo in cui il familiare diventa a tratti perturbante perché viene utilizzato come un grimaldello per risvegliare paure ed emozioni ataviche. Così un innocuo giocattolo attiva la camminata di un uomo che non arriverà mai a destinazione ma nel tragitto perderà letteralmente la faccia, un bambino sembra lottare con i propri connotati parzialmente sostituiti da una catena in pericolosa oscillazione, un uomo continua a cadere sotto uno sguardo ingigantito di donna per finire intrappolato nelle lancette di un frenetico orologio mentre una congrega di scheletrini danza in cerchio sulle note di un vecchio motivetto disneyano.
Villoresi è un demiurgo che orchestra senza sbavature suoni, movimenti, forme, stili ed effetti speciali, ma finisce per essere catturato dalla sua stessa trappola: in gran parte delle installazioni, infatti, le sagome sgangherate che ostinatamente cadono, corrono, si smembrano e si ricompongono all’infinito riproducono con maniacale esattezza le fattezze dell’artista che si filma, fotografa e disegna mentre compie i gesti che poi inserirà nelle sue animazioni. Il suo autentico desiderio di scandagliare dall’esterno gli anfratti del proprio fantasmagorico immaginario, per restituirlo frammentato e deformato come se fosse spiato dal buco di una serratura, è all’origine dell’incondizionata empatia che le sue creazioni suscitano al di là di ogni considerazione tecnica ed estetica.

La visita si conclude nei sotterranei della galleria con Virgilio’s Zoetrope, virtuosistica installazione venata di humor noir realizzata appositamente per la mostra: una monumentale giostra meccanica illuminata da luci stroboscopiche gira su se stessa a velocità vertiginosa simulando il cadenzato aprirsi e chiudersi di una serie di teste (rigorosamente ricavate dal calco di quella di Villoresi) in un tripudio di bulbi oculari ballerini. La visione, più convincente di qualsiasi effetto speciale per la sua palese ma chimerica materialità, è un pezzo di bravura che riattualizza e rimette in gioco le tecniche creative del cinema sperimentale dimostrando come forse il mondo reale ha ancora armi per competere con i prodigi dell’alta risoluzione, suggerendo al tempo stesso che per vivere appieno un’esperienza bisogna anzitutto avere un corpo ed essere in grado di relazionarlo con ciò che ci circonda davvero.
Emanuela Zanon
VIRGILIO VILLORESI
CLICK CLACK
a cura di Marco Mancuso
2 febbraio – 15 marzo 2018
ADIACENZE – vicolo Spirito Santo, 1/B – Bologna
2 febbraio – 15 marzo 2018
Immagine di copertina: Click Clack (2014) foto di Luciano Paselli