Si raccoglie all’interno dell’accogliente spazio di Dimora Artica la mostra personale di Mattia Barbieri dal titolo Uno The Full Frontal. Visibile fino al prossimo 8 ottobre, il percorso espositivo, curato da Andrea Lacarpia, si sviluppa nei dei due piani della galleria: uno spazio concentrato di pochi metri quadrati e dal soffitto basso, come concentrati sono i lavori esposti.
È l’idea di convergenza a fare da filo conduttore fra le opere scelte per l’allestimento. Ed è proprio una linea fisica, una linea nera di nastro isolante che ricorda il pennello di Photoshop (elemento spesso presente nelle opere di Barbieri), a creare questo collegamento, anche spaziale, tra i lavori e il luogo. Seguendola ci si presta a osservare un percorso che ha visto la sua nascita in fasi distinte all’interno dello studio dell’artista.

Un primo momento ha infatti la propria origine nella scultura: un corno di bufalo, pendente dal soffitto, sormontato da due figure mitologiche in ottone. È qui che cominciano a essere colti quegli elementi classici, storici, di cultura popolare e di esperienza personale che si sovrappongono nel creare quella densità di significati convergenti nell’occhio dell’osservatore.
La molteplicità dei riferimenti si fa unità già in questa prima opera, anticipando così quanto sarà parte della seconda fase del progetto: le tele. Legati alla precedente ricerca pittorica di Mattia Barbieri, rivolta a scovare l’unione nell’eterogeneo, nella molteplicità degli stimoli esterni, culturali e di esperienza, con l’aggiunta di mitologia e simbologia, questi nuovi lavori vedono gli elementi più diversi raccolti in una esasperazione della ricerca di una totalità che trova espressione compiuta nella superficie della tela e nello spazio piatto del display. Di piccolo formato, le tele raccolgono in sé un compendio di riferimenti mitologici, storico-artistici (chiaro il rimando al Ratto delle Sabine di Rubens) o contemporanei, come il logo dei Ghostbusters. Da potersi osservare anche sotto-sopra, leggere da destra a sinistra e vice versa senza variazioni di significato, le tele si fanno spazio frontale, piatto, di un tempo che viene bloccato nel suo scorrere continuo in un attimo denso. Le stesse percezioni della mente si sovrappongono in una dimensione carica di segni in cui gli opposti si fanno complementari nella loro coesistenza fisica sulla superficie piana. In mancanza di una profondità pittorica tutto si fa soggetto e contemporaneamente sfondo. Così si viene a creare e sviluppare lo stesso rapporto delle opere con lo spazio espositivo: un equilibrio tra elementi orizzontali e verticali, un confronto tra movimenti spaziali, avanzamenti e retrocessioni che prendono vita come in uno schermo, tipico elemento presente nella ricerca dell’artista. Opere e pareti convergono in un gioco di collegamenti e specularità.

Il percorso giunge poi a una conclusione: un nuovo inizio dato da una chiusura ad anello creata attraverso una seconda scultura, un altro corno di bufalo con altre statuette in ottone, non più verticale ma orizzontale. Così Barbieri immerge l’osservatore nella ricercata unità fisica e temporale, dando la possibilità di metabolizzare stimoli e percezioni nell’Uno, ovvero nel tutto.
Sara Cusaro
MATTIA BARBIERI
UNO The Full Frontal
a cura di Andrea Lacarpia
13 settembre – 8 ottobre 2016
DIMORA ARTICA, Via Matteo Maria Boiardo 11 – Milano