Un viaggio ipogeo, intervista ad Angelo Bianco

Angelo Bianco, Direttore della Fondazione SoutHeritage, racconta l’esperienza di un centro dedicato all’arte contemporanea in un luogo dal carattere arcaico. Dalle sue parole si scopre che a Matera nasce un progetto “invisibile e ipogeo” creato per il pubblico nell’anno della candidatura di Capitale Europea della Cultura 2019.


La Fondazione SoutHeritage è un punto fermo per l’arte contemporanea in Basilicata e non solo. Come nasce l’idea di occuparsi di artisti e opere contemporanee in un territorio così radicato nella tradizione?

La Fondazione nasce in Basilicata, una regione eccentrica nel senso di “fuori da ogni centro”, piena di contraddizioni, non spiegabile e non comprensibile con il ricorso a modalità consolidate, bensì attraverso la soggettività dell’esperienza personale. La Fondazione ha scelto di lavorare in un Sud Italia che negli ultimi anni è cambiato ma che, in fondo, è rimasto un territorio “estremo” che permette margini di sperimentazione che in territori meno “liminari” non sono possibili perché assoggettati a politiche culturali mainstream, spesso piene di cliché. In questo quadro il concept fondativo dell’ente, recuperando l’importanza storica della città di Matera e dell’operare sul concetto di spazio e strutture esistenti, ha previsto un dispositivo di “fondazione espansa”. Con questa modalità, SoutHeritage allestisce i vari progetti espositivi presso luoghi storici e simbolici di Matera e della Basilicata, contribuendo alla vivificazione della memoria storico-architettonica e alla riscoperta di luoghi che divengono fonte d’ispirazione per gli artisti. La Fondazione si presenta come un meccanismo capace di dilatarsi nello spazio; non essendo più un luogo in sé, diventa una forma aperta e mobile, capace di modificarsi e modificare pratiche e procedure.
L’esigenza di confrontarsi con particolari contenuti e luoghi ha permesso all’ente di diventare uno spazio metamorfico che punta i riflettori su processi di trasformazione di edifici del patrimonio storico architettonico, mettendoli in relazione con le istanze del presente per generare nuovo capitale creativo.
Con i progetti promossi, numerosi sono i luoghi che hanno contribuito a dinamiche di sviluppo in cui la cultura è divenuta la piattaforma per ripensare l’identità dei manufatti architettonici coinvolti dai progetti espositivi. Il progetto, da sempre, si propone di divulgare l’arte contemporanea partendo da questo territorio che rappresenta “realtà ibride”, frutto di evoluzioni e progettualità scomposte che appaiono sempre più simili al mondo che ci si prospetta nei prossimi anni.

Il 2019 è un anno fondamentale per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura di questa regione, in particolare per Matera dove sono stati attivati numerosi eventi proprio grazie alla nomina di Capitale Europea della Cultura. In che modo si sono inseriti in questa rete i vostri progetti espositivi?

In un quadro di co-creazione alla base di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura, dopo la collaborazione alla stesura del dossier, alla Fondazione SoutHeritage – project leader del programma culturale Matera 2019 – è stato affidato lo sviluppo di un macro-tema: l’architettura scavata e ipogea quale elemento visivo e spaziale. Il progetto, denominato Padiglioni Invisibili, si focalizza sulla responsabilità della ricerca artistica e dell’architettura nella sua attualizzazione, valorizzzione e patrimonializzazione.
Dal punto di vista infrastrutturale il progetto si sviluppa attorno alla rigenerazione di una parte di un sistema sotterraneo di antiche cisterne per la raccolta dell’acqua presenti negli spazi di un antico palazzo, rendendole accessibili a ricercatori, artisti, professionisti e al pubblico. Scavate nel XV secolo, le cisterne sono parte di un sistema comune presente in città, così come in molte aree del Mediterraneo, grazie al quale nel 1993 Matera è stata inclusa tra i siti UNESCO.
L’idea è stata concepita in un ambito di ricerca pluridisciplinare: un terreno di sperimentazione con partner nazionali e internazionali con cui la Fondazione ha coprodotto il progetto. Con la supervisione scientifica di Philippe Nys, filosofo e esperto di ermeneutica dello spazio e del paesaggio, ricercatore presso l’École Nationale Supérieure d’Art Paris-La Villette, sono stati formati tre gruppi di ricerca composti da studiosi, artisti e professionisti nazionali e internazionali provenienti da diversi ambiti disciplinari che spaziano dall’arte all’estetica, dall’architettura alla geografia culturale e politica, dalla filosofia alla geofilosofia, dalla biologia all’ingegneria spaziale, dalla sociologia rurale alle scienze sociali, dalla psicologia dell’arte alle neuroscienze, al fine di realizzare una serie di progetti in situ legati ai temi e agli spazi del progetto.

Padiglioni Invisibili è il titolo di una serie di mostre che stanno facendo rivivere spazi molto particolari della Fondazione. Mi racconti in che modo avete scelto questi suggestivi luoghi e quali difficoltà avete riscontrato nel gestire il rapporto con le opere in mostra?

Il progetto promuove una riflessione sulla responsabilità dell’architettura e della ricerca artistica su uno dei capitali territoriali della città di Matera: l’architettura scavata e ipogea, di cui la città si può considerare una delle capitali mondiali.Il programma, oltre al recupero fisico di alcuni spazi ipogeici, individuati in una serie di spettacolari cisterne site nei sotterranei di Palazzo Viceconte (già Venusio) nel cuore dei celebri Rioni Sassi, ha offerto a spettatori e addetti ai lavori un’opportunità unica per apprezzare il recupero di un esempio del patrimonio territoriale della città di Matera, ma anche una serie di eventi che hanno dinamizzato gli stessi ambienti ipogei recuperati e restituiti alla pubblica fruizione. In questo quadro la Fondazione SoutHeritage, per la realizzazione del progetto, ha costituito un gruppo di ricerca che, oltre al supervisore scientifico Philippe Nys e al team SoutHeritage (Giusy Checola, Angelo Bianco e Roberto Martino) ha visto la partecipazione degli artisti: Eric Aupol e Ferenc Gróf – artisti e docenti presso l’ Ecole Nationale Supérieure d’Art di Bourges – e i loro studenti Thomas Bontemps, Clara Noseda e Kyo-hyun Kim; Alessandra Pioselli, critica, curatrice e direttrice dell’Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo; Ferdinand Richard, Presidente del Fondo Roberto Cimetta di Parigi; Markus Haraldsson, direttore di Global Grand Central di Stoccolma; Angelo Vermeulen, artista, biologo, fondatore del collettivo SEAD – Space Ecologies Art and Design; Matteo Balduzzi, curatore del MuFoCo, Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo; gli artisti Riccardo Arena, Andrew Friend; Giuseppe Fanizza, Tomaso Binga, Maurizio Mochetti; Lucio Fumagalli, Vice-presidente dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale; Gabriella Gilli, Docente di Place Identity presso il Master ”Polis Maker” del Politecnico di Milano e di Psicologia dell’Arte all’Università Cattolica di Milano; Antonello Tolve, critico, curatore e direttore della Fondazione Filiberto Menna di Salerno. Nel progetto si sono dovuti affrontare tutti i problemi legati alla costruzione e progettazione di opere in situ in relazione con i temi del progetto, la particolarità del contesto architettonico-espositivo e i relativi vincoli previsti per siti di interesse culturale; nonostante ciò siamo riusciti a rispondere alla necessità del progetto di osservare, sperimentare e teorizzare, processi di ideazione e produzioni di significazioni immaginarie degli spazi e dei luoghi coinvolti, per una serie di idee utili alla loro rigenerazione e rifunzionalizzazione presente e futura.



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Siamo arrivati all’ultima fase di questo anno intenso e ricco di eventi, è possibile fare un bilancio sull’impatto che le mostre hanno avuto sul pubblico?

Parlare del programma culturale di Matera 2019 significa parlare di un’idea ambiziosa che vede l’investimento in cultura come motore di sviluppo sociale di un territorio, incentivando l’insediamento di artisti, l’offerta alle nuove generazioni, l’attivazione di processi di riqualificazione urbana e sociale, per giungere alla costituzione di un sistema della cultura che abiti trasversalmente la città e la regione.
Nel dossier ufficiale di candidatura della città le linee progettuali non sono state orientate verso grandi progetti culturali “attrattori”, ma verso un’attività continua con un percorso a medio e lungo termine (lo stesso progetto Padiglioni Invisibili non si esaurisce con il 2019).
In questo quadro la città sta scoprendo le potenzialità di queste visioni: appassionati, scuole, abitanti, ma anche professionisti, vengono a Matera per studiare, vedere mostre e partecipare alle iniziative. C’è ancora molto margine di crescita ma come tutti i processi sperimentali il progetto Matera 2019 porta naturalmente con sé un gradiente di rischio connesso alla capacità di trovare l’alchimia giusta per (ri)combinare diversi fattori (i valori, le persone, i modus operandi, le logiche di comunicazione) in una proposta di senso che sia aperta, flessibile, distintiva e di qualità. Ne discende una sfida che sollecita tutte le dimensioni istituzionali: dalla visione culturale alla leadership, dal management alla progettazione. È necessario comprendere che Matera 2019 non rappresenta un punto di arrivo ma l’inizio di altro; soprattutto per gli operatori culturali è questa la sfida: continuare nella direzione che in brevissimo tempo ha condotto un territorio da un passato poco felice, a diventare capitale europea della cultura. Possiamo considerarci un modello che ha sperimentato, in chiave positiva, un‘idea di città laboratorio. Continueremo a metterci in gioco e a essere laboratorio, il 2020 è il vero inizio.

La Fondazione ha sempre scelto di occuparsi di arte contemporanea internazionale ma anche italiana, dando voce ad artisti che hanno popolato gli eventi più salienti di questo campo culturale. Ci sarà, o c’è stato in questo ultimo anno, uno spazio per le generazioni più giovani degli anni Ottanta o Novanta?

Molta della programmazione ufficiale Matera 2019 ha visto il coinvolgimento di giovani creativi come lo stesso progetto Padiglioni Invisibili implementato da SoutHeritage che, come realtà, ha sempre avuto l’obiettivo di esplorare la produzione artistica emergente nel suo farsi, sia pratico che teorico, contribuendo alla formazione e alla diffusione di narrazioni e storiografie alternative del contemporaneo. Il progetto ha previsto il coinvolgimento attivo di circa 30 profili professionali tra architetti, artisti, e professionisti che, attraverso il loro know how, hanno dato vita a un programma di dinamizzazione degli spazi-cisterna recuperati. Di questo gruppo un buon 60 % è rappresentato dalle generazioni succitate con artisti come: Riccardo Arena, Andrew Friend, Giuseppe Fanizza, e/o colletivi quali SEADS collective / Space Ecologies Art and Design (Angelo Vermeulen + Nils Faber) e ENSA collective (Eric Aupol, Thomas Bontemps, Ferenc Gróf, Kyo Kim, Clara Noseda).

Francesca D’Aria


Padiglioni Invisibili

19 gennaio 2019 – 19 gennaio 2020

Fondazione SoutHeritage – Via San Potito, 7 – Matera

www.southeritage.it

Instagram: fondazione_southeritage


Caption

ERIC AUPOL, Tank 1 West Bank, 2019 – Production photo: Eric Aupol for Padiglioni Invisibili, project in the frame of “Matera EcOC 2019” – Courtesy Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea / Matera, credit Eric Aupol

ANGELO VERMEULEN, Seeker [LJ4], 2013 – Isolation mission, on-site researchphoto: Angelo Vermeulen – Courtesy: Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea / Matera, credit Angelo Vermeulen

PADIGLIONI INVISIBILI, 2019 – Production photo, details from research lab at Fondazione SoutHeritage – Image Roberto Martino, Courtesy Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea / Matera

PADIGLIONI INVISIBILI, 2019 – Production photo, details from research lab at Fondazione SoutHeritage – Image Roberto Martino, Courtesy Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea / Matera