Nel ventre di un edificio in restauro, un antico palazzo liberty del primo Novecento, l’arte contemporanea trova una dimora, anzi, ritorna ad abitare quella che era già stata la sua casa. Fino al prossimo 30 novembre, i piani di FuturDome fanno da tetto e riparo per le opere di nove artisti, chiamati a realizzare un’indagine sull’idea dell’abitare.
Si intitola The Habit of a Foreign Sky la collettiva che presenta opere nate per essere in relazione con le stanze del palazzo che un tempo era stato sede del ritrovarsi di un gruppo di artisti futuristi. Già casa dell’arte, l’architettura ritorna in vita con il restauro, vissuto in modo diretto dagli artisti, tutti nati tra il 1982 e il 1988, chiamati a rispondere alla domanda su cosa sia l’abitare.
Sviluppato sui diversi piani, il percorso è stato pensato dai curatori Ginevra Bria e Atto Bellolli Ardessi, per essere fruito solo nel tardo pomeriggio, perché solo quello è stato il momento lasciato agli artisti per “vivere” le stanze che avrebbero allestito. Al termine del lavoro quotidiano dei muratori, entravano loro, per abitare gli spazi con la propria presenza.
Una presenza oscillante tra l’idea di domesticità come protezione e allo stesso tempo repulsione della stessa condizione, per rappresentare quel sentimento di essere “An Emigrant to be/ In a Metropolis of Homes”, come le parole di Emily Dickinson, scelte per dettare il ritmo dell’esposizione, lasciano intuire.

Tutti gli artisti si trovano ad approfondire l’idea di adattamento, di appropriazione, di disposizione verso uno spazio prospettivo fisico, definito eppure aperto alle variazioni della propensione del singolo e della collettività.
Partendo dalle fondamenta dell’edificio si incontrano le nicchie di Guglielmo Castelli, le cui presenze, maschere di identità, abitano il seminterrato. A completare gli ambienti, l’opera di Enrico Boccioletti, continuazione del progetto dal titolo From Settlement to Nomadism.
Dal primo appartamento al pian terreno, ancora sventrato, cominciano a disseminarsi le tracce di un passaggio, attraverso le istallazioni di oggetti quotidiani, resi però non più familiari, di Michele Gabriele.
Al primo piano si sale nel cuore del complesso: in quello che era l’appartamento nucleo di ritrovo dell’ultimo gruppo futurista, anima del palazzo. Questi ambienti sono stati trasformati in toto dalla coppia Ornaghi e Prestinari, per approfondire l’unità abitativa rispetto alla quotidianità.
Si sale ancora poi, al secondo piano, dove la prospettiva geometrica degli spazi viene analizzata dai reticoli dettati dagli elementi naturali che si evolvono, regolari eppure incontrollabili, nelle istallazioni di Valentina Perazzini.

Il piano superiore ospita invece palchi, strutture e arredi ricomposti da Diego Miguel Mirabella. Lì accanto, tra gli stipiti originali che ancora incorniciano le porte, si dislocano le costruzioni materiali di Jonathan Vivaqua, nuove realizzazioni che, negli ambienti vuoti dell’appartamento, vanno a delimitare perimetri fissati che impediscono il libero passaggio. Nel terzo appartamento del piano il contrasto tra l’interiorità e l’esteriorità dell’abitare prende forma nella residenza di Giovanni Oberti, dove gli elementi di arredo si tramutano in tracce del differenziale che intercorre tra apparenza e giudizio.
L’intero attico è stato invece invaso dalle simbologie della narrazione di Alessandro Di Pietro: un percorso spaziale scandito dal ritmo della memoria destata dagli oggetti del vissuto.
In The Habit of a Foreign Sky non si indaga più solo la “casa” ma, accettata questa come definizione del sé, ci si muove per identificare un rapporto con l’altro, inteso tanto come esterno quanto come Altro da noi: una ricerca sull’io, l’habitus e il diverso.
Sara Cusaro
GUGLIELMO CASTELLI, ALESSANDRO DI PIETRO, ENRICO BOCCIOLETTI, MICHELE GABRIELE, DIEGO MIGUEL MIRABELLA, GIOVANNI OBERTI, ORNAGHI E PRESTINARI, VALENTINA PERAZZINI, JONATHAN VIVAQUA
THE HABIT OF A FOREIGN SKY
a cura di Ginevra Bria e Atto Bellolli Ardessi
29 settembre – 30 novembre 2016
FUTURDOME – Via Giovanni Paisiello, 6 – Milano