Suppergiù ha fame di design: intervista a Mister S

Suppergiù Design, e la filiale londinese More or less, costituiscono una realtà giovane e innovativa che si occupa di interior design, industrial design, art direction e comunicazione visiva. Nato nel 2019, ha saputo tessere intorno a sé una valida rete di contatti professionali, partner e prestigiose collaborazioni internazionali.
In occasione del mancato Salone 2020 abbiamo intervistato Mister S, sfuggente demiurgo che ha dato vita al provocatorio progetto industriale che sta sconvolgendo il mondo del design e le nostre abitudini.


Dal 2019 sei a capo di Suppergiù, noto brand. Sarò provocatorio come le tue idee: non parliamo di design, raccontami come è nato il vostro progetto editoriale?

L’idea di una rivista monografica, che non si prendesse troppo sul serio, mi è frullata in testa per anni. Ho cercato più volte di avviare il progetto assieme ad altre persone: mi piaceva la possibilità di condividere le idee e il lavoro. Tuttavia, ogni volta che si tentava di partire con il primo numero, la collaborazione si arenava; ci ho provato varie volte nel corso degli anni, credimi. Forse non decollava perché il mio proposito era di lavorare all’insegna della condivisione, senza la prospettiva di un ritorno economico.
A inizio estate 2019 mi sono detto: “ora basta, lo faccio da solo” e sono partito. È nato così Suppergiù Magazine. Ho poi definito l’argomento dei primi due numeri, che ho realizzato rapidamente.
Parlando del progetto con alcuni amici – in particolare due – sono arrivati dapprima consigli e idee, in seguito – soprattutto durante l’elaborazione degli ultimi numeri – anche aiuti consistenti, sia in fase di brainstorming sia in fase di progettazione e stampa.

Gratuito e per tutti, basta contattare la redazione di Suppergiù per ricevere una o più copie. Cosa ti ha condotto a questa scelta? Non sarai mica un Bollinger Bolshevik!?

Prima di rispondere ho dovuto cercare su Google cosa fosse un Bollinger Bolshevik 🙂 Io direi proprio che non lo sono ma dovrei chiedere a chi mi conosce bene. Scherzi a parte, la stampa e la distribuzione di questa rivista comportano certamente un certo sforzo economico. Prima di avviare tutto ho fatto i miei calcoli e li faccio tuttora, ogni volta che stampo. Non potrò sicuramente andare avanti così per sempre e credo che il progetto Suppergiù (così come si presenta ora) dovrà avere per forza un termine. Poi valuterò se e in che modalità continuare; probabilmente meno uscite nel corso dell’anno e più curate. C’è comunque chi spende molto al mese per scarpe e abbigliamento, a me questo non interessa molto e ho deciso di investire in qualcosa che mi piace.
Tornando alla tua prima domanda: mentre pensavo a come strutturare Suppergiù 1, riflettevo sul fatto che quasi nessuno dà qualcosa gratis. L’idea della condivisione, come dicevo prima, mi è sempre piaciuta molto e mi stuzzicava l’idea di far girare qualche cosa un po’ serio e un po’ frivolo allo stesso tempo, qualcosa che venisse da me e che ci tenevo a fare. Gli obiettivi principali sono divertirmi e sperimentare, e poi comunicare qualcosa. Regalare la rivista è forse anche un modo per non suscitare imbarazzo o senso di obbligazione. Forse lo faccio anche per evitare critiche troppo ingombranti: se ti piace te la do e ne sono contento, altrimenti lasciala per qualcun altro. Inoltre, ero curioso di vedere se così facendo sarebbero sorte collaborazioni e/o scambi, e per ora non sono stato deluso. Ti anticipo anche che il numero 11 verrà stampato per la prima volta senza spendere nulla.



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Ogni pubblicazione un formato e una tecnica di stampa diversa: da quali esigenze nasce questa tua scelta?

In realtà il formato è più o meno costante: si tratta approssimativamente di un A4 per ogni uscita, anche se è vero che ogni numero di Suppergiù è realizzato in modo differente: rilegatura con punti metallici, piega a portafoglio, fogli sciolti, etc. Le tecniche di stampa sì variano molto. Come dicevo è un progetto sperimentale e prima di tutto voglio fare qualcosa che mi piaccia davvero, che mi stimoli e che mi diverta, perciò devo variare. Siccome gli argomenti trattati da Suppergiù sono sempre differenti, trovo sensato che grafica e supporto cambino anch’essi.

Dietro Mister S si cela un docente e un esperto artista che ama profondamente il suo lavoro: quanto è importante la presenza cartacea in questi tempi di smaterializzazione e quale il tuo rapporto con i social?

Per me la carta è molto importante. Io amo tantissimo il digitale e ne sono un consumatore entusiasta ma lo vedo come un complemento al cartaceo. Adoro la “materia” e mi entusiasma vedere come un’idea si possa incarnare in modi diversi nell’oggetto fisico. Se stampi qualcosa in digitale vedrai e toccherai la tua idea in un modo, se usi la serigrafia o la stampa offset lo stesso soggetto si trasformerà in qualcosa di differente, e così anche variando il supporto cartaceo: questo mi piace moltissimo. Ci sono cose che – almeno per me – non potranno mai rimpiazzare la carta; il digitale fornisce un’alternativa ma non è la stessa cosa e questo vale ovviamente anche in senso inverso.
Per quel che riguarda la seconda domanda: uso molto i social, soprattutto Instagram, e scopro così una miriade di cose. Questo avvicinare immagini e persone penso sia davvero incredibile e lo adoro. Allo stesso tempo mi rendo conto dell’estrema velocità con cui si muove tutto: mi capita di scorrere le immagini così velocemente da non ricordare nemmeno i nomi degli artisti che ho visto poco prima. Troppe informazioni. Troppe, troppe. Non le riesco a immagazzinare e quindi le perdo. Al contrario, il supporto fisico ha una presenza e permanenza che mi conforta. Sono da sempre un gran feticista degli oggetti: dischi, libri, cd, riviste, oggetti inutili.

Come nasce il tuo ultimo numero su Salone/Fuori salone e cosa vuol dire per te provocare?

Gli argomenti che affronto in Suppergiù sono scelti a volte casualmente, altre volte come parodia o approfondimento di qualche cosa. Tento sempre di essere ironico e leggero anche se mi rendo conto che spesso viene fuori anche un po’ di seriosità, e forse anche la volontà di provocare a cui accenni. Per me provocare significa spingere a riflettere o a considerare una cosa da un altro punto di vista, anche se questo può arrivare a dare un po’ fastidio.
Il tema di Suppergiù 9 sarebbe dovuto uscire prima: ad aprile, quando normalmente si tengono a Milano il Salone del Mobile e il Fuorisalone. L’idea era di parodiare bonariamente queste manifestazioni, che mi piacciono molto tra l’altro. Tuttavia il mondo dell’interior design – come quello dell’arte contemporanea e della grafica – spesso mi fanno sorridere: tanti termini altisonanti che spesso non comunicano nulla di concreto e servono solo per giustificare prezzi irragionevoli o per vendere ciò che ha deciso il mercato dell’arte, per esempio. In seguito alla diffusione del COVID19 si era detto inizialmente che il Salone sarebbe stato spostato a giugno, e poi è stato annullato tutto. Ho deciso comunque di stampare questo numero di Suppergiù entro fine giugno; peccato solo non poterlo distribuire in via Tortona durante il sabato pomeriggio del Fuorisalone.

A cura di Marco Roberto Marelli


Instagram: suppergiu_magazine


Caption

Suppergiù #1 – Settembre 2019, idea e grafica Suppergiù – Courtesy Suppergiù

Suppergiù #7 – Primavera 2020, idea e grafica Suppergiù, stampa a cura di Tipografia Mistero (tipografiamistero) – Courtesy Suppergiù

Suppergiù #8 – Primavera 2020, idea e grafica Suppergiù, stampa a cura di Suppergiù e a__b___random – Courtesy Suppergiù

Suppergiù #5 – Gennaio 2020, idea e grafica Suppergiù, illustrazioni di Martino Santori (martipesci) – Courtesy Suppergiù

Io – Courtesy Suppergiù