Vasulka, Nam Jun Paik, Fluxus sono pionieri che anticipano quelle che sarebbero state le nuove possibilità dell’interrelazione e dell’interdisciplinarietà dei linguaggi espressivi. Ma è una mostra nel 1968, The machine as seen at the end of the mechanical age, realizzata al Museum Of Modern Art (MOMA) di New York, curata da un innovatore come Pontus Hultén, invitato da Alfred Barr, che consacra definitivamente la video arte come linguaggio autonomo.
Un linguaggio che si è sempre più consolidato come espressione dei tempi, che ha innescato un dibattito intorno al suo status di opera, alla sua conservazione, alla trasmissione e diffusione nei luoghi che funzionano da certificatori di valore (come musei o gallerie) ma, soprattutto, in contenitori virtuali e reticolari in cui le immagini si moltiplicano, si semantizzano o si desemantizzano per costruire nuove significazioni.
Cinque mesi (da gennaio a maggio), cinquanta video e trentasette artisti, è questo il format scelto dal direttore artistico Alberto Ceresoli (Bergamo, 1989) per la rassegna Maratona di Visione, arrivata alla sua seconda edizione. Una scelta che oggi risulta essere in perfetta linea con i tempi. Il display espositivo è una grande vetrina online in cui il tempo della narrazione e quello della visione sono demandati allo spettatore che ne diventa parte attiva, agendo nella determinazione dell’opera, nella sua possibilità di fruizione (autonoma e indipendente) e di lettura. Una lettura della contemporaneità non univoca, che è raccontata e rappresentata con tecniche, estetiche e sensibilità differenti.
L’incontro con l’altro è la prova dell’alterità ma anche luogo di formazione identitaria. Un’identità che appare trasfigurata in Skinned di Francesca Fini, dove un collage di ritratti di opere d’arte del passato si mescolano a possibili selfie rielaborati generando una visione surreale. Un disconoscimento su cui riflette Luca Leggero in Sinead O’Connor’S nothing compares 2 U, in cui il volto della cantante in primo piano diventa occasione per indagare le possibilità dell’utilizzo delle applicazioni mutimediali come Snapchat, in cui le immagini condivise possono essere distorte. Metamorfosi kafkiane in Somniun coleopteraedi Elisabetta Di Sopra e Igor Imhoff, dove il video mostra figure umane che si infrangono nello spazio disgregandosi, e metamorfosi urbane in Pupa (stadio di sviluppo degli insetti) di Marco Ceroni, in cui degli scooter ruotano intorno a un palo, mentre una ballerina danza nella notte con una maschera. Trasformazioni dell’individuo evocate anche in Esercizio 1 (Solo e Collettivo) di Rosy Rox attraverso un viaggio nel tempo, mentre quello condotto da Laurina Piperina in Smithman and the end of the world sembra uscito da un fumetto, con il suo universo fisico e mentale, popolato da ironici personaggi colorati.
Se in Why di Elisabetta Di Sopra il grido è una domanda di un senso, la riflessione sul senso di inadeguatezza viene proposta da Ivana Volpe inLe verre tombe car il est cassè che lascia in uno stato di immobilità, dove il bicchiere non si rompe quando cade ma cade quando è rotto, quando perde il suo significato e il suo equilibrio. Un equilibrio precario del corpo in bilico su un attrezzo ginnico (un quadro svedese) in Quadri di Jacopo Jenna, o le incertezze e le esitazioni come condizione umana, partendo dal pensiero di Barthes sulla ricerca di una propria posizione nel mondo, proposti da Dehors/Audella in Labo, ein Mezzanine un’impasse in due atti (act 1 e 2).
Il limite come possibilità fisica o sociale, il confine come posizionamento geografico trova espressione nel senso di vuoto in Bordeline di Rosy Rox o nell’inquietudine in Silent Edge di Enzo Cillo. Per Cristiana De Marchi è una parola ricamata sul tessuto Doing and Undoing, Borders che affronta tematiche universali (memoria, identità, confini contestati e nazionalismi). Il confine è un luogo chiuso come il carcere in Calotta di Clara Luiselli in cui cerca modalità di evasione in un incontro tra presenza e assenza, o per opposizione è uno spazio aperto. Andreaco in One an Only (Unica e Indivisibile) ripensa alla separazione tra due territori (Italia e Austria) considerando più il concetto di unità che di divisione. In Parade for the landscape, invece, un’opera d’arte pubblica rievoca la leggenda della sirena Leucasia che divide due amanti, ma è anche riflessione su questo territorio estremo.
Il corpo diventa metafora del confine in Liquid Path di Filomena Rusciano che si sofferma sull’idea della migrazione e dell’allontanamento, ma è anche il posto in cui proiettare gli orrori della guerra, nel tentativo di un affrontare un processo di assimilazione in My Body is your body di Marta Lodola, come se fosse anche la nostra guerra. E poi ci sono i luoghi come memorie, in ID. di Rita Casdia il deserto diventa territorio popolato da pupazzi di plastilina colorati che si muovono inghiottiti da un’atmosfera sempre più inquietante. Gli spazi sono reali in Zurich di Stefania Migliorati in cui suggerisce le modalità di condivisione e utilizzo del territorio urbano e In Travel Notebooks: Marseille, France, Silvia De Gennaro mostra il riverbero della luce di una città francese sul mare del sud. La cattedrale di Rodez è invece il titolo del video di Stefano Miraglia, costituito da una sovrapposizione di fotografie che agiscono a livello percettivo come interferenze visive.
Interferenze elettriche sono quelle generate dalle possibilità tecniche e della tecnologia. In Electri-city#5 di Alessandro Fara fenomeni naturali e artificiali hanno come comune denominatore l’elettricità e l’energia, rimarcando l’azione dominante dell’uomo. Uno stato di trasformazione che investe anche Inerte di Daniele Di Girolamo attraverso l’audio come congiunzione tra elementi, e Cosmèsis di Simone Mangione in cui le scansioni dei cosmetici ingigantiti al microscopio lasciano intuire una materia nascosta.
L’azione dell’uomo innescata da dinamiche di mercato è anche il tema per un ragionamento intorno al lavoro con le sue tradizioni, trasformazioni e contraddizioni economiche o ideologiche. Una denuncia del sistema economico che finisce per dimenticare alcune attività surclassate dall’evoluzione tecnica e tecnologica come in Sanctuary e in Worn out di Marcantonio Lunardi. È invece il paradosso tra pensieri nazionalisti e esigenze economiche a tessere la narrazione del video di Hasan Özgür Top, The Atelier, un laboratorio che produce la bandiera turca realizzata dai profughi siriani a Istanbul.
Un vetro si crepa rivelando un cielo nuvoloso che si muove, fino alla ricomposizione di quelle fratture. È Irreparabilità del gestodi Lidia Bianchi, in cui elementi materiali e spirituali sono metafora del tempo e del suo movimento in un ripetersi perpetuo, che investe anche la riflessione sulla natura delle cose di Non toccarmi, guardami di MOVIMENTOMILC (Michele Tarzia e Vincenzo Vecchio). In Fammi una domanda. Del blu e di altre storie di Saggion e Paganello, immagini diverse costruiscono una narrazione cromatica o tematica in cui il blu è il colore dell’abisso anche umano.
Il tempo è celebrato in Prima che l’ora cambi di Megazzo e Pernisa nel passaggio tra l’ora legale e solare, mentre Carlo Miele in Repetitia Iuvant coglie l’inganno della materia della vita per cui l’uomo costruisce la sua realtà attraverso lo sguardo sulle cose. Se Reverse /2 di Manuela Macco e Guido Salvini cerca di mostrare cosa accade quando si decide di cambiare direzione, un’azione ripetuta diventa metafora della ricerca che avanza per tentativi e errori in The triall loop di Fonte/Poe (Alessandro Fonte e Shawnette Poe). Crudo invece, con un duplice significato, il dualismo vita-morte in He art must be pain di Ivana Volpe, in cui un oggetto di natura organica (carne cruda appunto), muta continuamente mostrandosi sminuzzato per poi ricomporsi.
La dimensione quotidiana familiare è rievocata in Panini Burro e zucchero di Francesca Montorfano, che recupera dalla memoria i ricordi della vita pubblica e privata del padre, e in Imagines Maiorum di Monica Camaggi in cui le immagini sono impronte nel tempo, presenti nella loro assenza. In Temporary di Elisabetta Di Sopra è il ricordo di una casa che lentamente si svuota, come appare nella sua nudità la sua proprietaria. Il tentativo di recuperare il ricordo è anche l’intento di Luca Scavone che in Douremeber ricostruisce proprio quella fase di rielaborazione nella memoria.
È in un’ambientazione suggestiva che il concetto di bellezza trova forme espressive attraverso una serie di sequenze, divise in momenti diversi (Symmetries Domestic space, Allegories, Threshold, Measurements) in Snags in palladio di Michele Manzini. La violenza fisica e culturale sulla donna è il soggetto dei video di Marta Lodola in N the name of, in Italian girl must be beautiful e in Senza Titolo (The gift), quest’ultimo realizzato con Valerio Ambiveri. L’amore di Apollo e della ninfa Dafne diventa in E ha piombo dentro la canna di Oreste Baccolini metafora di un amore malato, di una caccia in cui alla preda non resta che la metamorfosi in un albero per salvarsi. E la salvezza mancata è quella di Pietas di Elisabetta Di Sopra in che affida a un’odierna Medea il dolore straziante di una madre alla ricerca dei figli morti nel Mediterraneo.
La conclusione non cronologica né sequenziale, di questo percorso intorno alle narrazioni ospitate, è un lavandino con due mani che si lavano a vicenda in Noi di Molino&Lucidi. Il desiderio di prendersi cura di qualcuno, un istinto di protezione che esprime la consapevolezza di non essere soli, e che risulta essere oggi una condizione psicosociale e un’immagine visiva quanto mai profetica.
Elena Solito
2° MARATONA DI VISIONE, RASSEGNA ONLINE DI VIDEOARTE
25 gennaio – 10 maggio 2020
a cura di Alberto Ceresoli
con il patrocinio e il sostegno del Comune di Bergamo
Grafica e web design: Woodoo Studio | Media Partner: Forme Uniche
Instagram: maratonadivisione
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Hasan Özgür Top, The Atelier ,18’44” 2018 – Project assistant: Deniz Edemir, Enghilsh translation: Payan Ece Özçetin, whit support from: SAHA Protocinema, Thanks to: Hanife Top, Mari Spirito, Özge Inail, Ezgi Akyol, Jimena Gonzalez – Courtesy Maratona di Visione
Andreaco One an Only (Unica e Indivisibile), 5’00” 2016 – For Walking. Arte in Cammino. Audio by Vittorio Giampietro – Courtesy Maratona di Visione
Ivana Volpe He art must be pain, 2’55” 2010 – Courtesy Maratona di Visione
MOVIMENTOMILC (Michele Tarzia e Vincenzo Vecchio) Non toccarmi, guardami, 6’03” 2019 – Courtesy Maratona di Visione
Molino & Lucidi, Noi, 0’59” 2014 – Courtesy Maratona di Visione