Le visioni notturne di Strings, Light and Vision

A volte può risultare accecante, eppure, senza la sua giornaliera presenza, tutto sprofonderebbe nell’oscurità e a nessuno sarebbe consentito conoscere i contorni della realtà. La luce è indispensabile per la visione e la comprensione del mondo che si abita; l’essere umano l’ha ricercata nei secoli durante quelle notti profonde che sembravano non voler mai terminare e ancora oggi, attratto dal suo fascino magnetico, la insegue senza sosta.

Ne è un vivido esempio Strings, Light and Vision, mostra collettiva realizzata a cura di Maria Abramenko e fruibile, fino al 26 ottobre, all’interno degli spazi di White Noise Gallery a Roma. Qui la luce diviene protagonista assoluta nel lavoro di una serie di artisti che ne rintracciano l’essere, la silhouette e le derive in modo inaspettato. Inri di Alessandro Simonini può essere considerato il manifesto visivo dell’esibizione. La minuta scritta al neon, che occupa la parete di fondo all’ingresso della galleria, non si impone con forza all’attenzione, eppure, il suo rosso accesso richiama lo sguardo ponendolo in allerta di un qualcosa d’ignoto e di nuovo. L’artista opera una duplice sintesi: da una parte esemplifica la denominazione latina di Cristo, Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, e dall’altra abbrevia la speculazione esoterica Igne Natura Renovatur Integra (La natura originaria rinasce dal fuoco). L’opera assume un valore duplice, l’ambiguità diviene il significante di eccellenza dell’operazione di Simonini. È evidente come la scelta del rosso sia premeditata: l’iconografia del fuoco come luce della rivelazione viene reinterpretata all’interno dei tubi di neon, nei quali ribollono le forme di un nuovo universo e di una nuova vita pronta a nascere. I temi biologici della nascita e dell’evoluzione, con la loro dose di mistero, vengono anche trattati daAndrea Galvani (1973) che con Noether’s Theorem conquista i cuori del pubblico. Appare nello spazio trasparente l’equazione matematica dalla quale si originano le stelle. La purezza e la freddezza calcolatrice del neon bianco, con il quale prende vita la formula, sono indicative dell’infinito spazio d’azione che precede l’attimo prima della creazione. Affascinanti e poetici, nonostante la loro estrema razionalità, i gruppi di numeri e segni come galassie primitive svelano la bellezza e la potenza dell’universo, l’armonia che si delinea dal caos provocando un sentimento di forte emozione di fronte all’origine della creazione.
Nella stessa sala si trova l’installazione scultorea del trentottenne messicano Mareo Rodriguez. M.E.L.T.S. MATTER ENERGY SPACE TIME, realizzata in resina bianca, plexiglas, vernice e con l’ausilio di un riflettore, emerge estatica dalle pareti della sala, forzando la cornice muraria, tanto da squarciarla. Prismi spezzati cercano di sfiorarsi in un rimando allegorico all’iconica scena della Genesi della Cappella Sistina di Michelangelo, dove la mano dell’uomo e quella di Dio stanno per toccarsi. Intenzione e volontà generano una materia presente e concreta fatta di luce condensata in contrasto con la pesantezza carceraria della forma nera.



White Noise Gallery
fu7_Sali-Muller_String-light-and-vision_2019 © courtesy of White Noise Gallery
fu6_String-light-and-vision_panoramic_view © courtesy of White Noise Gallery
fu2_Andrea-Galvani_String-light-and-vision_2019 © courtesy of White Noise Gallery
Fu0_copertina_String-Light-and-Vision_panoramic_view_2019 © courtesy of White Noise Gallery
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Se Rodriguez si concentra sulla materia è Isabel Alonso Vega a trasmutare in dialettica immateriale lo stesso concetto. Sovrapponendo una serie di panelli di plexiglass Vega intrappola e libera allo stesso tempo la figura scultorea generata dall’incontro di pittura e luce. L’entità ovattata che si riesce a intravedere all’interno del contenitore trasparente è figlia dell’illusione sposata all’evanescenza; l’immaterialità mostra la sua superficie in un’opera che sembra in bilico tra esistenza e sparizione. Al piano inferiore si viene sopraffatti dall’oscurità, contrariamente a quanto avviene al piano terra dove la luce inonda ogni angolo e tafferuglio dello spazio. Avvolta dal manto nero, l’occhio percepisce in modo ancora più vivido i colori aleatori dell’opera di Sali Muller che, come si evince dal titolo Dematerialiserung (I-II), si inserisce nel discorso sull’arte immateriale. Effimera e conturbante, l’installazione si presenta quasi come un fantasma rinchiuso dentro le mura di un castello, pronta a stupire l’immaginazione e stuzzicare la sensibilità della visione con la perfetta trasparenza delle sue tinte che mutano, sfumando in altri colori. Entità sospesa tra cielo e terra, si potrebbe definire straniera o estranea così come l’effetto che agisce su chi la guarda: attratto ma anche perturbato. Lontani dalla cromoterapia, l’alternarsi dei colori riporta alle ricerche sulla luce condotte da James Turrell. Chiude la mostra il collettivo under 30 DUSKMANN che realizza un singolare cortocircuito tra l’idea di caos e di generazione. Nel video si osserva la corrente intenta nell’elettrizzare l’aria come fosse in procinto di creare la vita; sotto di lei un neon abbaglia la visione dell’atto creativo. Interessante è notare la collisione tra i due elementi e tra le due entità che moderano la realtà stessa: l’ordine e il caos. Influenzato dalla scienza, dalla meccanica e dalla fisica dei fenomeni naturali, il gruppo, suggestionato dagli echi di Mary Shelly e di Houdini, mette alla luce un’opera fatta di contrasti e sussurri che svela le contraddizioni e le dinamiche del movimento invisibile che sorregge la vita. Cerebrale, la mostra rivela il suo lato nascosto più emotivo. È una gradazione, una sfumatura di sensazioni e sentimenti che si vive soffermandosi, volta per volta, sulle luminescenti opere. Dato scientifico e romantico, non più nemici giurati, si stringono in un abbraccio affettuoso: forse, in questa impresa, è proprio il soggetto ad aiutare la riconciliazione. Origine di ogni cosa, la luce, con il suo istinto innato, diviene madre, e il suo essere effimero e il suo impeto irrazionale non smettono mai di ottenebrarsi. È lo stesso fascino che si avverte nel vedere la Luna, la malinconia mischiata alla bellezza rischiara la fredda notte e raccoglie i sogni e le speranze destinati a perdersi.

Erika Cammerata


Andrea Galviati, DUSKMANN, Isabel Alonso Vega, Alessandro Simonini, Sali Muller, Mareo Rodriguez

Strings, Light and Vision

a cura di Maria Abramenko

dal 28 settembre al 26 ottobre 2019

White Noise Gallery – Via della Seggiola, 9 – Roma

www.whitenoisegallery.it

Instagram: whitenoisegallery


Caption

Sali Muller, Strings, Light and Vision, 2019 – Courtesy White Noise Gallery

Strings, Light and Vision, 2019 – Panoramic view – Courtesy White Noise Gallery

Andrea Galvani, Strings, Light and Vision, 2019 – Courtesy White Noise Gallery

Strings, Light and Vision, 2019 – Panoramic view – Courtesy White Noise Gallery