Softmachine – il catalogo-magazine dell’installazione transmediale Invitation of the Soft Machine and Her Angry Body Parts

Nel 1961 viene pubblicato per la prima volta The Soft Machine, romanzo cut-up di William Seward Burroughs in cui ci si riferisce al corpo umano come a una ‘macchina morbida’ e dove il personaggio principale è in grado di cambiare corpo e trasformarsi. Nel racconto viene descritto un mondo intermedio tra organico e inorganico controllato da diversi meccanismi, dove la droga costituisce il collante universale e la paranoia una sorta di lingua veicolare. D’altro canto, il linguaggio è additato come un metodo di controllo che costringe l’essere umano a una certa visione del mondo limitandone le interazioni.

Partendo da questa premessa, l’allestimento del Padiglione austriaco alla 59ª Biennale d’Arte di Venezia diventa l’emblema stesso del corpo multiforme: un palcoscenico aperto, stratificato e coinvolgente, che invita il pubblico a esplorare gli spazi del desiderio in modo a tratti ironico, citazionista e futuristico. Sono Jakob Lena Knebl assieme al/alla compagnǝ di vita Ashley Hans Scheirl – artista transgender – ad allestire il padiglione, curato da Karola Kraus. La mescolanza di generi e media fa da sempre parte del lavoro di Jakob Lena Knebl (nata Martina Egger), che non si lascia incastrare né in stereotipi di genere né nelle distinzioni tra le arti. L’artista sostituisce il suo nome di battesimo con quelli dei nonni rendendo così esplicito il suo approccio originale, volto a relazionare il corpo con le costruzioni di desiderio e identità. Dopo una formazione come infermiera geriatrica, l’artista studia moda e scultura testuale, e dal 2021 è docente di arte transmediale all’università delle Arti Applicate di Vienna. Tra gli anni Novanta e i Duemila lavora anche con video e installazioni e co-fonda il marchio di moda viennese House of the very Island’s, casa d’abbigliamento casual d’avanguardia per tutti i sessi, con un focus sulla sostenibilità e su modalità di produzione socialmente eque. Si tratta di un progetto che concepisce la moda non come un’entità chiusa ma parte vitale dei discorsi sociali, politici e culturali.

Già dalla fine degli anni Settanta – all’inizio della sua carriera – anche Ashley Hans Scheirl utilizza svariati media nei suoi lavori, per concentrarsi in seguito sul linguaggio filmico. Con i suoi oltre cinquanta film, tra cui il lungometraggio transgender splaterpunk cybergothic Dandy Dust del 1998, Scheirl è consideratǝ unǝ pionierǝ del movimento queer in arte. Dalla metà degli anni Novanta il suo interesse si concentra maggiormente sulla pittura, coinvolgendo però anche l’architettura, il design e lo stesso pubblico.

Con l’installazione Invitation of the Soft Machine and Her Angry Body Parts, il duo di artisti dimostra di saper mettere in scena in modo emozionante e sorprendente temi decisivi e attuali, affrontando problematiche quali l’identità sociale e l’espressione artistica con spiccato senso dell’umorismo. In uno spazio architettonico ipersaturo e sensoriale, Scheirl e Knebl integrano varie discipline – pittura, fotografia, scenografia, moda, scultura, performance, design e grafica – per offrire al pubblico un’esperienza totale, potente e coinvolgente.



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Coerentemente con la commistione dei media che caratterizza l’allestimento del padiglione, il catalogo è stato concepito come un magazine, distribuito in Biennale e dalla Buchhandlung Walther König di Colonia. Progettato da un team di professionisti – dalle fotografie di Christian Benesch alla direzione artistica di Jakob Lena Knebl, Ashley Hans Scheirl e Karola Kraus – Softmachine si presenta sotto forma di un accattivante magazine patinato dai colori sgargianti, che permette di contestualizzare in modo preciso e originale i diversi approcci coinvolti nell’installazione. Sulle pagine trovano spazio i contributi di artisti, designer e storici dell’arte, oltre a pubblicità, sponsor e partner, con fotografie dal taglio fashion e un layout eterogeneo ma armonioso. Con titoli dai font sempre diversi, l’utilizzo creativo della doppia pagina, articoli, interviste su temi d’attualità e un corredo fotografico da far invidia a una rivista di moda, Softmachine riflette in toto gli scenari stravaganti e profondi di Knebl e Scheirl. I riferimenti artistici sono esplicitati nell’articolo Coraggio! Continuate la lettura! / Take courage! Read on, a cura della storica dell’arte Susanne Neuburger. Il titolo stesso (in due lingue) e l’impaginazione riprendono la doppiezza del padiglione austriaco. Scrive Neuburger: «La struttura suggerisce simmetria se non addirittura specularità. Quest’ultima è un elemento determinante nelle due sale laterali dove la coppia, nelle pose e negli accessori, si pone ripetutamente in rimando reciproco, per poi separarsi esattamente come sono separate le sale principali: Knebl a destra, Scheirl a sinistra». Il duo prende quindi spunto dalla conformazione del padiglione, separato e allo stesso tempo collegato da un portico; ogni artista firma una sezione, ma queste – pur distinguendosi – permangono in uno scambio reciproco. Il lavoro di Knebl esibisce il confronto critico dell’artista con gli anni Settanta e le relative tematiche di politica sociale; citando la storia dell’arte, del design e della grafica di quel decennio, ne evidenzia le forti ripercussioni sul presente. Non a caso sul catalogo è proposto un breve approfondimento sulla rivista underground OZ, con tanto di crediti a Wikipedia e ipertesti lasciati evidenziati nel testo stampato. L’allestimento di Scheirl costituisce invece un autoritratto globale e dettagliato che adopera soprattutto la pittura per giocare con lo spazio attraverso scenari bidimensionali, quasi come ci si trovasse nel proscenio di un teatro. Non mancano i riferimenti al corpo, al genere e al sesso. D’altronde l’ibrido e l’ambiguità fanno parte profondamente di Ashley Hans Scheirl, che descrive la sua arte appunto come ‘trans’: transgender, transgenere, transmediale. Difatti, anche se la pittura resta un elemento centrale della sua produzione, questa approfondisce allo stesso tempo le dinamiche e le relazioni tra i vari media. Sulla rivista, il testo del critico d’arte Guilherme Pires Mata (Ceci n’est pas un anus) racconta come l’installazione possa essere letta come un’allegoria ibrido-oscena, il cui immaginario si trasforma in uno strumento di critica dell’oscenità economica e politica. Le fotografie di Knebl, per esempio – in cui l’artista sembra trasformarsi in un mobile Chesterfield vivente o in una tela di Mondrian – sospingono il pubblico verso un feticismo dell’oggetto tipico della nostra cultura tardo-capitalista. L’immagine del mobile che diventa altro è anche alla base della serie di abiti After Wards di Hussein Chalayan (collezione FW 2000), ispirata a storie di fuga e migrazione, e probabilmente tra le creazioni più famose del modista e artista britannico. Citati su Softmachine nell’interessante articolo “Art, Design, Fasion & Utopia”, i modelli di After Wards diventano parte di una performance: rivestimenti di mobili che si trasformavano in vestiti e mobili che si trasformavano in valigie. «Considero i vestiti, i corpi e la moda allo stesso modo in cui un artista guarda il suo mezzo espressivo», afferma Chalayan nell’intervista con Monica Titton.

Insomma, tutto il progetto Soft Machine evoca specificamente l’estetica degli anni Settanta e lo spirito democratico-liberale di un decennio la cui eredità culturale emancipatrice viene valutata e riproposta. A titolo d’esempio si può addurre il Centre Pompidou di Parigi, inaugurato nel 1977 e chiaramente citato nell’installazione di Knebl. Nel Centre Beaubourg la parte strutturale e funzionale è ben visibile anche da lontano, l’interno dell’edificio aperto e ribaltato verso l’esterno. Oltre all’architettura di quegli anni rivoluzionari, vengono citati e rielaborati anche la moda, l’interior- e il graphic design, con i loro colori intensi e contrastanti, gli effetti psichedelici e un certo horror vacui.

La questione dell’emancipazione si pone oggi in modo completamente diverso. «Abbiamo bisogno di luoghi utopici dove sentirci (più) al sicuro, benvisti e felici», scrive Lisa Holzinger di Sisters+, l’associazione viennese di arte e cultura queer-femminista, che compila con Tony Renaissance, Voiler e Enesi M. il Softmachine Questionnaire di Markus Pires Mata. Il passato diviene strumento per guardare e valutare il presente, e la Soft Machine – come afferma Attila Fattori Franchini nel suo articolo “Sell the house sell the car sell the kids” – salva l’esperienza della controcultura come momento ispiratore della protesta, della liberazione e della diffusione delle idee radicali.

La pubblicazione è quindi una sorta di estensione del padiglione austriaco. Misto tra una rivista patinata e una fanzine di controcultura, Softmachine vuole coinvolgere altre opinioni oltre a quelle del duo Knebel-Scheirl. Allargando il discorso su arte, società e sovversione, lo stampato riunisce cose che a prima vista appaiono inconciliabili in un’estetica di contraddizioni tanto invitante quanto sorprendente. Resta l’invito a partecipare e a prendere posizione, attraverso la conoscenza del passato e dei codici artistici. È proprio l’arte – senza frontiere tra i media e senza confini geografici e temporali – a rappresentare l’ideale veicolo di trasformazione, che può aiutarci nella ricerca e nella costituzione di un’identità.

Simone Macciocchi


SOFTMACHINE

Edited by: Jakob Lena Knebl, Ashley Hans Scheirl e Karola Kraus.

Editore: Verlag der Buchhandlung Walther und Franz König, Colonia.

Art Direction: Alexander Nussbaumer, Benjamin Zivota.

Pubblicata come parte dell’installazione del Padiglione Austriaco, Biennale di Venezia 2022

Instagram: jakoblenaknebl

Instagram: ashleyhansscheirl


Caption

SOFTMACHINE – Ph Simone Macciocchi

SOFTMACHINE – Courtesy Padiglione Austriaco, 59ª Biennale d’Arte di Venezia

SOFTMACHINE – Courtesy Padiglione Austriaco, 59ª Biennale d’Arte di Venezia

SOFTMACHINE – Courtesy Padiglione Austriaco, 59ª Biennale d’Arte di Venezia

SOFTMACHINE – Courtesy Padiglione Austriaco, 59ª Biennale d’Arte di Venezia