Le opere hanno senso non solo nel loro essere oggetto formale o immateriale, come in molte esperienze più contemporanee, ma soprattutto nel loro divenire attraverso lo sguardo del pubblico, in uno scambio di significati che si risolvono in letture stratificate. Forse è proprio seguendo questo concetto che ISORROPIA HOMEGALLERY sceglie di non dare un titolo specifico alla mostra forzando la capacità interpretativa dello spettatore. La sua assenza, al contrario, produce una condizione di spaesamento in cui non si hanno indizi precisi e aziona un meccanismo di osservazione più diretta, nel tentativo di costruire la propria narrazione personale.
Sette gli artisti invitati con le loro rispettive gallerie – Margaux Bricler | Michel Rein, Rowan Corkill | Luisa Catucci Gallery, Sophie Ko e Florian Roithmayr | Renata Fabbri Arte Contemporanea, Iva Lulashi | Prometeo Gallery, Emiliano Maggi e Vincenzo Schillaci |Operativa Arte Contemporanea – che costruiscono un dialogo intorno a Simply Untitled . Gli autori sono chiamati a interagire negli spazi domestici, concepiti come una galleria, all’interno della quale possono muoversi con libertà, portando lavori già realizzati o nuovi.
In questo territorio si profila un’immagine del mondo attraverso le Geografie Temporali di Sophie Ko (Tbilisi, 1981). Fratture e crepe del pigmento puro vanno a costituire forme in continua definizione di sé, mutevoli quanto la sua composizione. Si tratta di immagini di lavori bruciati e ricollocati in una lotta tra forze e tempo. La polvere, chiusa da un vetro che la blocca e la costringe nel suo spazio, è sottoposta a una pressione da cui scaturiscono cedimenti e frammentazioni. Il tempo è parte di quel processo trasformativo in cui sequenze di polverosi rosa, blu savoia misto all’ottanio o evanescenti bianchi, cambiano lentamente e si offrono allo spettatore come porzioni di paesaggi colpiti da uno scisma naturale.
Strati di colore generano strutture seminascoste da monocromi o apparenti lastre di metallo, ottenute con la grafite nera.Piani sovrapposti sono caricati di materia pittorica che si rivela in trasparenza, lasciando segni, strisce e presenze. Vincenzo Schillaci (Palermo, 1984) lavora con una modalità precisa e meticolosa, usando spray, pigmenti e vernici, creando pellicole sottostanti. I campi sono riempiti e annullati, con una gestualità volta a aggiungere e a sottrarre allo stesso tempo, fino a quando la tela appare contrassegnata. L’artista compone più quadri contemporaneamente. Le tinte hanno il tempo di sedimentare per essere ricoperte ancora più volte, fino a quando l’opera acquista la sua forma conclusiva.
Processuale è anche il lavoro di Florian Roithmayr (Germania, 1977), interessato a come le combinazioni di materie diverse si comportano nello spazio. Il suo procedere evidenzia una matrice tutta sperimentale e tecnica, in cui l’estetica finale dell’oggetto artistico ne è una conseguenza naturale. Come naturali sembrano gli organismi, che si realizzano da questa esperienza tra forze. Gesso e poliuretano espanso, si fondono e si separano, creando fessure e spaccature in cui la scultura si disegna. Il risultato riconduce a apparenti manifestazioni marine viola, corallo e ocra, che prendono il sopravvento sul muro del corridoio o nell’angolo del living con Forma n.16, una scultura gialla posizionata su una lastra di acciaio e legno su una base di ferro. La materia si plasma e si modella, per arrendersi nell’atto finale della sua esecuzione.
Dai fondali si riemerge in un viaggio (quasi reale), nell’affascinante territorio delle culture di Rowan Corkill (Scozia, 1986). Un recupero di materiale che sembra provenire da ricerche etnografiche, che permette il profilarsi di entità ibride, in dialogo tra umano e animale. Ciondoli, campanelli, monete e tessuti ornano musi e coprono gli occhi di teste di animali, ottenute con il procedimento della tassidermia, che sembrano uscire da un museo di scienze naturali. È ancora la natura a coprire i soggetti delle fotografie, corpi umani svestiti la cui identità è dissimulata da foglie e uccelli colorati. Una scelta etica e estetica, quella dell’artista, che mette in connessione l’uomo e l’ambiente ma che diventa anche terreno di critica, utilizzando un linguaggio forte e dirompente che non lascia indifferenti.
Un immaginario, al limite tra il fiabesco e il mostruoso, un regno (per restare in tema) in cui sono presenti gli aspetti caratteristici delle storie, è il filo conduttore nelle ceramiche smaltate di Emiliano Maggi (Roma, 1977). Ritrae mezzi busti che ci osservano dalla loro posizione privilegiata su plinti, mentre parti di braccia sembrano indicarci una direzione. E ancora teste in cui identificare ogni sorta di deforme figura che, invece di creare una distanza con lo spettatore, generano l’effetto contrario, suscitando curiosità e producendo un avvicinamento verso il mondo in cui attinge. Narrazioni derivanti dell’oralità primaria, fiabe e iconografie di diverse culture, personaggi oscuri e oscurati nella loro identità, celata dietro innesti fantasiosi, in cui la tradizione (popolare) e la contemporaneità (di linguaggi) trovano un’interessante congiunzione.
Le pennellate rendono indefinite le figure, i contorni sono sfumati e l’immagine eccede in una vibrante idea di ambiguità per Iva Lulashi (Tirana, 1988). Un movimento ondulatorio che sembra seguire lo stesso dei suoi prelevamenti: inquadrature di video presenti sul web, che catturano la sua attenzione e che, a differenza della fotografia, non sono mai completamente fermi. Questa dinamica è l’aspetto che interessa all’autrice, la possibilità di far interferire la pittura in quello spazio, di renderle un’autonomia propria e di permettere all’oggetto finale di essere e diventare molti racconti. Presenze femminili si muovono in paesaggi senza tempo, in momenti di vita intima, avvolte da una sensualità resa con estrema delicatezza. I temi, raffiguranti l’attualità della vita sociale e politica, sono una risposta alla censura operata dalla comunità albanese. I suoi sono quadri come finestre in cui cogliere, ogni volta, un dettaglio diverso che cambia in base alla nostra prospettiva.
Corpi evidenti o che si rivelano per mezzo di altri oggetti, immagini di opere del passato accostate a fotografie, tutte di piccolo formato, contenute in grandi cornici. Una narrazione che scorre, nonostante la volontà dell’artista di superarne la stessa idea. Una ricerca, quella di Margaux Bricler (Parigi, 1985), complessa che adotta pratiche diverse, inglobando elementi tratti dalla sua storia personale. Il suo corpo diventa oggetto, nella scultura di un braccio a cui ha lasciato parte del telaio utilizzato nella fusione. La mano assume una funzione espressiva con la sua gestualità, che si affranca a iconografie precise della storia dell’arte. Come rimanda alla tradizione mitica di Europa, il gesto di bagnare il telo bianco nel Mediterraneo, che si traduce in AGON (3/le vesti di Europa). Due teli tinti di rosso, allusione alle vite che il mare ha inghiottito nel tentativo superare un confine, quello che lei stessa, con la sua osservazione vuole oltrepassare, rimandando a questioni sociali, politiche e economiche.
Se le parole funzionano da segni significanti, che si inseriscono all’interno di un contesto linguistico con una grammatica propria, l’arte parla con i suoi codici e sottocodici tra svelamenti, rivelazioni o omissioni. Un dialogo che si dispiega tra oggetto e sguardo, che si costruisce e si sfalda, si ritrova o si separa in una continua negoziazione di significati.
Elena Solito
Margaux Bricler, Rowan Corkill, Sophie Ko, Iva Lulashi, Emiliano Maggi, Florian Roithmayr, Vincenzo Schillaci
SIMPLY UNTITLED
3 aprile – 18 aprile 2019
ISORROPIA HOMEGALLERY – Viale Beatrice D’Este, 22 – Milano
Instagram: isorropiahomegallery
Caption
Margaux Bricler – AGON (3/le vesti di Europa) – Installation view Simply Untitled, ISORROPIA HOMEGALLERY – Courtesy and Photo ISORROPIA HOMEGALLERY
Emiliano Maggi – Harpeis Vase, 2017 – White glazed ceramic 35x32x28 – Installation view Simply Untitled, ISORROPIA HOMEGALLERY – Courtesy and Photo ISORROPIA HOMEGALLERY
Rowan Corkill, Ablutio-melopsittacus Undulatus, 2016 – Ablutio-Canaria Domestica, 2016 – Installation view Simply Untitled, ISORROPIA HOMEGALLERY – Courtesy and Photo ISORROPIA HOMEGALLERY