A un certo punto la pittura implode silenziosa, il colore diviene carico e denso, delicato in certi casi, fino a scomparire. È narrazione fuori dai margini così come li conosciamo, è vocabolario di segni e codici che si inseriscono in una dimensione libera in cui il quadro “anima l’ambiente”1, per quella sua qualità di oggetto inclusivo che accoglie il mondo esterno e entro il quale il mondo si espande prepotentemente.
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro è la mostra ospitata alla Galleria Renata Fabbri, curata da Lorenzo Madaro e aperta fino al 23 marzo. Il titolo è preso in prestito da un lavoro del 1977, di Mimmo Paladino, che si poneva come alternativa alle esperienze concettuali dell’epoca e che era stato allestito al fianco di alcuni disegni come fosse un’installazione. Per il curatore è un pretesto che rafforza l’idea dell’azione, del gesto e del fare. Un «corpo a corpo» con linguaggi e pratiche diverse sviluppato degli otto artisti coinvolti: Thomas Berra, Francesco Fossati, Alessio de Girolamo, Luigi Massari, Alessandro Piangiamore, Alessandro Roma, Alessandro Scarabello. Opere già realizzate o prodotte appositamente per lo spazio si snodano «non per nuclei, è un procedere per filoni», precisa il curatore.
Filoni che includono la pittura come materiale scultoreo per Alessandro Piangiamore (Enna, 1976). Le sue sono stratificazioni di organismi naturali bloccati in colate di cemento. L’effetto che produce è quello di residui fossili dalle fattezze delicate. Memorie di specie fragili e instabili per via della loro indole caduca sono restituite all’eternità con quel gesto. Un gesto consapevole teso a circoscrivere l’immaterialità (come in precedenti lavori). È nell’incontro con la consistenza del conglomerato che la vita delle cose si deposita in un tempo universale come i fiori in Ieri Ikebana (2018). Se con Piangiamore la natura effimera interrompe il suo corso vitale, per Francesco Fossati (Carate Brianza, 1985) è invece viva e fa la sua apparizione reale. Nella sala superiore in Self portrait as a green loser (sanguinella 2018), due palme disposte al contrario sulla parete fungono da cornice al quadro che non c’è (nella sua accezione tradizionale); a fianco una tela con le scritte loser e green, mentre un tessuto sorretto da rami di canapa industriale compone Ailanto sculto (2018-19), nel sotterraneo. Un pittore agli antipodi che non usa il pennello ma la cui ricerca è focalizzata sul colore che dosa in maniera singolare, contribuendo alla dissoluzione della pittura stessa. Parole stampate su manufatti di lino o canapa hanno una duplice valenza: formale poiché esibiti come presenze pittoriche, sostanziale giacché portatrici di messaggi ambientali sempre più emergenti.
La dimensione vegetale è resa con segni, intrecci e linee che sezionano e analizzano l’anatomia di foglie e rami nei lavori Thomas Berra (Desio, 1986). Una maglia fitta in cui si innesta prima di tutto il colore. Il verde, in tutte le sue declinazioni, irrompe attraverso il disegno, un’azione primitiva che si appropria degli elementi. Selfcare (2019) è una tavola di legno su cui affiora un intricato groviglio di piante, collocata nella seconda sala all’ingresso ne ridefinisce lo spazio nascondendone l’angolo. Nell’alcova sotterranea,il verde è suggerito solo dai soggetti floreali che sono resi attraverso varie gradazioni di grigi in Titolo (2019), trittico in acrilico e china su tela che rivela anche la presenza della figura umana colta di profilo.
Alfabeti visivi, elementi matematico-scientifici, suggestioni musicali e pittura compongono l’articolato pensiero di Alessio de Girolamo (Sanremo, 1980) che si manifesta formalmente attraverso i suoi lavori. A e Z (2019), sono due lettere sagomate su lastre di marmo di Carrara bianco con leggere striature grigie e a fianco Z (2019), una fare dissipativo su tela che riproduce la lettera nera. Come il cubo nero che si staglia al centro di Cube138 (2019), tra la natura di Berra e le visioni di Massari,al piano inferiore in una stanza che sembra una scatola essa stessa. Questa volta un’opera su carta che, attraverso la rigida presenza del poliedro, annulla la possibilità di ogni altra rappresentazione.
Occultamenti e dissimulazioni sono messi in pratica da Alessandro Scarabello (Roma, 1979) nei suoi soggetti solitari, simboli di una società sempre più stereotipa. Scenari surreali accolgono personaggi coinvolti in un processo di deformazione che ne annulla l’identità. I volti sono nascosti e celati dietro cappelli o dall’energetico verde dei cespugli che illumina le pareti della galleria con una forza disarmante come in Birdwatcher (2015) – sopra la scala – e in The Gentlemen #01(2015). Strati e sovrapposizioni per Luigi Massari (Bari, 1978) creano immaginifici paesaggi che si offrono tra suggestioni interpretative in quel loro definirsi per scomposizioni. Terza Soglia, Mimesis 4 e Karma Cleaner (tutte del 2018), sono tele di varie dimensioni, mentre Vettore 2 (2018), è un triangolo di legno collocato al piano superiore che distorce non solo l’idea del quadro ma anche la prospettiva dello spettatore, costretto a guardare più in alto. L’estetica di Alessandro Roma (Milano, 1977) coglie le possibili sfaccettature della pittura nel suo manifestarsi in un procedere attraverso le sperimentazioni della materia. Il tessuto in Drawing (2018), un cotone candeggiato (progetto site specific realizzato nel 2018), la bidimensionalità del quadro in The edges of the landscape (2015/17) e la plasticità dei vasi di ceramica con Untitled (2017 e 2018), queste ultime che trovano una continuità con lo spazio nell’intervento sui plinti che li sostengono. Si alternano pieni e vuoti, ricordi e visioni reali a comporre i soggetti delle sue opere che restano in uno stato di sospensione e di indeterminatezza.
Silenzioso è il viaggio degli artisti che parte e si conclude sempre con un incontro. Un “corpo a corpo” con le cose, gli oggetti, la materia, lo spazio e il pubblico, poi. Tappe di un itinerario pittorico impossibile da definire nella sua totalità. Solo ipotesi sulla pittura e riflessioni sulla sua forma che si iscrivono in un tempo preciso, quello contemporaneo, ma in continua ridefinizione di sé.
Elena Solito
1) Renato BARILLI, Prima e dopo il 2000. La ricerca artistica 1970-2005, Feltrinelli editore, p. 171.
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro
a cura di Lorenzo Madaro
11 febbraio – 23 marzo 2019
Galleria Renata Fabbri – Via Stoppani, 15/c – Milano
Instagram: renatafabbri
Caption
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro – Installation view (Alessandro Roma, Alessio de Girolamo, Luigi Massari) – Galleria Renata Fabbri, 2019 – Courtesy Galleria Renata Fabbri
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro – Installation view (Alessandro Scarabello) – Galleria Renata Fabbri, 2019 – Courtesy Galleria Renata Fabbri
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro – Installation view ( Thomas Berra, Francesco Fossati, Alessandro Piangiamore ) – Galleria Renata Fabbri, 2019 – Courtesy Galleria Renata Fabbri