second best scenario. Il futuro che verrà? Le trasformazioni post umane di Ivana Basic, Benni Bosetto, Ambra Castagnetti e Fin Simonetti

Quale scenario futuristico attende l’uomo postmoderno? Considerando l’attuale contesto geopolitico (in cui il precipizio dell’apocalisse contemporanea sovverte le umane presunte certezze, di cui le società in decadenza sono colme), tra la volontà di produrre oggetti sempre più intelligenti e soggetti sempre più tecnologici, da chi saranno abitate le società del terzo millennio?

L’ambiente rarefatto accoglie lo spettatore disorientandolo e mostrando un luogo alterato dalla presenza di organismi e organi artificiali che simulano quelli biologici, di soggetti antropomorfi, di corpi non completamente umani, residuali di uno scenario apocalittico collocati con chirurgica minuzia. La mostra second best scenario, realizzata presso la milanese Galleria Francesca Minini da Ivana Basic (1986, Belgrade), Benni Bosetto (1987, IT), Ambra Castagnetti (1993, IT) e Fin Simonetti (1985, Vancouver), prende spunto dal libro Terminus radioso di Antoine Volodine e si offre allo spettatore come una galleria di specie ibride.

[…] si finisce in un universo di mezzo, in un qualcosa dove tutto esiste in maniera potente, dove nulla è illusione, ma dove, allo stesso tempo, si ha l’inquietante sensazione di essere prigionieri dentro un’immagine e di spostarsi in un sogno alieno, dentro un Bardo in cui si è come alieni, intrusi assai poco simpatici, né vivi né morti, in un sogno senza via d’uscita e senza tempo” (p. 86).

In Terminus radioso – scritto nel 2016 e pubblicato dalla casa editrice 66THAND2ND – l’autore immagina un universo in cui pochi sopravvissuti da una pila atomica sprofondata nella terra, nutrono questa fonte di energia poiché sono immuni dalle sue radiazioni. Se i personaggi della storia sono una contaminazione tra uomo e superuomo (il soldato Kronauer, la nonna ultracentenaria Ugdol, lo sciamano antropomorfo Soloviei, etc.), le opere in mostra circoscrivono un mondo alternativo alle conoscenze che fin qui abbiamo assimilato, mostrando elementi extra-terreni, alieni e futuristici. Anticipano e normalizzano una visione che si autodefinisce nel progressivo sviluppo dell’ipotesi di una società antiumana.

La presenza dell’uomo nella sua immagine stereotipata è celata da vetri colorati nei lavori di Fin Simonetti. L’artista recupera una tradizione familiare, la lavorazione del vetro, integrando materiali della cultura americana (sua terra d’adozione nonostante le origini italo-canadesi). Il concetto di uomo nella sua accezione di genere è qui indagato attraverso poster che ritraggono acconciature maschili nascoste da vetri lavorati, che a tratti lasciano intravedere solo alcune parti. I titoli di questi lavori, Cathedral e Chapel, sono rappresentazione del suo interesse per i luoghi sacri come destinatari di ritualità e dinamiche collettive. È interessante considerare come nonostante l’inclinazione di una certa corrente che sta alla base del movimento transumano (secondo il quale l’uomo potrà evolvere verso forme evolutive cognitive e fisiche estremizzate, fino a raggiungere possibili e ipotetiche forme antiumane), le dinamiche rituali delle nuove società restino un elemento importante. Il sociologo americano David Riesman,analizzando la società americana e quella occidentale, nel suo saggio La folla solitaria [1],identifica la presenza di individui eterodiretti come prodotti dell’epoca del consumismo. Sottratti alla loro identità di individui sono condizionati dalla massa e si presentano come esemplari di fabbricazione seriale. Incapaci di preservare le proprie differenze di pensiero (tanto che sono privi di contenuti critici), fino ad abdicare alla loro funzione di “animali razionali”, accettano il conformismo come condizione post-umana per allinearsi totalmente con l’ideologia dominante.

Nel suo senso antropologico le culture mutanti che si avvicendano e si avvicenderanno nel III millennio, tracciano una linea di confine tra l’uomo da un punto di vista biologico, il transumano e il cyborg. La volontà di superare l’uomo si inserisce in un quadro concettuale in cui l’evoluzione della specie è forzata da una progettualità tecno-scientifica. Espressione non solo di una corrente, come dicevamo sopra, ma anche di una visione umanista, e oggi diremo post-umanista o anti-umanista (anche se non sono esattamente la stessa cosa) che ha accompagnato e accompagna la storia dell’uomo attraverso tempi e epoche. Il corpo da sempre oggetto di trasformazioni e incorporazioni culturali assume nuove formazioni che consentono di superare limiti biologici, inclinazioni naturali, desideri e ossessioni personali e aspirazioni di superamento dell’uomo.



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Le formazioni futuribili di second best scenario raccontano di organismi alieni e alienanti, di oggetti antropomorfi e di soggetti che assumono le sembianze di un nuovo bestiario umano, attraverso innesti e processi di ingegnerizzazione. Le opere di Ivana Basic si presentano come parti e sezioni di ciò che resta delle specie. Oggetti perturbanti che nonostante l’apparente freddezza dei materiali (alabastro e metallo) sembrano pulsare di vita propria, aprendosi al mondo dei sopravvissuti dall’esplosione. Forse come esito di esperimenti in laboratori asettici sono esposti allo sguardo, mostrandosi come identità da codificare cui attribuire ruolo e spazio nella galassia straniante dell’artista. I microcosmi di Ambra Castagnetti accolgono artificio e natura, specie umane e non umane con un approccio generativo di forme ancora sconosciute. Una visione futuristica in cui le sembianze sono sempre meno mortali, per via di elementi estranei organici che si fondono con esso. Pierre Bordieu (filosofo e sociologo francese) sostiene come il corpo rappresenti il tramite tra l’uomo e le sue relazioni con il mondo, che diventa luogo della mimesi, della trasformazione e dell’antropopoiesi. E il futuro prossimo ci vuole ottimizzati e potenziati fino a ridefinire la nostra stessa natura di specie.

L’epopea di un nuovo mondo è narrata nei disegni a grafite di Benni Bosetti che apre a un vocabolario libero dalle categorizzazioni. Gli oggetti perdono la loro destinazione utilitaristica iniziale per offrirsi come depositari di una misteriosa storia. L’artista crea una topografia post-umana aggiungendo componenti organici e utilizzando vecchi oggetti come i caschi dei coiffeur, come residui di un universo in dissoluzione. Immagini erotizzate di uomini e donne sono illustrati nella loro nudità, testimoni disperati di fronte a un cratere che si apre ai loro piedi, si presentano come figure cui sono stati incorporati parti meccaniche o organismi naturali (piante, arbusti o funghi).

Se lo scenario letterario che diventa spunto di riflessione per la costruzione della mostra è ambientato in una non ben precisata località dell’Unione Sovietica, è quest’ultima che nel parallelismo con l’attualità definisce la previsione di una minaccia nucleare nella terza guerra mondiale in corso. L’uomo contemporaneo è preparato a una guerra totale o a vivere una condizione postatomica? I governi hanno dei piani operativi che siano aggiornati e attuabili? Se dovessimo considerare l’esperienza degli ultimi anni, e trovare una risposta (con la lucidità e l’oggettività di una mente ancora capace di mantenere senso critico nell’annichilimento del pensiero postmoderno), la risposta è assolutamente no a ognuna di queste domande.

Nonostante l’inadeguatezza dell’uomo contemporaneo, le scelte praticate sin qui vedono il profilarsi di decisioni che perseguono linee che rientrano a pieno titolo nelle dinamiche di potere (che sono le stesse da sempre). Fintanto che nell’immaginario massificato il modello dominante (opportunamente edulcorato dai suoi difetti) resta saldo in una rappresentazione obsoleta (che si manifesta attraverso i suoi peggiori simboli), sarà difficile adottare iniziative di pacificazione, soprattutto considerando l’evoluzione delle società verso il concetto di “folla solitaria”, di cui sopra. E quelle folle sono opportunamente manipolate attraverso metodi noti di mistificazione della realtà, in cui la guerra si eleva a nuovo dogma delle società del III millennio (esito di una prospettiva storica recente che ragiona per dogmi), che non accetta posizioni diverse perché minerebbero la credibilità delle proprie.

Se in second best scenario le specie umane e non umane inglobano attributi e organismi, che mutano identità e categorie tassonomiche, alterando la loro qualità di uomo; nello scenario del III millennio si assiste invece, a un quadro desolante delle sue aspirazioni. La guerra come fenomeno storico si definisce sulla base di un fatto antropologico e sociale (l’identificazione di un concetto binario amico-nemico, e di gruppi con valori condivisi che riconoscono in uno di questi il nemico), rappresentando la più alta espressione del fallimento della civiltà. La nuova specie si manifesta così come aliena, che sopravvive nell’alienazione di un mondo di perdenti, in cui non vince nessuno anche quando si issano bandiere. Al limite del cratere di Volodine i sopravvissuti vegliano affinché l’energia rimanga attiva. Nell’anticamera del futuro che è già qui, l’uomo vaga spaesato verso un precipizio che lo sta già inghiottendo.

Elena Solito


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[1] D. Riesman, La folla solitaria, Il Mulino, 2009


www.francescaminini.it

Instagram: francesca_minini


Caption

second best scenario with Ivana Bašić, Benni Bosetto, Ambra Castagnetti and Fin Simonetti – Installation view at Francesca Minini, September November 2022 – Courtesy the artists and Francesca Minini, ph Andrea Rossetti