La cura, La meraviglia e L’armonia: le residenze d’artista e la rivoluzione del futuro. Intervista a Sergio Risaliti

In vista della nuova tappa di Residenze d’artista, programma triennale di residenze presso Manifattura Tabacchi a Firenze, il direttore del Museo Novecento e curatore del progetto Sergio Risaliti ci accompagna tra recenti esperienze con giovani artisti e il futuro del contemporaneo.


Residenze d’artista è il primo programma di residenze a carattere culturale che si svolge all’interno del complesso di Manifattura Tabacchi ed è stato da lei ideato e curato. Cosa l’ha spinta a pensare a una residenza d’artista e a destinarla ai più giovani?

È tutto legato alla storia di Firenze e al suo patrimonio storico-artistico, nato in quelle che si possono definire le residenze artistiche di allora ovvero le botteghe e le officine di epoca rinascimentale. Così come Leonardo da Vinci da giovanetto scendeva in città ed entrava nella bottega del Verrocchio, anche il giovane Michelangelo si recava al Giardino di San Marco, la prima Accademia, o residenza d’artista, voluta da Lorenzo il Magnifico. L’idea era semplice: recuperare il legame tra la storia della città e la sua grandezza in qualità di luogo creativo e di formazione artistica. Firenze è stata potente quando è stata centro di formazione per gli artisti, un luogo in cui si è scommesso sui giovani talenti e si è dato loro modo di crescere e di manifestarsi come grandi protagonisti dell’arte e della cultura. Già al tempo il giovane artista entrava in contatto con i maestri, gli intellettuali, i committenti, gli artigiani ma anche con i commercianti, i produttori e i banchieri di allora: in un’interazione totale e continua tra le discipline artistiche e anche tra quelle politiche e sociali. Io ho semplicemente pensato che fosse giunto il momento di replicare questo modello nella Firenze contemporanea perché penso che la città possa vivere un nuovo Rinascimento proprio partendo dalla formazione artistica e dalla tutela dei talenti tramite collaborazioni tra le discipline e le altre realtà del territorio.
Manifattura Tabacchi, nata come manifattura e ora nuovo centro contemporaneo, era il luogo perfetto e ideale per realizzare questa idea. Penso che questo possa essere il punto di partenza per un progetto di ancora più ampio respiro, su cui mi sto già confrontando con il Comune, che trasformi Firenze nella città delle residenze artistiche non solo in campo artistico ma anche per altre discipline.

Tornando al passato di Firenze, alla sua storia spesso ingombrante, lei ha più volte parlato di rinascimento in progress, possiamo approfondire questo punto?

Si tratta di una mia interpretazione da storico dell’arte dell’Umanesimo e del Rinascimento. Il sonno prolungato di Firenze è dovuto alla considerazione del Rinascimento come di un modello culturale artistico e storico raccolto in sé e racchiuso nella cornice di un’interpretazione idealistica sbagliata: non è né una categoria né un’epoca chiusa in sé stessa. Il primo Rinascimento è diverso dal secondo così come Donatello è diverso da Michelangelo che a sua volta è differente da Giambologna; si tratta di progressi della civiltà artistica completamente diversi tra loro.
Ogni volta che museifichiamo o storicizziamo in modo idealistico il Rinascimento facciamo un grande danno alle epoche passate ma anche, e soprattutto, al presente. Bisogna pensare al rinascimento come a qualcosa sempre in progress che continuamente rinnega sé stesso e la propria versione precedente, creando una specie di catena di anti-rinascimento.

Proseguendo nella nostra dicotomia tra passato e presente, nel Rinascimento la residenza aveva un sapore più locale dovuto alla collocazione geografica e storica della città; oggi invece è un programma aperto a giovani studenti e artisti internazionali.

L’internazionalità è importante perché vogliamo intercettare all’interno delle Accademie di belle arti italiane giovani artisti di provenienze differenti, anzi maggiore è la distanza tra la loro nazione e Firenze e meglio è: questo fa sì che si crei una contaminazione tra tradizione, mentalità e approccio all’arte. L’interscambio è arricchimento per gli artisti e per la loro vita di gruppo, che nel caso di Residenze d’artista ha una durata di sei mesi.

Il programma è molto ricco e comprende workshop e seminari con protagonisti del mondo dell’arte: quali sono i criteri con cui si stilano le esperienze e gli attori da coinvolgere?

In questo caso possiamo parlare di spirito di collaborazione e di dialogo oltre che di contaminazione. Una delle caratteristiche salienti del programma, che lo differenzia da altri, è la produzione di opere collettive, un compito che diamo agli artisti alla fine di ogni workshop. Una piccola perdita di autorialità personale a favore di una collettiva che porta ad una maturazione artistica, culturale e psicologica.
La scelta delle attività e dei protagonisti si basa sulla varietà coinvolgendo molte importanti personalità artistiche. Rilevante è la componente femminile e la presenza di duo artistici come Pantani Surace e Goldschmied&Chiari, così come importanti sono la varietà di tecniche e linguaggi diversi sperimentati dai nostri ospiti: dalla pittura alla scultura fino al video; nell’ultima edizione, ad esempio, abbiamo convocato Rä di Martino, tra le personalità più importanti del panorama contemporaneo che lavora con un linguaggio cinematografico.
Il fine ultimo del progetto è formare e far maturare una personalità artistica.



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È partita da poco la selezione per gli artisti de L’armonia, ultima edizione di Residenze d’artista. Con Michelangelo Giombini (Head of Product Development di Manifattura Tabacchi), l’artista Paolo Parisi e l’Art Project Manager Caterina Taurelli Salimbeni lei forma il comitato di selezione: quali sono le caratteristiche che prediligete nella scelta dei finalisti?

Cerchiamo di mescolare molto le carte! In primo luogo selezioniamo gli artisti sulla base delle diverse tipologie di approccio artistico, di tecniche e materiali e di linguaggi. In un gruppo di sei è giusto che qualcuno sia indirizzato verso la pittura, qualcun altro alla performance o ancora all’utilizzo di mezzi tecnologici avanzati. La contaminazione e lo scambio tra esperienze così diverse fa sì che ogni protagonista diventi strumento di arricchimento per l’altro.
La selezione avviene anche su criteri oggettivi: guardando il curriculum vitae di ogni candidato siamo già in grado di effettuare una prima selezione intuitiva. Col tempo, assieme agli altri membri della giuria, abbiamo imparato a scorgere dietro le quinte di un’opera o di un curriculum per scoprire la personalità che vi si nasconde. Quest’ultima è uno degli elementi per noi più interessanti – assieme al luogo di origine – perché deve mescolarsi assieme alle altre. A oggi siamo molto soddisfatti dei giovani selezionati, lo dimostra la qualità dell’ultima mostra La meraviglia con le opere dei finalisti della seconda edizione da poco conclusa: Davide D’Amelio, Anna Dormio, Bekhbaatar Enkhtur, Esma Ilter, Giulia Poppi e Negar Sh.

Giunti quasi alla fine del progetto triennale, quali sono le sue impressioni sulla nuova generazione di artisti?

C’è una grande differenza tra gli artisti che hanno partecipato alla prima edizione, La cura, e quelli che hanno da poco concluso la loro esperienza, il gruppo di La meraviglia. Il primo era un gruppo smaliziato, già a conoscenza dei meccanismi del sistema dell’arte e perciò capace di spersonalizzare il proprio lavoro per integrarlo coi linguaggi e le metodologie del contemporaneo, mentre i protagonisti del secondo gruppo erano più esposti, quasi disarmati e molto più attaccati alla propria biografia con lavori da artisti già consapevoli. Sono molto curioso di scoprire cosa succederà per L’armonia!

Abbiamo già menzionato i tre temi di cui si compone il programma di residenze, quasi dei pilastri su cui costruire la propria vita. Ci può raccontare cosa l’ha spinta a formulare questo trittico?

Ho scelto queste tre parole perché sono fondamentali per stare al mondo oggi e per avere un ruolo al suo interno, anche alla luce delle drammatiche emergenze e dei problemi dell’attualità: geopolitici, ambientali fino a quelli psicologici.
La ‘cura’ perché ritengo che all’interno di una manifattura gli artisti debbano sapere cosa vuol dire aver cura del dettaglio, del manufatto ma anche degli altri e del rapporto tre sé e gli altri. Bisogna avere cura dell’ambiente, dei luoghi, della società e bisogna prendersi cura del mondo, della soggettività e dell’altro.
La seconda parola è ‘meraviglia’: forse non c’era parola più utile in questo periodo. Una meraviglia nata dallo stupore di quello che è accaduto, sia positiva sia negativa ma pur sempre presente. Lo stupore di riscoprire un mondo fatto di silenzio e di solitudine e vederlo come qualcosa di nuovo e diverso. La meraviglia come elemento fondamentale di ogni atto artistico, perché l’artista deve sapersi meravigliare del mondo ma anche perché deve riuscire con la sua arte a provocare meraviglia nello spettatore. Penso che le opere prodotte nell’ultima edizione abbiano colto perfettamente questo aspetto, specialmente i lavori di Esma Ilter e di Davide D’Amelio.
Infine l’’armonia’: l’esito finale dei due precedenti temi. Armonia è parola magica, dovremmo tatuarcela tutti su una parte del corpo! Dobbiamo entrare più in contatto con il mondo circostante che siano gli altri, la natura o il cosmo: ci vuole un po’ più di armonia!

Un’ultima domanda: cosa ne pensa del rapporto tra un progetto come Residenze d’artista e una città il cui substrato culturale ha fatto fatica per tanto tempo a venire a patti con il linguaggio contemporaneo?

È una lunga guerra: alcune battaglie sono state vinte e abbiamo conquistato delle posizioni.
In questa città temo la recessione culturale e l’arroccamento sulla rendita di posizione, e ho paura che nel tentativo di recuperare risorse e numeri si usino i grandi attrattori come la Galleria degli Uffizi e l’Accademia di belle arti e che sul contemporaneo si punti su grandi nomi o su tematiche spettacolari così da attrarre nuovamente le masse di turisti e poter far leva sulla quantità.
Ho il timore che sotto i grandi alberi non cresca più nulla. Questo sta già avvenendo in altri settori come il commercio e l’industria o l’editoria: laddove domina l’oligarchia delle grande multinazionali ciò avviene a discapito delle nicchie e delle piccole eccellenze.
Le residenze possono essere il futuro e non più in modo carbonaro. È necessario puntare non solo all’esperienza del fruitore dell’arte ma anche alla formazione di giovani artisti, curatori e studiosi dell’arte contemporanea. A tal proposito vorrei soffermarmi sulla politica culturale messa in atto dal Museo Novecento, un’istituzione pubblica col compito di educare e favorire la conoscenza, che si dedica a temi e a personalità minori senza curarsi del numero di visitatori.

Concludiamo con un’indiscrezione: ci sarà una nuova trilogia?

Lo spero perché le residenze hanno bucato lo schermo e hanno reso Manifattura Tabacchi un centro di formazione e un punto nevralgico di un nuovo rinascimento fiorentino e italiano agli occhi degli stakeholders internazionali. Squadra che vince non si cambia!

A cura di Martina Aiazzi Mancini


Residenze d’artista

a cura di Sergio Risaliti

Manifattura Tabacchi – Via delle Cascine 33 – Firenze

www.manifatturatabacchi.com

Instagram: manifatturatabacchifi


Caption

La curaLove Is Theft, opera collettiva, Manifattura Tabacchi, Firenze, 2019 – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph. OKNO studio

Workshop con Rä Di Martino, Raw Fish, Manifattura Tabacchi, 2020 – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph Leonardo Morfini

La meraviglia, Manifattura Tabacchi, Firenze, 2020 – Exhibition view – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph Leonardo Morfini

La meraviglia, Manifattura Tabacchi, Firenze, 2020 – Exhibition view – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph Leonardo Morfini

La meraviglia, Manifattura Tabacchi, Firenze, 2020 – Exhibition view – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph Leonardo Morfini

Anna Dormio, Boom Boom Papà, 2020 – Ritagli di cataloghi di armi su parete, dimensioni variabili, Manifattura Tabacchi, Firenze – Courtesy of Manifattura Tabacchi Firenze, ph Leonardo Morfini

Sergio Risaliti – Courtesy of Manifattura Tabacchi