Immagini con astrazioni pittoriche; geometrie, lirismi espressionisti o surreali porzioni di realtà; nature vive e morte; assenza di colore o cromatismi pop. Cinque franchi per la riproduzione di un’opera il cui importo è stato devoluto in beneficenza all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, per un lavoro scelto all’interno di una selezione di immagini stampate con una normale stampante laser a colori. Non potrebbe esserci nulla di più democratico di ciò che ha caratterizzato la sezione Project Space della scorsa edizione di WopArt Lugano, luogo dove queste realtà sono state invitate a partecipare per la prima volta.
International Laser Print Show è stata la mostra che ha interessato l’intera sezione, supervisionata da Luca Zuccala, ideata da Marco Roberto Marelli e realizzata a cura di Dario Moalli con la collaborazione di Chiara Spiaggiari.
Adiacenze (Bologna), Almanac (Londra/Torino), Avto (Istanbul), Circuit (Losanna), Current (Milano), Kunsteiverein (Milano), Like a little disaster (Polignano a Mare), NON+Ultra (Cluj-Napoca, Romania), Sonnestube (Lugano, Svizzera), Ultrastudio (Los Angeles/Pescara) e Vernacular Institute (Città del Messico) sono stati selezionati da un team di curatori: Lucia Aspesi (assistente curatore Pirelli HangarBicocca), Lorenzo Balbi (direttore Artistico Mambo – Museo d’Arte Moderna di Bologna), Giulia Colletti (assistente di direzione del Castello di Rivoli), Fiammetta Griccioli (assistente curatore Pirelli HangarBicocca) e Dario Moalli (curatore indipendete). Lo studio di architettura Fuzz Atelier si è occupato di disegnare il layout della mostra, vista come metafora della pagina bianca all’esterno, mentre per l’interno ha pensato a sezioni suddivise solo da strisce nere in diagonale che tagliavano il pavimento per identificare i vari Project Space.
Un fenomeno, quello degli spazi indipendenti, che pur mantenendosi all’esterno del sistema dell’arte, ne fa parte (con forme diverse) entrando di diritto nel dibattito contemporaneo. Dibattito che è stato sviscerato anche durante i giorni della fiera all’interno del programma dei talk, affrontando tematiche specifiche.
Adiacenze ha scelto le astrazioni coloristiche suggerite dalle composizioni musicali Piano Etudes di Phlip Glass. Elisa Muliere (Tortona, 1981) con Blue Etudes usa la musica come traccia per lasciare un segno sulla carta, generando una narrazione astratta e gestuale che segue il ritmo e l’incalzare delle sonorità. Il project space è stato fondato, nel 2010, a Bologna da Amerigo Mariotti e Daniela Tozzi, ed è interessato soprattutto alla realizzazione di opere site specific.
Un dialogo tra astrazioni e geometrie invece da Ultrastudio, che si divide tra la sede di Pescara e Los Angeles, gestiti da Gioia Di Girolamo, Ivan Divanto, Matteo Liberi e Maurizio Vicerè (Vice) e recentemente da Giorgio Liddo e Pierluigi Fabrizio. Due gli artisti esposti: le dissolvenze di Francesco Igory Deiana e il complesso universo generato dalle riproduzioni di immagini scultoree di Manor Grunewald.
Disegni e porzioni di vita reale nei lavori di Judy Rhum, Jacopo Belloni, Sandro Pianetti, Gabriel Stöckli e Alberto Venturini sono stati presentati da Sonnenstube, letteralmente “una stanza soleggiata”. Fondato nel 2013 a Lugano è gestito da Giacomo Galletti, Marta Margnetti, Damiano Merzari, Giada Olivotto, Sandro Pianetti, Gabriel Stöckli e Gianmaria Zanda. Un luogo di congiunzione tra arte e musica.
Sulla parete della sezione, immagini di interni quotidiani contenenti i lavori degli artisti selezionati da Circuit, fondato nel 1998 a Losanna. Aperto come spazio indipendente e di ricerca è diventato luogo di interesse per il territorio, occupandosi anche di editoria. Organismi pop sono i soggetti di Sweat Glands di Simona Molino e Matteo Lucidi, che portano parte di un lavoro più ampio The Sweat Museum, scelti da Avto. Gli artisti rendono in maniera grafica le ghiandole sudoripare per rappresentare la fatica quotidiana e lo stress psicofisico umano di fronte ai cambiamenti. Il project space è fondato nel 2017 a Istanbul e si dedica alla sperimentazione artistica e scientifica.
La ricerca dell’identità è alla base di My End Is a Legend da LiKe a Little Disaster. Il collettivo è stato fondato nel 2014 da Giuseppe Pinto e Paolo Modugno. Nel progetto in mostra di Julie Grosche e Florian Sumi, realizzato in collaborazione con altri colleghi (Christine Navin, Derdre Sargent, Edouard Le Boulch, Elisabeth Orr, Emma Balimaka, Katy McCarthy, Laura Gozlan, Laura Porter, Lucas Seguy, Mark Yearsley, Yoan Sorin), sono presentate undici immagini che li raffigurano attraverso un oggetto, una denominazione e due avatar Julie e Florian.
Nature morte, ambientate in luoghi surreali, quelle proposte da Vernacular Institute, project space, residenza per artisti e book club. DIS-or-DER è il progetto editoriale di Cotton Disco, fondatore dello studio SUPER ADD (Taiwan) che il Language Book Club ha presentato proprio in occasione della fiera. La natura è presente anche nelle immagini di Almanac, fondato nel 2013 a Londra, e avente sede anche a Torino, da Guido Santandrea, Astrid Korporaal e Francesca von Zedtwitz-Arnim. Il loro è un programma di mostre volto a valorizzare il singolo artista attivando un dialogo intorno alle tematiche più urgenti della contemporaneità. Linguaggio e immagini da Kunstverein (Milano), spazio diretto da Katia Anguelova, Alessandra Poggianti e Andrea Wiarda. Fondato nel 2010 come associazione culturale fa parte di una rete internazionale (Amsterdam, New York, Toronto e Milano) che si occupa di pratiche artistiche e editoriali con la casa editrice Kunstverein Publishing.
Ritratti (non convenzionali) per Răzvan Botiș, Stefano Calligaro e Martijn in ‘t Veld sono presentati da non+ULTRA. Un “posto” multifunzionale, senza fissa dimora al momento, collocato negli spazi del Centrul de Interes, con scopi culturali più che estetici.
Current sceglie un certo surrealismo per collage e immagini, tra cui un ritratto di Philip Roth. Fondato nel 2016 Milano da Alessandro Azzoni, Tania Fiaccadori, Carlo Miele, Francesco Pieraccini, Marcella Toscani è aperto alle contaminazioni e collaborazioni con altri spazi.
Che siano italiani o internazionali, differenti per natura e conformazione (giuridica o logistica), questi project space sono in grado di autogestirsi nella determinazione di progetti che ruotano intorno alle arti visive (ma anche ad altre forme culturali) e di autofinanziarsi (con sostenitori o altre forme di autosostentamento). Dispositivi autonomi, evoluzione contemporanea di modalità associative artistiche-culturali passate, nascono per sopperire a una mancanza di attenzione da parte dei luoghi deputati (musei, gallerie) verso le espressioni artistiche più sperimentali e di artisti molto giovani, ma anche per rispondere a un’esigenza di condivisione, in perfetta linea con uno dei temi della fiera – il concetto di Democracy – e con i nostri tempi, in cui l’arte è sempre più relazionale.
Elena Solito
WopArt 2019
19 settembre – 22 settembre 2019
Centro Esposizioni – Lugano
Instagram: wopartfair
Caption
WopArt 2019, International Laser Print Show, Sezione Project Space, Lugano – Installation view – Courtesy WopArt 2019