Il dialogo proposto in occasione dell’ultima mostra della Galleria Studio G7, curato da Irene Sofia Comi, non si presenta solamente come un faccia a faccia, duro e delicato a un tempo, tra due artiste di generazioni differenti quali Giulia Dall’Olio (Bologna, 1983) e Paola De Pietri (Reggio Emilia, 1960). Né si focalizza sulla mera ed evidente contrapposizione tra linguaggio pittorico e fotografico: si tratta piuttosto di far emergere, nella distanza, un punto di contatto che in realtà ha ben poco a che vedere con la specificità delle ricerche in mostra, o meglio, che consente a esse di emergere. Questo punto di contatto si colloca in quel complesso problema concettuale, culturale ed emotivo che chiamiamo paesaggio. Ora, proporre una definizione di paesaggio o addirittura di natura è impresa al di là delle pretese di un progetto espositivo e forse anche di un trattato teorico; quello che si può osservare nello spazio bolognese è invece una presa di posizione condivisa da due artiste, e sancita dall’utilizzo di media antitetici, sul fatto che l’interazione tra soggetto e paesaggio sia questione di coappartenenza di sguardo e psiche, di profonda intimità. Per ogni estatico istante mette alla luce quanto, sia per Dall’Olio che per De Pietri, il rapporto con la natura non sia affatto calibrato su una dinamica di tipo oggettuale. Ciò che le opere rivelano – ricorda la curatrice nel testo critico – è del tutto altra cosa rispetto al dato naturale, la cui nozione stessa ci mostra tutti i limiti del comune modo di affrontare il problema: ciò che ci circonda, in particolare il paesaggio, non è un oggetto, non esiste come corpo inerte e sottoposto passivamente all’azione del nostro sguardo. Si tratta piuttosto di qualche cosa che davvero assomiglia a una soggettività che agisce, che si pone come interlocutore nei confronti di chi vi rivolge lo sguardo, e che ne condiziona le modalità fisiche e mentali di abitare il mondo. In questo senso i lavori fotografici di Paola De Pietri ci restituiscono due sguardi: quello tecnico della macchina e quello proprio dell’immagine. Il primo è testimonianza, congelata in un’istantanea, della conoscenza e del legame con un panorama, quello della pianura Padana, che l’artista è ormai in grado di scandagliare a fondo, cogliendone i tratti essenziali e traducendoli in linguaggio.
Lo sguardo dell’immagine manifesta invece la traccia più profonda del paesaggio stesso, una testimonianza forse remota, certo non temporalmente definibile, che ci consente di entrare in contatto – pur in maniera mediata – con il modo di essere al mondo che quello spazio naturale induce in chi, come l’artista, lo vive. Il problema del tempo dell’opera, e del tempo nell’opera, è centrale nei paesaggi in bianco e nero di De Pietri, sospesi in una dimensione indefinibile e figli di un meticoloso processo di ricerca che si conclude nell’attimo bruciante dello scatto. Lo stesso vale di certo anche per Giulia Dall’Olio, i cui lavori a carboncino rappresentano, nel dialogo proposto dallo Studio G7, la resa visiva del guizzo, della sinuosità del moto curvilineo e della forma libera, in contrapposizione alla fissità dell’immagine fotografica. Opere che in un certo senso mascherano la loro lenta e meticolosa esecuzione, dovuta alla tecnica, grazie agli interventi di pesante cancellatura effettuati con impeto ed energia dall’artista, che produce così nette ma formalmente seducenti interruzioni nella fruizione dell’immagine, fatto assai evidente nell’intervento site specific a muro: una massa imponente di fronde rigogliose che al tempo stesso accoglie e respinge lo sguardo.
Poco importa se le tonalità dominanti di questa immersione nella natura vissuta ed esperita dalle artiste fossero il bianco e il nero. Specie nel caso di Dall’Olio, non era così complesso immaginarsi tutto verde. Un grande filosofo bolognese d’adozione, Enzo Melandri, occupandosi di estetica e percezione scrisse: «Nel percepire verde, io virideggio». Non è accaduto, ma confesso di averci pensato.
Enrico Camprini
Giulia Dall’Olio, Paola De Pietri
Per ogni estatico istante
A cura di Irene Sofia Comi
25 Settembre – 21 Novembre 2020
Studio G7 – Via Val D’Aposa 4/A – Bologna
Instagram: galleriastudiog7
Caption
Per ogni estatico istante – Exhibition view, Galleria Studio G7, Bologna, 2020 – Courtesy Galleria Studio G7, ph Alessandro Flamingo