Off Topic è una conversazione che si focalizza su un’unica tematica, tralasciando le opere o le mostre. Lo scopo è quello di raccontare non solo un* artista, ma anche l’apparato teorico e l’immaginario che soggiace alla sua produzione.
Questo mese abbiamo conversato con Beatrice Favaretto (Treviso, 1992) di pornografia. La sua ricerca verte sull’indagine della sessualità, con uno sguardo personale sul corpo. Rispetto alle altre tematiche affrontate, questa ha richiesto un livello di intimità maggiore, perciò abbiamo deciso di fondere le nostre voci in un racconto univoco.
Ho incontrato la pornografia durante l’infanzia attraverso riviste o cassette trovate per caso, e programmi televisivi in seconda serata. Sentivo che nell’ambiente famigliare la sessualità era vissuta serenamente, una cosa sulla quale poter scherzare. Ascoltavo i discorsi intorno a me, ma non mi interessavano molto. Ciò che davvero mi intrigava erano le immagini, che ho sempre portato con me. Successivamente, durante l’adolescenza, ho cominciato ad approcciare al mio corpo in modo diverso: lo esploravo e mi avvicinavo sempre di più alla mia sessualità. Nonostante le chiacchierate con amiche e amici e le prime sperimentazioni, ho sempre sentito un’attrazione per i contenuti pornografici perché mi permettevano di conoscere me e i miei desideri.
Ho sempre pensato che l’immagine pornografica compensasse delle mancanze, come nei sogni, e per questo non rispecchiasse mai la realtà ma la parte più nascosta dell’Io. L’inconscio ci conduce in direzioni sempre diverse quando si è liberi di individuare la propria fonte di eccitazione. Si scelgono immagini che apparentemente non rispecchiano appieno i desideri terreni, ma che in qualche modo compensano i bisogni sessuali con una maggiore efficacia rispetto a immagini comuni. Quando scelgo un porno devo osservare, capire cosa voglio vedere, che colori, che corpi, che dimensioni, quali dinamiche. Grazie alla fruizione privata, la scelta avviene in maniera istintiva, spesso inaspettata, perché la solitudine permette una sincerità maggiore. Il porno diventa così un’immagine rivelatrice di qualcosa di primordiale che viene censurato, o a cui non si dà peso, ma che invece racconta di ciò che si è o si vorrebbe essere, al di là delle dinamiche e dei contesti sociali. La pornografia trascina l’individuo in un mondo dove reale e fantastico si fondono. Per questo motivo, è facile cadere nel suo abuso, che può allontanare l’individuo dai propri bisogni reali, inducendolo a riprodurre i prodotti pornografici presentati o a ricercare degli idoli irraggiungibili. Ciò che viene tralasciato con il porno è che la sessualità è sempre un fattore personale, mai oggettivo o standardizzato. È un rapporto erotico con qualcosa: un’ immagine, un corpo, un’azione. È difficile da definire, giudicare, catturare perché nel momento in cui ne parli dai già vita a delle immagini pornografiche, che si radicano nella mente e nel corpo.
Il porno era per me già un argomento di conversazione quando, un giorno a Palermo, ho incontrato Manuela, una donna monumentale con occhi azzurri come il cielo, pelle olivastra, capelli grigi e un sorriso che non si dimentica. Quando mi ha detto che faceva la rumorista per film porno, tutto si è fermato. Tra una birra e l’altra, muoveva le sue mani per raccontarmi e descrivermi un mondo che l’aveva inglobata. Per svolgere il suo lavoro utilizzava le sue mani, liquidi, latex, carne, vasellina, tessuti vari. Mentre mi raccontava della sua esperienza nei set, le chiedevo se ne fosse eccitata, cosa provasse, continuando a immaginare che cosa potesse vedere. Non ho più smesso di pensare al porno, da quel momento. Volevo capire tutto. Volevo farne parte. Mi eccitava e mi interessava allo stesso tempo. Ho iniziato così ad approcciare il mondo della pornografia in prima persona.
La mia prima esperienza fu con Emy Fem, regista transfemminista, con la quale ho lavorato per Oily Fingers, un prodotto postporno finalizzato ad abbattere gli stereotipi e a dare una nuova idea e dimensione alla sessualità, aprendola a nuovi immaginari e nuovi corpi. Dopo il percorso fatto fino a quel momento, pensavo di poter svolgere ogni compito senza problemi. Non provavo timore ad approcciarmi al mondo queer, però la realtà era differente da come le immaginavo. In quella situazione sono emersi tutti i limiti e i pregiudizi dai quali pensavo di non dipendere. Era una continua guerra tra quello che pensavo di essere e quello che ero, e improvvisamente ho percepito una spaccatura in me. È stata un’esperienza interiore molto intensa, tra repulsione e amore. Grazie a quella presa di coscienza, ho capito davvero quanto fossi vittima dei retaggi culturali, ma al tempo stesso che questi non mi appartenevano in nessun modo. L’ambivalenza che provavo è testimonianza di come certi desideri si sviluppino sulla base e in opposizione della cultura nella quale siamo inseriti. La monogamia cristiana, ad esempio, non mi permetteva di vedere la bellezza di corpi che si univano, senza pregiudizi; oppure di distinguere il sesso dall’amore o dal soddisfacimento di un desiderio.
Le contraddizioni culturali diventano evidenti quando si guardano le classifiche delle categorie più ricercate su piattaforme di contenuti pornografici come Pornhub, perché mostrano i valori di una cultura e la loro desacralizzazione sotto forma di rivolta silenziosa. In Italia, ad esempio, si preferisce l’amatoriale al costruito ed eccessivo. Per ribadire quel senso di appartenenza di cui non riusciamo a privarci, la categoria “italiana” è la più ricercata. Successivamente si annullano le dinamiche familiari attraverso l’incesto (milf, teen, mature). Al quinto posto si trova la categoria “Trans”, un altro cortocircuito visto il trattamento riservato loro nella vita quotidiana, nonostante si possano ritrovare nella cultura nostrana elementi di convivenza e adorazione di queste soggettività, come nel caso dei femminielli a Napoli. C’è una chiara situazione di ribaltamento totale dei valori della società, che vengono però allo stesso tempo innalzati. Forse per studiare la società contemporanea si dovrebbe guardare di più alle scelte sessuali e prenderne più coscienza per trovare l’equilibrio tra i bisogni e il contesto.
La cultura italiana è costellata di racconti di libertà sessuale, basti pensare a certe novelle del Decameron: nella quinta della decima giornata si racconta di un rapporto tra Pietro di Vinciolo, la moglie e un garzone. Per avere testimonianze più contemporanee, basti pensare al cinema erotico italiano, un genere talmente praticato da aver costituito un fenomeno unico nel panorama della cinematografia mondiale, purtroppo sottovalutato o cancellato dal racconto nostrano. La quantità di film erotici e pornografici prodotti in Italia all’epoca era impressionante: commedie sexy, eros esotici e film d’autore firmati da grandi registi come Tinto Brass, Salvatore Semperi, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Elio Petri, Joe d’Amato, Marco Ferreri, Alberto Lattuada, interpretati da attrici come Clara Calamai, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Laura Antonelli, Edwige Fenech, Lilli Carati, Gloria Guida, Lisa Gastoni, Ornella Muti. Le grandi star del porno come Moana Pozzi erano veri e propri idoli culturali. C’era un business diverso e la pornografia era reale, pubblica, accessibile: programmi televisivi in cui si parlava di sessualità, come Ars amanda presentato da Amanda Lear; c’erano case di produzione e le attrici erano delle dive che apparivano in televisione, e in certi casi entravano in politica, come Cicciolina. La pornografia non era solo un fattore privato ma soprattutto pubblico. Col tempo sono state eliminate, progressivamente, molte importanti conquiste della liberazione sessuale e sono state addomesticate nel web, facendo divenire l’atto sessuale e la sua fruizione privata l’unica vera conquista.
Il sesso all’epoca dei cinema porno in ogni città aveva un valore differente, nonostante il punto di vista fosse soprattutto quello maschile. Mi chiedo spesso come poter apprendere dal nostro passato culturale per poter dare un valore diverso alla sessualità. Il primo passo possibile è cercare di dar vita a una nuova pornografia, più didattica ed esperienziale, che esca dalla sfera privata.
A cura di Gianluca Gramolazzi
Instagram: beatrice.f_
Caption
Beatrice Favaretto, The Pornographer, 2021 – Still da video, prodotto da Lo schermo dell’arte nell’ambito del progetto Artists’ Film Italia Recovery Fund – Courtesy l’artista
Beatrice Favaretto, Liquid Sounds , 2020 – Still da video, Courtesy l’artista
Beatrice Favaretto, Aborigine, 2015 – Still da video – Courtesy l’artista
Beatrice Favaretto, Der Traum, 2019 – Courtesy l’artista