Non rimane che volare, l’arte pugliese “nata” nel suo decennio eroico

Il progetto espositivo Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999, realizzato a cura di Giuseppe Amedeo Arnesano, Francesca Disconzi e Federico Palumbo, coinvolge tredici artiste e artisti di origine o provenienza pugliese: Grazia Amelia Bellitta, Matteo Coluccia, Gianni D’Urso, Nicola Guastamacchia, Ivana Pia Lorusso, Lorenzo Montinaro, Marco Musarò, Gabriele Mauro, Lorenza Ortells, Gabriele Provenzano, Domenico Ruccia, Rebecca Schiavone e Marco Vitale.

Fruibile su appuntamento fino al 28 luglio, il grande focus regionale invade gli spazi di Osservatorio Futura mostrando la volontà metodologica e curatoriale della realtà torinese, indagando artisti nati in un arco temporale preciso, ricco di esperienze aurorali, oggi divenute pratiche diffuse.

Non rimane che volare presenta un panorama culturale attraverso le opere di artisti molto diversi fra loro, accomunati da un forte legame con la regione Puglia, che in quel territorio hanno operato o si sono formati sviluppando differenti ambiti di ricerca e pratiche produttive che scoprono come denominatore comune la volontà di essere parte attiva di un processo pubblico, sociale e comunitario.

In occasione della mostra abbiamo dialogato con il curatore “ospite” Giuseppe Amedeo Arnesano per meglio conoscere il progetto.


Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999, come nasce il titolo della mostra e quali tematiche hai voluto indagare attraverso questo progetto?

Il titolo nasce da una suggestione per una delle tante narrazioni coinvolgenti di Carmelo Bene.  In poche battute l’attore pugliese ricorda «La forza del Sud» e tutto il suo fascino per una terra, e in particolare quella del Salento, legata a doppio filo tra il sacro e il profano. Con un riferimento agiografico al “santo dei voli” perché, come conclude Bene, «nel Sud si vola». Grazie al lavoro trasversale degli artisti in mostra le tematiche affrontate riguardano la complessità della società, con un’attenzione alle lotte per la parità e i diritti dei più deboli, il precariato, la guerra e la memoria, solo per dare dei riferimenti.

Come le opere dialogano con lo spazio espositivo e come è nata la collaborazione con Osservatorio Futura?

La sala non è grande ed è un unico ambiente. Per questo abbiamo cercato di sfruttare la spazialità in maniera comunicativa e formale tra le opere, prendendo come riferimento interno ed esterno, verticali, diagonali e le relazioni con gli angoli acuti imposti dall’architettura. Il format a base regionale nasce un’idea di Osservatorio Futura e questo primo volume, dedicato alla Puglia, ha in realtà un’attenzione più mediterranea che proseguirà con altri focus dedicati alla Campania e alla Sicilia. Lo scorso anno avevo preso parte, insieme ad altri curatori, alla collettiva Abbiamo invitato un po’ di artisti nello Spazio pt. II. La curatela militante, diciamo che tutto questo è nato anche in quella occasione.



Opening16giugno_lowres_1
Opening16giugno_lowres_2
Opening16giugno_lowres_4
Opening16giugno_lowres_6
Opening16giugno_lowres_7
Credits foto di Alberto Nidola, Giuseppe Amedeo Arnesano (1)
previous arrow
next arrow


Il progetto espositivo ricorda un preciso lasso di tempo, un decennio particolare durante il quale sono nati gli artisti presenti in mostra: cosa è accaduto in Puglia in quegli anni?

Erano anni un po’ caotici e per certi versi violenti per la forza della sacra corona unita e il contrabbando all’ordine del giorno. Ricordo immagini forti come quelle dello sbarco di oltre ventimila albanesi sulla Vlora, che da Durazzo entrava nel porto di Bari. Per l’arte contemporanea fu molto importante sempre a Bari la galleria di Marilena Bonomo, Vettor Pisani, l’impegno critico di Pietro Marino, la nascita del Museo Pino Pascali (1998), mentre da Lecce erano attivissimi artisti come Antonio Massari e Fernando De Filippi, poi Rina Durante, scrittrice militante, e un intellettuale raffinato come Antonio Verri (scomparso nel ‘93).  Per la musica i Sud Sound System portarono il raggamuffin e le dancehall style dal Salento a Milano, era il 1989.

Il progetto espositivo presenta opere molto differenti fra loro: oltre alla provenienza geografica quali sono i fili conduttori che percorrono la mostra?

Forse il filo conduttore è uno solo, ma formato e intrecciato da numerosi filamenti di varia natura e sensibilità. Nell’insieme la mostra presenta lo spaccato di una generazione che conosce l’impegno, il sacrificio e crede ancora nei valori. Ci sono anche artisti che si sono formati al di fuori della Puglia, ma in qualche modo tutti riportano, attraverso le loro opere, un’identità cara alla terra intesa come corpo e strumento sociale, culturale, reale e irrazionale.   

Da storico dell’arte, giornalista e curatore indipendente pugliese puoi darci un tuo ricordo personale di quegli anni “eroici”?

Al momento mi cogli impreparato, ci penso. Più che un ricordo ho in mente lo spirito verace e genuino di partecipazione e adesione alla vita pubblica, fatta di manifestazioni, concerti, mostre e voglia di condividere e osare.

A cura di Marco Roberto Marelli


Instagram: osservatoriofutura

Instagram: giuseppeamedeoarnesano


Caption

Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 – Exhibition view, Osservatorio Futura, Torino, 2023 – Courtesy Osservatorio Futura, ph Davide D’Ambra

Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 – Exhibition view, Osservatorio Futura, Torino, 2023 – Courtesy Osservatorio Futura, ph Davide D’Ambra

Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 – Exhibition view, Osservatorio Futura, Torino, 2023 – Courtesy Osservatorio Futura, ph Davide D’Ambra

Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 – Exhibition view, Osservatorio Futura, Torino, 2023 – Courtesy Osservatorio Futura, ph Davide D’Ambra

Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 – Exhibition view, Osservatorio Futura, Torino, 2023 – Courtesy Osservatorio Futura, ph Davide D’Ambra

Giuseppe Amedeo Arnesano – Courtesy Giuseppe Amedeo Arnesano, ph Alberto Nidola