Nino Migliori è uno dei più importanti artisti del Novecento. Nino Migliori è un uomo gentile e disponibile che ha superato l’annoso dilemma sul cosa sia la fotografia rendendola pratica di vita. Nasceva il 29 settembre 1926 a Bologna e nel 1948 iniziava a realizzare i primi scatti. Da allora il suo fare estetico non ha mai smesso di evolvere e mutare seguendo e anticipando le correnti culturali della sua epoca. Dalle ricche conversazioni nel salotto di Peggy Guggenheim fino al recente progetto realizzato con Isabella Seragnoli, Nino Migliori ha mostrato come si può essere artisti internazionali senza mai abbandonare il sapore magico della propria terra. Lo abbiamo incontrato in occasione della sua importante mostra personale Il tempo, la luce, i segni realizzata presso la M77 Gallery di Milano e aperta fino al 27 gennaio. Ne è nata una profonda e cordiale chiacchierata.
All’interno della sua casa possiede quello che potremmo definire un piccolo “Museo della Fotografia”. Dopo i suoi primi scatti di sapore neorealista ha attraversato varie fasi e varie modalità di approccio verso il medium fotografico. Quale ritiene sia stato il suo rapporto con gli strumenti per produrre immagini, con la macchina fotografica stessa?
Quelle che lei vede in questa sala sono fotografie di “muri” fatte settant’anni fa. Molte cose che vede in mostra sono nate dalle mie sperimentazioni. Tante mie immagini sono prodotte senza macchina fotografica, sono fatte direttamente con sviluppo, fissaggio, fogli di carta sensibile, luce e buio. La luce e il buio sono gli estremi, l’essenza della fotografia. Scrivere con la luce, questa è la base del fare fotografia.

Ha citato la serie dei “Muri”. Per chi, come lei, è nato a Bologna, le scritte sparse sulle pareti della città sono un qualche cosa di naturale, una costante presente fin da quando si è bambini. È corretto dire che queste immagini evolvono il discorso neorealista dei suo primi scatti per raccontare, attraverso una modalità nuova, la città felsinea?
Settant’anni fa, nel 1948, ho iniziato a fare questi scatti, allora il muro non era come adesso, allora non c’era la televisione, non c’erano i telefoni portatili, non c’era niente e il muro è un grande mezzo di comunicazione, da tutti i punti di vista. Ero affascinato da come veniva usato il muro per esprimere degli stati d’animo, come veniva usato dal punto di vista politico, sportivo o per esprimere amore e innamoramento.
Una volta vidi un muro che, all’altezza delle mie ginocchia, recava la scritta: “Mi chiamo Daniela, mi è morto il babbo”. Una bambina che avrà avuto dieci anni, dodici al massimo, aveva avuto il bisogno di scrivere sul muro questa sua sofferenza, aveva avuto la necessità di far sapere a tutti che era morto suo padre. In un’altra occasione ho visitato un paesino del sud interamente pieno di scritte: “Teo ama Pina”. Grandi, piccole, per tutte le case. Alla fine del paese una scritta piccola: “Teo cornuto”. La scritta di un competitor, evidentemente.
Il muro mi ha interessato “politicamente”, il dialogo politico attraverso i muri. Passavano i rossi e facevano una scritta, passavano i neri, cancellavano una parte, aggiungevano delle parole e cambiavano significato. Passavano di nuovo i rossi, cambiavano ancora significato. In mostra sono presenti alcuni esempi di questi “muri politici”.

In una sua intervista del 2012 ha dichiarato: “La fotografia è una ragazza un po’ attempata ma dopotutto ancora giovane”. È questa la sua definizione di fotografia?
Oggi non è più una ragazza giovane, è un bambino, siamo ancora più indietro. Ho lavorato con bambini dai due ai quattro anni al MAST di Isabella Seragnoli a Bologna. Ho lavorato con loro per due anni e mezzo facendoli operare direttamente con lo specifico fotografico, non macchine, ma direttamente con lo sviluppo, il fissaggio, ecc… Hanno prodotto dei racconti stupendi, incantevoli. È la prima volta al mondo che dei bambini si esprimono con la fotografia come con la parola. È una cosa importantissima. Ottomila bambini hanno fatto delle sperimentazioni stupende, faremo una grande mostra a Roma nei primi mesi del prossimo anno e poi gireremo, andrà a Toronto in Canada, a Pechino in Cina. È la prima volta al mondo che dei bambini di quell’età si esprimono con la fotografia. Dal 1948 al 2017 sono ringiovanito.
Marco Roberto Marelli
NINO MIGLIORI
IL TEMPO, LA LUCE, I SEGNI
16 OTTOBRE 2017 – 27 GENNAIO 2018
M 77 GALLERY – via Mecenate,77 – Milano
Immagine di copertina: Nino Migliori, ph Alessia Cuccu